sabato, Aprile 27, 2024

Kit Review – F-4 G Phantom II “Wild Weasel” Meng in scala 1/48.

Molti appassionati pensano che l’F-4G sia una versione secondaria e poco importante del Phantom. Il fatto di non essere stata particolarmente pubblicizzata e di aver vestito livree poco “sgargianti” ha contribuito al poco appeal di questa variante presso gli appassionati. In realtà gli F-4G sono state macchine eccellenti e, per molti addetti ai lavori, aeroplani all’avanguardia, con una tecnologia in anticipo di anni sulla loro epoca e che consentirono alla coalizione, durante la Desert Storm, di ottenere e mantenere la supremazia aerea praticamente sin dal primo giorno di guerra.

A livello di cellula strettamente derivati dagli F-4E, ne differivano profondamente a livello di impiantistica e sistemi d’arma. Le modifiche principali consistevano nella rimozione del cannone e nella sua sostituzione con l’APR-38 (t) Radar Homing and Warning Receiver (successivamente aggiornato all’APR-47) e nell’upgrade del cockpit posteriore per gestire i sistemi avionici specifici della missione SEAD. Furono convertiti un totale di 134 F-4G con il primo volo della variante avvenuto nel 1975. I primi esemplari di serie entrarono in servizio nel 1978.

Il modello MENG:

Non amo particolarmente i Phantom a muso lungo con due sole eccezioni: gli RF e, per l’appunto, i G. Le notti insonni passate davanti alla televisione nel 1991 mi hanno decisamente segnato e la mia passione per i velivoli che combatterono quella guerra è rimasta intatta fino ad oggi. L’uscita contemporanea di ben due modelli di F-4G (lo Zoukei Mura e il MENG) mi ha reso un modellista felice e, alla fine, ho deciso di dare fiducia a MENG dopo aver visto il rendering dei CAD resi pubblici qualche mese fa. Vediamo come se l’è cavata la ditta cinese alle prese con un soggetto complesso e pieno d’insidie quale è il Phantom.

Il kit è stampato in plastica color grigio medio, con pannellature realizzate in un negativo fine e rivetti non invadenti. La scatola include un tubo di Pitot in metallo, parti in fotoincisione in acciaio inossidabile per le piastre di rotazione degli stabilizzatori, un set di mascherature pretagliate in kabuki e decal Cartograph per tre schemi di verniciatura. Sono presenti un pod ECM AN/ALQ-119, un pod ECM AN/ALQ-131 e praticamente tutti i missili utilizzati nelle missioni SEAD:

  • 2x AGM-88 HARM
  • 6x AGM-65 Maverick a guida laser
  • 2x AGM-78 STANDARD ARM
  • 4x AIM-7M Sparrow

Troviamo anche un serbatoio ventrale (stile F-15, corretto per questa versione) e due serbatoi sub-alari.

Mi sarebbe piaciuto fossero presenti anche un ALQ-184, come quello usato dal 561st TFS durante la Desert Storm, e un paio di Shrike… ma pazienza, ce ne faremo una ragione. (NOTA: il -184 si trova nei kit dell’F-16 Tamiya e nel nuovo Kinetic, mentre l’AGM-45 si trova nell’Hasegawa Weapons set E o nei set Eduard/Wolfpack specifici, quindi li si recupera abbastanza facilmente).

Il kit offre la possibilità di montare flap, slat e aerofreni in posizione chiusa o estesa. Gli stabilizzatori orizzontali sono mobili ed è presente una bella riproduzione della scaletta di accesso scomposta in tre parti. Com’è lecito attendersi da un prodotto d’ultima generazione, le prese d’aria sono complete del condotto e del primo stadio del compressore. Il timone è separato e può essere posizionato a piacimento.

Cockpit:

Il cockpit è sufficientemente dettagliato, con i cruscotti discretamente riprodotti. Confrontandoli con gli schemi presenti sul manuale di volo dell’F-4G, va detto che sul pannello dell’ EWO c’è qualche semplificazione e qualche mancanza (in particolare nei quadri secondari in basso) ma che la disposizione degli strumenti principali è corretta. I seggiolini sono buoni ma stranamente non hanno nessun accenno alle cinture di sicurezza e, in generale, peccano un po’ nella riproduzione dei cuscini.

Negli abitacoli non sono presenti dettagli nelle pareti laterali, mentre vasca e pedaliere sono ben fatti e fedeli al vero. Belle le barre e le manette, buona anche la riproduzione del pannello dei breaker nel cockpit posteriore.

Fusoliera:

La fusoliera è stampata in un solo pezzo ed è ben realizzata. La curvatura verso i motori è buona e le fattezze generali mi sembrano ben riprodotte. La forma del cockpit e della gobba alle sue spalle sono giuste e credo che MENG abbia fatto un buon lavoro. Ho, invece, qualche perplessità sulla zona metallica tra i motori dove la ditta cinese ha voluto rappresentare le caratteristiche “onde” che si vedono sui velivoli reali dovute alla cottura del metallo in rilievo. Se da un lato questa scelta semplifica molto la verniciatura, dall’altro non rispetta fedelmente la realtà. Probabilmente è possibile attenuare l’effetto carteggiando il pezzo ma non so quanto il gioco valga la candela.

L’accoppiamento tra ala e fusoliera, sempre in questa zona, crea una pannellatura inesistente sul vero. Stuccarla non sarà una passeggiata ma va resa invisibile. Sempre a proposito di pannellature, confrontandole con i disegni presenti sull’Aerofax #20 e sul Detail & Scale #7 ho notato qualche piccola differenza nell’andamento di alcune di esse vicino ai motori. Non è difficile sistemarle, ma è sicuramente una seccatura (anche a causa della curva della fusoliera in quel punto che non agevola l’operazione…).

MENG ci offre la possibilità di rappresentare il pannello dell’idraulica di sinistra aperto ma considerate che veniva ispezionato solo in caso di manutenzione specifica e difficilmente da solo, ma tant’è.

Le prese d’aria sono scomposte in maniera molto classica, con le rampe e un bel dettaglio dei fori di aspirazione dello strato limite. Mancano i piloncini tra la rampa stessa e la fusoliera, anche qui non un grosso lavoro ma comunque andrà fatto.

Il parabrezza ha fatto storcere il naso a diversi modellisti, ormai abituati alla raffinatezza del pezzo solidale ad un pannello di fusoliera (stile Tamiya, per capirsi). In realtà, il trasparente è stampato molto bene e copia perfettamente la fusoliera. Inoltre, l’attacco dello sprue si trova sull’arco del montante e si rifila molto bene. Ci vorrà un po’ di attenzione con la colla ma penso che il risultato sarà comunque buono. Non è presente il windshield senza blindo vetro che fu adottato su alcuni velivoli a metà anni ’80. Una curiosità: il parabrezza aggiornato garantiva sì maggiore visibilità complessiva, ma non era molto amato dai piloti poiché il frame più largo bloccava la visibilità verso l’alto in fase di rifornimento in volo. Non sempre i miglioramenti portano i benefici attesi, malgrado le migliori intenzioni c’è sempre qualcosa che non va come dovrebbe…

Il radome è buono sia come forma, sia come dimensioni, così come la carenatura dell’APR-38 sottostante che si incastra perfettamente nel muso al punto da far sembrare tutta la zona un unico pezzo. Il pitot è in alluminio tornito ma è presente anche il classico quello in plastica.

La deriva è scomposta classicamente in due metà e presenta il timone separato. La presa d’aria alla base è buona e la rivettatura è leggera e verosimile. Soddisfacente anche la forma della carenatura sulla tip, non facile da rendere al meglio ma che MENG ha centrato bene. La luce di posizione è una parte trasparente da incollare e che sembra copiare bene il bordo d’attacco.

I motori sono divisi in cinque pezzi e hanno il giusto numero di flabelli (16 per l’esattezza). Sono discretamente dettagliati ma, ovviamente, non all’altezza degli aftermarket più recenti.

Ala:

Tutti gli F-4G avevano l’ala con slat di manovra sul bordo d’attacco e il modello ci consente di montarli estesi o retratti. In questo caso, sono presenti i supporti separati per gli slat interni. L’ala è ben fatta, con un buon livello di dettaglio e pannellature abbastanza fedeli. Il bordo d’attacco è sufficientemente sottile ma la piastra anti scorrimento all’altezza del dente di cane è decisamente spessa e non perfetta come forma: anche questa andrà ricostruita con un pezzetto di Plasticard di spessore adeguato. La parte inferiore è forse la parte meno fedele del modello. Tutti gli F-4G avevano, infatti, la grossa piastra di rinforzo sul longherone principale che MENG ha completamente omesso. Purtroppo è una caratteristica molto visibile e andrà rifatta ex-novo; se avete un amico col plotter da taglio è ora di farlo lavorare! La posizione dei piloni e degli attuatori è corretta, con le misure che rispecchiano quelle attese.

Sempre nella parte inferiore troviamo una piccola inesattezza nei pannelli davanti alle prese ausiliarie del motore; MENG l’ha rappresentata in maniera molto simile a quella trovata sui velivoli della Navy, ma ovviamente non corretta per i velivoli USAF. Anche qui è possibile sistemarla e reinciderla se ritenete che il gioco valga la candela ma, probabilmente, almeno nel mio caso lascerò stare. Le prese d’aria ausiliare sono complete di martinetti e con un accenno di riproduzione del J79: il risultato è sufficiente anche se non eccezionale. Gli aerofreni, le varie griglie e le baie dei missili sono apprezzabili.

Stabilizzatori:

Bene, ma non benissimo. È evidente la mancanza della piastra triangolare presente sopra e sotto lo stabilator e che MENG ha riprodotto con una semplice incisione. Nella realtà è abbastanza prominente e andrà, quindi, rifatta seguendo il contorno del pannello già presente sul pezzo. La scanalatura del bordo d’attacco è discreta anche se non eccezionale, mentre rivetti e pannelli sono corretti. Belle e fini le piastre di rotazione, offerte in fotoincisione.

Carrello e ruote:

Le ruote sono buone, belli i cerchi di quelle posteriori. Meno bella la parte del posteriore che se pur coperta dal portello, non è all’altezza della parte corrispondente. Nelle ruote non è presente alcun effetto peso. Le gambe di forza e i martinetti sono essenzialmente corretti ma senza dettagli riportati (tubi e cavi sono assenti): possiamo dire che sono un’ottima base per un lavoro di dettaglio e rifinitura.

Piloni e armamenti:

Qui non c’è molto da dire, c’è tutto ed è fatto abbastanza bene. I lanciatori di flare e chaff sui piloni sono discreti ma potranno essere sostituiti da qualche aftermarket per chi volesse avere un po’ di dettaglio in più. Pregevoli tutti i missili, i Maverick hanno l’ogiva trasparente a imitazione del sensore laser e i lanciatori corretti per il tipo.

Volendo essere pignolo, il pilone del serbatoio ventrale è appena abbozzato. Considerando però che i G andavano sempre in missione col ventrale agganciato, è probabilmente un peccato veniale.

Decal:

Il foglio consente la realizzazione di tre esemplari, due con la cosiddetta camo “Egypt 1” e uno in “European 1”.

Le decalcomanie sono belle, lucide e fini come ci si aspetta da un prodotto Cartograph. Continuo a non capire perché i display dei cruscotti sono sempre verde fluorescente anche quando dovrebbero essere spenti, ma ormai mi sono rassegnato…

Considerazioni finali:

Ho montato a secco praticamente tutto il modello e sono rimasto colpito dalla qualità generale dell’assemblaggio, con solo un punto di attenzione evidente (la pannellatura verso i motori che sarà antipatica da sistemare). La fusoliera in un solo pezzo e l’ala con incastri precisi e robusti semplificheranno di molto la vita a tutti. Il livello di dettaglio è buono e al primo impatto questo Phantom della MENG si presenta molto bene. Ci sono degli errori che vanno senz’altro corretti (vedi la parte inferiore dell’ala, gli stabilizzatori e qualche pannellatura) ma per il resto mi sento di consigliarlo a chi vuole una bella riproduzione dei G senza sbattersi troppo. Volendo alzare l’asticella, servono sicuramente dei seggiolini in resina, dei motori più dettagliati e un set di fotoincisioni per l’abitacolo (rail del canopy e laterali del cockpit prima di tutto).

I tre velivoli presenti nel foglio decal sono ben rappresentativi della storia di questi aeroplani. Forse un esemplare “early” con mimetica Vietnam sarebbe stato ben accetto ma è pur vero che la camo SEA sui Phantom Wild Weasel si è vista poco ed è forse la meno importante (storicamente parlando). In definitiva un buon modello che con qualche correzione non sfigurerà affatto anche accanto a riproduzioni più blasonate. Manco a dirlo, il mio è già sul tavolo da lavoro e a breve (spero) lo presenterò su queste pagine. Stay Tuned!

Fulvio “Spillone” Felicioli.

 

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