sabato, Aprile 27, 2024

La Manica aspetta… – Seehund with Water Effect Diorama in scala 1/35.

Mi sono affacciato al mondo del modellismo a circa dieci anni, quando ancora giocavo con i modellini che mio padre aveva costruito da giovane. È stato proprio lui che, raccontandomi della sua passione, mi ha portato in un negozio di giocattoli del mio paese a comprare il mio primo modello: me lo ricordo come se fosse ieri, un Dornier Do.18 della Revell in 1/72 che custodisco ancora come una reliquia. Da allora, a parte una breve diversione nel mondo delle navi e dei carri armati, ho costruito solo e soltanto aerei della seconda guerra mondiale rimanendo affascinato dalla magia dei motori ad elica e dal periodo storico che essi rappresentano.

Dopo tempo volevo prendermi una pausa dai soliti soggetti aeronautici e quando ho iniziato a lavorare al piccolo sommergibile (coprotagonista di questo articolo) non avrei mai immaginato di arrivare a creargli intorno un diorama, ma soprattutto una scena così ricca di particolari. Sapete com’è…l’appetito vien mangiando…ed aggiungerei che lo stomaco, stavolta, l’ho riempito per bene!

Mi sono messo in gioco e la scelta è ricaduta su questo soggetto perché di facile realizzazione e mi avrebbe permesso di sperimentare nuove tecniche di invecchiamento come, ad esempio, quella per simulare la ruggine. Sinceramente all’inizio non sapevo di poterne apprendere tante altre, come la riproduzione dell’acqua, perché l’idea del diorama è subentrata solo in seguito alla realizzazione del sommergibile.

È stato così che ho iniziato ad andare alla ricerca di quella che poteva essere la scena giusta per metterlo in risalto; dopo aver passato diverso tempo a documentarmi, dato per certo che lo avrei posizionato sulla sezione di un molo, ed una volta individuato per questo scopo il kit della Italeri N.5615 (Dock with stairs), l’ho immaginato sia su un vagone ferroviario, sia adagiato su delle assi di legno vicino a dei binari.

Tutto questo per evitare di doverlo “immergere” rischiando di rovinarlo irrimediabilmente visto che fino a quel momento non avevo mai usato la resina trasparente.  Superata questa fase e presa la decisione di realizzarlo in acqua, i lavori hanno preso il via!

Ma andiamo per ordine, voglio prima fare un piccolo riepilogo della realizzazione della “foca” della Kriegsmarine assieme a qualche cenno storico.

“Seehund” (foca, per appunto, in tedesco) era il nome di una classe di sommergibili tascabili della Kriegsmarine anche nota come Tipo XXVIIB o Tipo 127. Derivati dai precedenti minisommergibili Hecht, i Seehund furono prodotti a partire dal 1944, troppo in ritardo per avere una seria efficacia sugli eventi del conflitto: dei pianificati 1.000 esemplari, infatti, solo 137 entrarono effettivamente in servizio.

Questi piccoli battelli avevano lo scafo lungo 11,9 metri e largo 1,68 metri, per un pescaggio di 1,52 metri e un dislocamento di 14,9 tonnellate in emersione e di 17 tonnellate in immersione; la profondità raggiungibile in condizioni operative era di 30-50 metri, ma riuscirono a toccare una profondità massima di 70 metri senza registrare incidenti. L’apparato propulsivo per la navigazione in superficie era costituito da un motore Diesel da 64 hp della Büssing-NAG, originariamente progettato per automobili, mentre in immersione il sottomarino era spinto da un motore elettrico da 25 hp della AEG. L’autonomia era di 300 miglia nautiche a 7 nodi di velocità in emersione, e di 63 miglia nautiche a 3 nodi in immersione; normalmente un Seehund poteva operare continuativamente per cinque giorni consecutivi, ma una missione raggiunse il record di dieci giorni di durata. L’equipaggio, alloggiato nella parte centrale e con a disposizione un periscopio lungo tre metri, era composto da un ufficiale e un ingegnere di bordo.


I Seehund presero parte a diverse azioni lungo le coste tedesche del Mare del Nord e nel canale della Manica, affondando però solo un numero ridotto di unità navali degli alleati. Al contrario degli Hecht, equipaggiati solo con cariche esplosive da rilasciare nelle vicinanze del naviglio nemico, i Seehund furono costruiti per imbarcare dei siluri (due ordigni tipo G7e erano alloggiati in supporti esterni allo scafo).

Le loro caratteristiche tecniche rendevano li rendevano i migliori sommergibili tascabili realizzati dalla Germania nella WW2 incorporando le lezioni apprese con i poco riusciti progetti dei tipi precedenti. Questi battelli si rivelarono quasi impossibili da localizzare da parte degli apparati ASDIC degli alleati a causa delle loro ridotte dimensioni, mentre la bassa velocità li rendeva molto difficili da individuare per gli idrofoni; lo scafo era molto resistente alle bombe di profondità, le quali semplicemente spingevano via l’unità a causa del suo piccolo peso, ma se danneggiato esso aveva la tendenza a riversare pericolosi quantitativi di monossido di carbonio nella cabina di pilotaggio. Attacchi in superficie potevano essere condotti con onde non superiori al grado 4 della scala di Beaufort, mentre sortite in immersione potevano essere realizzati solo con il sottomarino praticamente immobile.

Fonte di parte del testo: Wikipedia.

Il Kit – German Seehund XXVIIB/B5 – Bronco Models 1:35

Il contenuto della scatola Bronco N. CB35053 si rivela sin da subito “essenziale”. I pezzi che la compongono sono relativamente pochi, perlopiù destinati alla realizzazione dei siluri che quelli del sommergibile stesso. A corredo una piccola lastra foto incisa utile per riprodurre le eliche delle testate degli ordigni. Il montaggio è stato molto semplice filando via liscio come l’olio; degne di nota sono le saldature già stampate sulla superficie, ben realizzate e che invitano a sbizzarrirsi con l’invecchiamento (da mantenere leggero visto il breve impiego operativo di questi mezzi).

Di seguito qualche foto Work in Progress partendo dalla colorazione del modello.

Una volta steso il primer ho applicato la tecnica del pre shading in nero con cui ho messo in risalto le saldature, bullonature, portelli vari, ma utile anche a movimentare la superficie dello scafo stesso.

Successivamente ho aggiunto leggerissime velature di TAMIYA XF-25 in modo tale da far trasparire il pre shading sottostante.  Per quanto riguarda il siluro, ho utilizzato l’AK 476 STEEL per il corpo ed un rosso TAMIYA X-7 scurito e desaturato per la testata.

Per l’invecchiamento del modello, dopo aver steso il trasparente lucido Tamiya X-22, ho utilizzato diverse tonalità di colori ad olio che variano dal Terra di Siena, all’ocra, al rosso, all’arancio. Oltre ad agire sulle saldature o sui bulloni, ho utilizzato la tecnica del “dot filter” su tutto il modello così come mostrato in foto; infine con l’AK 306 Salt Streaks for Ships ho simulato l’erosione tipica dell’acqua salata.

Il tutto è stato sigillato con diverse mani di trasparente opaco Gunze H-20. Il weathering del siluro è stato realizzato con post shading e pigmenti.

IL MOLO.

Progettazione:

Una volta assemblato il molo Italeri, ho ricreato in compensato le pareti laterali e posteriori ed ho inserito un tubo in corrispondenza del tombino presente sulla superficie per simulare le tubature fognarie (il risultato lo mostrerò solo alla fine dell’articolo).

Per accomodare il sommergibile (più lungo della sezione del prodotto Italeri) e movimentare un po’ la scena, ho dovuto allungare la banchina aggiungendo un pontile in legno, autocostruito in balsa, che ha poi avuto la funzione di accogliere merci e materiali accatastati oltre ad un lampione realmente funzionante!

Ho dovuto, inoltre, aumentare l’altezza dell’approdo per ottenere uno strato abbastanza alto di resina da poter “immergere” il mio mini sottomarino tedesco. Per lo scopo è stato utilizzato uno strato di polistirolo estruso da circa 4 cm poi rivestito in Plasticard e “texturizzato” con stucco pronto in pasta “Aguaplast Universale” picchiettato con le dita per simulare il cemento grezzo.

Verniciatura ed invecchiamento:

Sono partito dando ad aerografo diverse tonalità di grigio in modo tale da creare differenze cromatiche e verniciando i tombini con vari toni metallici.

Successivamente, utilizzando i colori ad olio, ho effettuato lavaggi in grigio sulla parte posteriore mentre su tutto il resto ho preferito dei toni terrosi.

I binari sono stati prima dipinti, sempre ad aerografo, con l’H-28 Metal Black ed H-18 Steel entrambi Gunze, per poi ricevere un invecchiamento con pigmenti color ruggine. Anche il pavé circostante è stato sporcato con i medesimi effetti “rust” sopra citati oltre che con dei lavaggi Vallejo (76.505 Light Rust e 78.507 Dark Rust). La parte superiore della rotaia è stata, poi, leggermente ripulita per far riemergere i toni metallici.

Sulla parte inferiore dell’attracco ho riprodotto l’effetto delle alghe. Sempre mediante l’uso dei fondamentali colori ad olio ho creato una base miscelando tra loro un verde vescica ed un giallo primario applicandoli sulle pareti come in foto. Il colore è poi stato tirato e sfumato verso il basso in modo tale da avere una linea di demarcazione tra la zona emersa e quella immersa (quindi attaccata dalle alghe). Per donare tridimensionalità ho utilizzato il set della Lifecolor SPG 07 Powder & Color set ALGAE: il prodotto è composto da quattro vasetti di polvere colorata (da un verde alga secca ad un verde brillante) e da due tinte (sabbia e verde) di “Fluid Fixer” che fungono da collante. Adoperando il Fixer verde e stendendolo dove volevo creare la mucillagine, ho lasciato cadere le polveri scuotendo il tutto per rimuovere l’eccesso. L’operazione è stata ripetuta diverse volte e usando colori diversi fino ad ottenere l’effetto desiderato. Ulteriori variazioni di tonalità le ho ottenute lasciando cadere sulle alghe, a lavoro finito, dei colori ad olio molto diluiti. In foto si può notare la struttura del molo dall’interno, con i tubi cui facevo riferimento sopra.

Le bitte sono state invecchiate adagiando pigmenti color ruggine su uno strato di colore ad olio ancora bagnato; a seguire, con l’aiuto di una pipetta, ho depositato del white spirit in modo tale da far amalgamare il tutto in maniera casuale ed ottenendo un risultato realistico (Non fate caso al fatto che una delle due sia stata posizionata al contrario, ho corretto l’errore in seguito).

Nelle foto si può notare il lavoro eseguito per simulare il cemento grezzo, dipinto anche esso prima in grigio e poi con dei lavaggi in terra bruciata. Anche su questo strato ho aggiunto delle alghe.

Pontile in legno:

È stato totalmente creato da zero usando listelli in balsa. Dopo aver buttato giù uno schizzo e prese le misure necessarie, ho costruito il telaio sul quale poi ho incollato le tavole precedentemente tagliate.

L’intero ponte è stato dipinto utilizzando esclusivamente colori ad olio, sfruttando il potere assorbente del legno. Le assi sono state completate separatamente per creare uno stacco di colore tra di esse, inoltre ho praticato delle incisioni per simulare delle crepe alle estremità di ognuna allo scopo di aumentare il realismo.

Una volta posizionate tutte sul telaio, negli interstizi tra una tavola ho passato un Bruno Van Dick, per creare profondità e contrasto. Questo il risultato.

Essendo i colori ancora troppo vivi ho desaturato le assi utilizzando degli ocra e dei grigi ad olio, ottenendo questo effetto finale.

I tralicci che sostengono il pontile, e i pali di ancoraggio che ho posizionato di fronte, sono stati realizzati utilizzando un tondino in balsa di circa 0,8mm sagomato con un bisturi per ottenere una superficie irregolare, e dipinto con i soliti colori ad olio.  Per finirlo ho utilizzato un dry brush sabbia per enfatizzare le zone più esposte. Anche i pali, ovviamente, sono stati completati con le alghe come sopra e su alcuni di essi sono andato a posizionare una corda del diametro di 1 mm circa.

A completare la struttura che sorregge il pontile vi sono dei listelli che uniscono tra di loro i vari piloni di sostegno.

Nelle foto sopra si può notare il trattamento effettuato per simulare le alghe che si formano generalmente a pelo d’acqua, o comunque nelle zone soggette alla marea. Nella parte più superficiale, quindi più esposta all’aria e che meno sovente si trova immersa, i vegetali assumono un colore più giallastro mentre nella parte sommersa sono più scuri. La spugna tritata è stata colorata mediante l’uso di una pipetta caricata con colore ad olio molto diluito.

Di seguito una vista d’insieme del lavoro svolto fino a questo momento.

Non fate caso ai ciuffi di erba che sono poi stati rimossi (è stato un errore di valutazione). Come giustamente mi è stato consigliato sul forum di Modeling Time, nelle vicinanze di un molo non è poi così rigogliosa la crescita di erba o altri arbusti.

REALIZZAZIONE DELL’ACQUA.

Questa è stata la fase più delicata ma, al contempo, anche la più rappresentativa dell’idea che c’è dietro questo diorama. Prima di intraprenderla ho dato un’occhiata ai TUTORIAL pubblicati tempo fa sull’home page di Modeling Time.

Per la realizzazione dell’acqua ho scelto la resina E-30 Prochima colorata usando tre colori a smalto, nello specifico Revell Blu 52, Humbrol Khaki 26, Humbrol Marine Green 105 nel rapporto di 1:2:2 parti. Ogni livello (per un totale di circa 12 in tutto) ha uno spessore compreso tra 0,5 ed 1 cm (non colate strati più corposi altrimenti la reazione termica della resina potrebbe rovinare i pezzi immersi o, peggio, non catalizzare completamente). Per ridurre al minimo la differenza cromatica tra gli strati ho diminuito la percentuale di colore ad ogni colata fino ad arrivare all’ultima che ho lasciato trasparente.

Un altro piccolo ma utile accorgimento è stato quello di non attendere la completa catalizzazione (ho temporeggiato circa un’ora tra le varie fasi) di ogni strato prima di aggiungere il successivo, questo per far sì che la resina si fondesse creando ulteriori variazioni di colori. Una pistola ad aria calda mi ha aiutato ad evitare la formazione di antiestetiche bolle d’aria all’interno dell’acqua, basta passarla con attenzione scaldando le superfici; bisogna, però, prestare molta attenzione perché si rischia di rovinare irrimediabilmente gli elementi immersi… ed io, sbadatamente, ci sono andato molto vicino!

Di seguito uno schema molto semplificato per rendere l’idea della stratificazione che ho realizzato.

Inutile dirvi che prima di procedere ho effettuato svariate prove, lasciando anche immerso uno stuzzicadenti per accertarmi della trasparenza della resina.

Una volta creata la “vasca di contenimento” utilizzando dei listelli di plexiglass e saldato il tutto con molta, ma molta colla vinilica (la resina si infila ovunque) ho iniziato ad effettuare le colate al suo interno, strato per strato fino a quello superficiale. Il primo, quello nella foto qui sotto, è stato volutamente tinto in maniera più marcata per dare un colore più intenso come base al lavoro che è venuto in seguito.

Durante l’ultima applicazione, quella trasparente, all’interno della E-30 ho incluso le alghe superficiali, le foglie di quercia (della Plusmodel No.225 Leaves Oak) e qualche tavola spezzata nelle zone in cui l’acqua è più ferma. Alcuni elementi li ho “incastrati” tra i pali di ancoraggio e le pareti del molo così come anche vicino ad una corda che finisce in acqua trasportata dalla corrente. Per simulare le alghe, al contrario del metodo sopra descritto, questa ho volta ho utilizzato del lichene fresco (quello comunemente venduto per i presepi).

Il tutto è stato lasciato riposare per circa 48 ore, dopo le quali ho rimosso il plexiglass che conteneva la resina con questo risultato. (Lo scopo della patina bianca che vedete nell’angolo inferiore destro lo illustrerò nei prossimi passaggi).

Il manifesto aggiunto durante questa fase sulla parete adiacente le scale viene dal set DioDump “German political & commercial media” scale 1:35 (codice DD078-C). è stato immerso in acqua e pochissima colla vinilica per ammorbidirlo e quindi applicato sui mattoni; per strapparlo è stato sufficiente sfregare con le dita su di esso.

A questo punto ho dovuto ricreare il movimento superficiale dell’acqua. Trattandosi di un porto ovviamente il moto deve essere minimo, altrimenti non sarebbe stata plausibile la presenza di alghe e detriti vicino alle pareti del molo stesso. Dopo diverse ricerche la scelta per riprodurlo è ricaduta sulla Mod Podge, ce ne sono moltissimi tipi, quella che ho utilizzato io è la Gloss. Altro non è che un collante a base acquosa che è in grado di mantenere la sua densità e la forma impressa, livellandosi solo in minima parte; inoltre, a differenza della classica Vinavil, mantiene perfettamente la sua trasparenza una volta asciutta.
Mi sento di darvi un piccolo consiglio: qualora doveste decidere di utilizzarla non agitatela prima dell’uso, ma fatela rotolare lentamente sul vostro banco di lavoro come fosse un mattarello. Questo eviterà che si formino delle fastidiose bollicine che sono poi difficili da eliminare. L’effetto delle onde l’ho ricreato con l’ausilio di un pennello tondo morbido N°8 passato delicatamente sulla superficie, come si vede in foto.

Non stavo nella pelle per osservare l’effetto una volta essiccata, ma è stato necessario avere solo qualche ora di pazienza ed ecco il risultato…davvero soddisfacente.

Le alghe in lichene alla base delle scale sono state “bagnate” anch’esse con la Mod Podge.

BASE IN LEGNO.

Come avete potuto notare fino ad ora, a sostenere il diorama vi è un pannello multistrato da 18mm che dopo aver rimosso il plexiglass è stato rivestito utilizzando dei listelli in legno di Ayous, dell’altezza di 30mm, acquistati presso un Brico Center.

Successivamente l’intero diorama è stato incollato su di un ulteriore pannello in multistrato della stessa altezza di quello precedente, ma di larghezza e profondità superiori ad esso per accogliere una teca in vetro. Per il rivestimento ho scelto dei listelli in balsa da 20mm, quindi leggermente più alti del multistrato per creare un gradino necessario a contenere le sponde della teca stessa.

Per la colorazione del legno ho utilizzato un mordente Flatting Acqua Gel noce scuro della 3V3 acquistato da Leroy Merlin. è stato necessario stenderne tre o quattro mani abbondanti per ottenere il risultato che volevo, brillante e leggermente lucido, cosicché donasse prestigio al lavoro.

Per quanto riguarda il retro del diorama, è stato dipinto in nero acrilico in tubetto. Anche i pannelli posteriori sono in balsa, sagomati in modo tale da ricavare un piccolo vano di ispezione calamitato (ho utilizzato calamite di scarto) utile ad accedere al vano batterie necessarie al funzionamento del lampione. Di seguito una foto, anche se non a lavoro ultimato, ma necessaria a farvi capire le operazioni svolte.

IL LAMPIONE.

Girovagando sul web in cerca di idee mi sono imbattuto in questo magnifico kit della Mig che rappresenta un lampione da porto industriale, ma che si presterebbe benissimo ad essere utilizzato anche in altri contesti. L’articolo in questione è l’MP35-115 PORT INDUSTRIAL LAMP WWII. Purtroppo di questa fase non sono in possesso di molte foto, ma vi spiego come ho proceduto.
Innanzitutto, dal momento che ho deciso di renderlo funzionante, ho fatto passare all’interno dei tre pali che compongono la base (e dietro quello più alto) i cavi elettrici che portano l’alimentazione alla lampada. Il braccio della plafoniera originale l’ho sostituito con un tondino di ottone cavo (così da farci passare dentro i fili elettrici), sagomato e piegato a dovere. Ho effettuato un foro passante nel porta lampada in resina semitrasparente per creare la sede del diodo a led cui, una volta messo in sede, ho collegato i cavi che avevo già sistemato in precedenza. Una volta fatta la saldatura dei cavi al diodo, ho incollato il tutto e sono andato avanti passando alla fase della verniciatura che è iniziata con una mano di Mr. Surfacer 1200 ad aerografo. Successivamente ho steso una mano di Buff Vallejo sul quale, una volta asciutto e dopo aver dato il trasparente lucido, ho eseguito varie passate di lavaggi ad olio più o meno coprenti fino ad ottenere l’effetto desiderato. Le corde sono state verniciate partendo sempre da un nocciola chiaro e completate con un washing in toni terrosi. Per enfatizzare i rilievi e donare tridimensionalità ho sfruttato la tecnica del drybrush con giallo chiaro miscelato ad una punta di Terra di Siena naturale ad olio. Un ulteriore lavaggio ha uniformato il tutto.
Per le parti metalliche del lampione sono partito da un fondo silver Citadel dato a pennello, poi ripassato con pigmenti color ruggine Ak e MIG. Anche in questo caso, per uniformare ho eseguito un lavaggio in Terra di Cassel ad olio. I cavi che corrono fino all’interruttore di accensione sono stati dipinti in nero Vallejo, i ferma cavi in silver Citadel.

Vi lascio alle poche foto del lavoro descritto sopra, rammaricato di non potervene mostrare di più.

ACCESSORI.

Il molo è finalmente pronto a ricevere tutti gli accessori ed i dettagli necessari a “raccontare” la scenetta.

Parto col dire che ho voluto ricreare un binario tronco e vien da sé che in fondo ad esso fosse molto probabile trovare varia merce accatastata. Non ho voluto esagerare, perciò qualche tavola di legno, qualche cassetta e delle grandi bobine in legno sono bastate allo scopo.

Il materiale utilizzato per “arredare” il pontile proviene dai seguenti kit:

  • Miniart 35583 CABLE SPOOLS.
  • Miniart 35575 CHAMPAGNE & COGNAC BOTTLES WITH CRATES.
  • Miniart 35581 WOODEN BOXES CRATES.
  • Miniart 35574 BEER BOTTLES & WOODEN CRATES.
  • Miniart 35568 RAILWAY TRACK W/DEAD END.
  • Plusmodel EL041 METAL DRUM.
  • Amati 4360/07 CATENA OTTONE SALDATA TIPO E.
  • Corel C284 CORDA ø 2,00 mm.
  • DioDump DD038 WEATHERED WOODEN PLANKS.
  • Plusmodel 165 German newspaper & magazines WWII.
  • Plusmodel 171 RATS.

Come vedete la lista è lunga, gli elementi sono molti, ma li definirei tutti necessari per particolareggiare e rendere più realistico l’intero diorama.

Mi sono avvalso di molti prodotti Miniart che ha sul mercato un’infinità di articoli per i nostri scopi. Devo dire che nonostante siano in plastica, sono davvero ben fatti.

Le bobine sono state aerografate tutte in Vallejo 70.876 Brown Sand e poi ognuna di esse ha ricevuto, sulle parti esterne un colore diverso. Quella verde in Vallejo 70.942 Light Green, quella blu in Tamiya X-14 Sky Blue e quella rossa in Vallejo 70.908 Carmine Red scurito con del nero. Le parti verniciate sono state scrostate utilizzando uno stuzzicadenti e passandone la punta sulle zone in cui volevo ottenere l’usura.

Per la prima volta ho sperimentato l’utilizzo delle matite acquerellabili applicate al modellismo scegliendo quelle dell’AK, ma sul mercato ce ne sono di tantissimi tipi e sicuramente con prezzi più accessibili. Il loro impiego è più facile a farsi che a dirsi, basta letteralmente “disegnare” laddove si vuole ottenere l’effetto. Per marcare le scrostature mi sono avvalso del 10010 Sepia, del 10016 Light chipping for wood e del 10017 Dark chipping for wood insistendo soprattutto sui bordi delle bobine. Le stesse si sono rivelate utili anche a riprodurre dei veri e propri graffi sulle superfici legnose. Dopo questa fase è seguita una mano di trasparente lucido per sigillare e per fungere da base per un lavaggio in bruno Van Dick che ha messo in risalto le varie venature. Su alcune assi ho insistito con i lavaggi per spezzare la monocromia. Un’altra mano di lucido, decals, qualche scrostatura su di esse, sempre con la punta di uno stuzzicadenti, ed infine trasparente opaco…et voilà!

Ulteriori dettagli come le teste dei bulloni sono stati realizzati in seguito. Le casse in legno sono state sottoposte al medesimo procedimento spiegato sopra.

Il tronchino prelevato dal kit Miniart 35568, del quale è superfluo soffermarsi sul semplice montaggio, è stato verniciato partendo da un Gunze H-344 Rust che è servito come base di ruggine per la tecnica del chipping. Essa consiste nel dipingere il fondo del colore che si vuole far affiorare e, successivamente, ricoprirlo con l’apposito prodotto (vedi AK 089 Heavy Chipping fluid o AMIG2011 Heavy chipping effects per citarne alcuni); nel mio caso ho preferito una comune lacca per capelli che funziona ugualmente bene ed è anche molto meno costosa. A questo punto si dipinge il pezzo col colore finale (Tamiya XF69 Nato Black, preferibilmente ad aerografo così da lasciare uno strato sottile di vernice che è più facile da rimuovere) ed una volta asciutto, con un pennello a setole dure bagnato d’acqua, si strofina laddove si vuole appunto scrostare in modo tale da far emergere nuovamente il tono sottostante. 

L’asse in legno è stata dipinta dapprima in bianco Gunze ad aerografo, quindi mascherata per riprodurre le bande scure in Gunze H77 Tire Black. Sul bianco sono stati effettuati dei lavaggi in Terra di Cassel, mentre sul nero in grigio chiaro. Le placche in metallo ed i bulloni sono in color ruggine dato a pennello. Le colature sono state ottenute con l’ausilio delle matite acquerellabili (usate, però, a secco) e dei pigmenti in polvere.

Il carrellino per il trasporto della merce è in Gunze H-70 RLM02, mentre le ruote e le parti metalliche in H-344 Rust. Quest’ultime, in particolare, sono state rifinite mediante l’utilizzo delle matite ma questa volta intingendone la punta nell’acqua, in questo modo il colore si scioglie e quando la matita viene poggiata sul pezzo rilascia il pigmento in forma più o meno liquida. Si ottengono così le sfumature della ruggine in maniera piuttosto naturale. Impiegando una matita color sabbia, a secco, sono andato a sfregare sugli spigoli dell’attrezzo ottenendo le luci, mentre le ombre sono frutto di un lavaggio ad olio.

Le catene in ottone sono state lasciate un’intera giornata in una soluzione al 50 e 50 di aceto bianco e candeggina, molti di voi si chiederanno il perché…

Si tratta di due forti acidi facilmente reperibili in casa che hanno contribuito ad arrugginire “naturalmente” il metallo e a renderne la superficie meno liscia. Questo non è bastato, quindi le maglie hanno ricevuto vari passaggi di pigmenti color ruggine e successivamente sono state incollate alle superfici con ciano acrilato.

I barili in resina, dopo il primer, sono stati verniciati in Rust Gunze e poi lavorati con le matite Ak come per il carrellino sopra. Le colature di olio sono state ricavate facendo scorrere in verticale, vicino al barile, un pennello 2/0 intinto in una miscela composta da un trasparente lucido ed un marrone molto scuro, entrambi Humbrol a smalto, abbondantemente diluiti. Gli schizzi con la stessa miscela li ho ottenuti picchiettando il pennello intriso di colore su uno stuzzicadenti posto ad un paio di centimetri dal fusto.

I FIGURINI

Tutti in resina, provengono dai seguenti kit:

  • U-Models um108 U-boat commander at rest
  • Royal Model n. 573 Man with children – WWII
  • Cix Models CixM.022 Meccanico

Per questa fase non entro nel dettaglio, ma mi limito a dire che per la verniciatura ho utilizzato come primer il Mr. Surfacer 1200 miscelato all’acetone (lo trovate al brico in latta da 0.5L, 1L) nella proporzione di 80% diluente e 20% primer. I colori utilizzati sono acrilici vinilici Vallejo, Citadel o Ak.

Nel caso dell’uomo con la cassa sullo sfondo, il figurino, indossando una divisa monocromatica è stato dipinto interamente ad aerografo, poi con due passate via via più chiare della tinta di base ho schiarito, sempre ad aeropenna, le zone più in luce come spalle e schiena spruzzando il colore dall’alto, in maniera perpendicolare al pezzo. Altre luci e poi le ombre sono state fatte a pennello così come tutti i dettagli.

Lo stesso procedimento è stato utilizzato per la giacca del comandante, ma ripeto, le luci e le ombre hanno più risalto una volta passate a pennello.

Il bambino con il nonno sono stati interamente dipinti a pennello. Il solo bianco della camicia e della maglia del bambino sono stati aerografati, ovviamente prima di dipingere tutto il resto.

Partiamo dal presupposto che non sono un figurinista, il nonno ed il bambino sono stati i miei primi figurini in assoluto, a parte due piloti in 1/48 inseriti in un’altra piccolissima scenetta insieme ad un aereo e di qualche esperimento fatto negli anni addietro. Dopo qualche mese e qualche consiglio ho realizzato gli altri due pezzi presenti sulla scena, migliorando le tecniche utilizzate. Per dirvene una, sui primi due ho ottenuto le ombre sulle parti in bianco utilizzando una sorta di lavaggio ad olio… Alcuni errori li ho commessi, ad altri ho posto rimedio, ma alla fine mi sono divertito un sacco. A voi qualche foto:

Ultimi, ma non per importanza, piccoli dettagli…

I topolini, chicca alla quale non ho voluto rinunciare, sono un’idea portata avanti dall’inizio. Rappresentano uno di quei piccoli dettagli dei quali l’occhio va sempre alla ricerca. Proprio come le foglie di quercia…e vi spiego il perché. Il diorama è ambientato ad inizio primavera del ’45, dal momento in cui questi mini sommergibili tedeschi iniziarono a svolgere le loro funzioni operative sono nel gennaio dello stesso anno. I figurini indossano un abbigliamento consono al periodo, vedi il bambino in pantaloncini e maniche tirate su, così come il nonno. Bene, qualcuno si chiederà come mai le foglie secche in primavera? Ed ecco spiegato l’arcano…

Alcune specie di querce non perdono il fogliame d’inverno, pur non essendo sempreverdi, ma lo mantengono fino alla primavera successiva, quando cade con lo spuntare delle nuove foglie.

A questo proposito mi permetto di riportavi la favola raccolta da Alfredo Cattabiani nel suo libro “Florario”:

Una leggenda sarda testimonia come il simbolo “paterno” e protettivo della quercia, sia radicato nell’immaginario collettivo.

Un giorno il diavolo si recò dal Signore dicendogli: «Tu sei il signore e padrone di tutto il creato, mentre io, misero, non possiedo nulla. Concedimi una signoria, pur minima, su una parte della creazione: mi accontento di poco».

«Che cosa vorresti avere?» chiese Domineddio.

«Dammi, per esempio, il potere su tutto il bosco» propose il diavolo.

«E sia» decretò il Signore «ma soltanto quando i boschi saranno completamente senza fogliame, ovvero durante l’inverno: in primavera il potere tornerà a me».

Quando gli alberi e le foglie decidue dei boschi seppero del patto, cominciarono a preoccuparsi, e con il passare del tempo la preoccupazione si mutò in agitazione. «Che cosa possiamo fare?» si domandavano disperati. «A noi le foglie cadono in autunno».

Il problema pareva insolubile quando al faggio venne un’idea: «Andiamo a consultare la quercia, più robusta e saggia e di noi tutti la più anziana. Forse lei troverà un espediente per salvarci».

La quercia, dopo aver riflettuto gravemente, rispose: «Tenterò di mantenere le mie foglie secche sui rami finché sui vostri non spunteranno le foglioline nuove. Così il bosco non sarà mai completamente spoglio e il demonio non potrà avere alcun dominio su di noi».

Da allora le foglie secche della quercia, coriacee e seghettate, rimangono sui rami per cadere completamente soltanto quando almeno un cespuglio si è rivestito di foglie nuove.

Ci tengo a specificare questo particolare per farvi capire quanto sia andato a fondo lo studio di ogni minimo particolare. Ovviamente non sono esente da errori di qualsivoglia genere, ma l’impegno ce l’ho messo tutto!

Le tecniche impiegate per la realizzazione di questo lavoro sono delle più disparate, sovente mi sono trovato a doverle sperimentare per la prima volta, questo è dovuto al fatto che il lavoro è stato creato durante un periodo di tempo di 18 mesi circa (lungo i quali ho appreso nuove nozioni) ed al fatto che questo è il primo diorama che io abbia mai realizzato. Durante gli anni ho osservato i lavori visti in giro per mostre, su riviste varie o sul web; questo, insieme all’irrefrenabile aspirazione di creare un diorama tutto mio, mi hanno portato a vivere la fantastica esperienza che vi ho appena raccontato, non senza difficoltà, ma con tanta, tantissima passione e soddisfazione, anche grazie a chi come voi osserva e commenta il mio lavoro.

Grazie a tutti voi, modellisti e non.

Buon modellismo!

Giampiero Ferrante.

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  1. Un lavoro che eleva questo hobby da riempitivo del fine settimana a serio impegno di ricerca e cura del dettaglio. Grazie per il dettagliato percorso che hai cosi’ ben descritto: la fiaba finale e’ una perla che stabilisce anche il tono dell’opera!

  2. pensavo di realizzare qualcosa di simile anch’io, poi ho letto il tuo articolo e oltre ai complimenti per il tuo diorama volevo ringraziarti per alcuni spunti che mi hai dato.
    Il “raro” dock italeri sono riuscito a trovarlo e sto aspettando che mi consegnino l’Hobbyboss 1/35 German Molch poi appena terminato un altro diorama mi avventurerò in questa nuova “avventura”

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