Inizio questo soggetto su richiesta di un privato che sta raccogliendo materiale sulla storia di Pavia per poi farne una mostra l’anno prossimo.
Se vi interessa un po' di storia, cliccate sullo show spoiler qui sotto.
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La situazione politica
Con la pace di Lodi (1454), si era consolidata nella politica italiana una situazione d'equilibrio tra le maggiori potenze della penisola: il Ducato di Milano, le repubbliche di Venezia e Firenze, lo stato della Chiesa e il regno di Napoli.
La pace stipulata nella città lombarda, forniva una promessa di pace e sviluppo della vita dei cittadini italiani, aprendo la strada al periodo di fioritura delle belle arti: il Rinascimento.
Se dal punto di vista socio-culturale il miglioramento era sensibile, dal punto di vista militare ognuno dei grandi stati italiani non era paragonabile a potenze come Francia e Spagna, che ormai si avviavano a diventare regni unitari.
La pace, se stabilizzava l'ordine interno tra gli stati italiani, rendeva la nostra penisola più "appetibile" alle mire dei grandi stati europei, tenendo così sotto l'egida delle potenze straniere la libertà italiana fino alla unificazione.
Già Carlo VIII di Francia, attraversò, praticamente indisturbato, tutta la penisola con le sue truppe, arrivando fino a Napoli. Dopo di lui, fu solo grazie alla Lega Santa organizzata da Papa Giulio II, che Luigi XII venne sconfitto e scacciato anche dalla Lombardia, dove aveva abbattuto la dinastia Sforza. Infine, Francesco I di Valois, riconquistava la Lombardia stessa nel 1515, portando l'Italia in una particolare situazione di spartizione tra spagnoli (al meridione e d'influenza su Firenze) e francesi (in Lombardia e a Genova).
In conclusione va notato che, in questo periodo, l'epicentro dei conflitti tra le due potenze rivali è il Ducato di Milano, vero e proprio snodo strategico che permetteva i collegamenti tra la penisola italiana e il resto d'Europa, in particolare il transito verso i possedimenti imperiali di Carlo V.
Gli avversari
Carlo V Re di Spagna dal 1516.
Carlo V si trovava a regnare su Germania, Italia, territori degli Asburgo in Austria, Paesi Bassi, Fiandre, Boemia, circondando geograficamente l'avversario Francese.
Questo vero e proprio impero spagnolo, che annoverava anche tutti i possedimenti coloniali del nuovo mondo, rimaneva un punto di stabilità per tutti i ceti sociali.
Francesco I Re di Francia
La vita del sovrano francese trova molti punti in comune con il suo rivale Carlo V. Simile mentalità strategico militare, stesso interesse nel Sacro Romano Impero, stessa ambizione per l'egemonia europea.
Grazie alla vittoria nella battaglia di Marignano (1515) contro le famose fanterie picchiere svizzere, riconquistò il milanese, punto di partenza per una espansione europea ad ampio raggio.
Vista la sconfitta politica nella corsa al trono del Sacro Romano Impero, Francesco I vide come unica via per salvare l'onore, quella della guerra contro il suo diretto avversario Carlo V.
La sera della sconfitta di Pavia dopo aver scritto alla madre che solo l'onore (oltre alla vita) gli era rimasto, in maniera piuttosto curiosa per un uomo dedito a seguire il codice della cavalleria cristiana, inviò una richiesta d'aiuto al Sultano Turco Solimano.
Portato come prigioniero a Madrid, fu costretto a firmare un accordo di pace assai "pesante", che fu rinnegato non appena libero, aderendo alla Lega Santa del Papa e dei Principi Italiani.
Gli schieramenti e la battaglia
I due eserciti vennero a confronto il 24 febbraio 1525, proprio nel giorno in cui i mercenari al soldo del Re di Spagna, erano ufficialmente svincolati dal punto di vista contrattuale. Ma lo schieramento imperiale cominciò a muoversi già dalla notte del 23.
Le truppe, esclusi 5.000 uomini rimasti a difesa dell'accampamento, entrarono nel parco di Mirabello, attraverso delle brecce nel muro di cinta, e cominciarono a disporsi per la battaglia. Una mossa assai rischiosa, in previsione di un eventuale ritirata, perché la serie di mura di cinta della tenuta impediva qualsiasi via di fuga.
Francesco I, pensando che si trattasse di una mossa diversiva, attese a lungo prima di lasciare i 6.000 italiani delle "bande nere" a sorvegliare là città, e cominciare a disporre le proprie truppe alla spicciolata nel parco.
Alle prime luci dell'alba, gli spagnoli erano già pronti e lo schieramento che era così formato:
a destra 3 blocchi o battaglie di cavalleria; al centro gli archibugieri spagnoli, e sulla sinistra 2 quadrati di lanzichenecchi.
Solo l'artiglieria rimase indietro e fu l'ultima ad entrare nel parco.
I Francesi invece schierarono la loro splendida cavalleria pesante davanti a quella spagnola, in virtù di una concezione puramente cavalleresca del re Francesco I. Il "re cavaliere", personalmente al comando del reparto, cercava lo scontro con i suoi simili per sangue e tradizione.
I lanzichenecchi di parte francese si schierarono subito di fronte agli archibugieri, lasciando indietro la maggior parte dei picchieri svizzeri ancora in ritardo nello schieramento. L'unica parte dello schieramento francese che fu schierato con anticipo sufficiente fu l'artiglieria, che incominciò a bersagliare gli avversari più vicini: i lanzichenecchi al soldo degli spagnoli.
Nel frattempo, la cavalleria leggera francese attacca l'artiglieria imperiale, non ancora disposta, disperdendo gli artiglieri nemici e catturando alcuni pezzi.
L'artiglieria francese stava decidendo praticamente da sola le sorti della battaglia, e dopo aver neutralizzato quella nemica, Francesco I decise che non era il caso di lasciare tutto il merito della vittoria ai "vili" cannoni, lanciandosi quindi in una impetuosa carica contro le cavallerie imperiali.
Il re francese, individuato come uno dei più grandi cavalieri del tempo, sbaragliò i cavalieri avversari, divertendosi come ad un torneo. Ma a questo punto entrò in scena l'astuzia dei comandanti spagnoli che spostarono circa 1.550 archibugieri nel boschetto subito di fianco alla posizione in cui si trovavano le "lance" francesi. Dopo le prime tre scariche di archibugi, la maggior parte della cavalleria più potente d'Europa cadeva sotto il preciso tiro dei 1.500 "villani" spagnoli.
A questo punto la cavalleria spagnola, rafforzata dalla fanteria, si lanciò contro quanto rimaneva della formazione francese. Nell'estremo tentativo di difendere il proprio re, molti cavalieri si riunirono in un quadrato difensivo. Ma nonostante l'ardore profuso, in molti ormai appiedati e senza più il vantaggio della carica e appesantiti dal peso delle proprie armi cadevano colpiti dagli avversari.
I fanti spagnoli avevano la possibilità di colpirli con pugnalate nelle fessure dell'armatura, persino gli archibugieri infilavano le loro armi sotto le difese del nemico e poi facevano fuoco.
Nonostante fosse stato anch'egli appiedato, Francesco I, continuò a combattere furiosamente, ma il suo destino sembrava segnato se non fosse stato per l'intervento del vicerè di Napoli che lo risparmiò dalla crudeltà degli archibugieri che lo avevano appena catturato.
Ma la battaglia continuava, questa volta con protagoniste le fanterie. I lanzichenecchi al servizio francese si scontrarono contro quelli al servizio degli spagnoli in un impatto frontale di notevole suggestione. Nonostante le truppe al servizio di Francesco I fossero riconosciute come ottime per qualità, i tedeschi di Frundsberg ebbero la meglio per determinazione e cattiveria, spinti anche dallo spettro della disoccupazione che sarebbe seguita al 24 febbraio, data di scadenza del loro contratto.
Dopo aver superato il primo blocco nemico e messo in fuga gli artiglieri francesi, i tedeschi al servizio degli spagnoli affrontarono il temibilissimo quadrato dei picchieri svizzeri, appena schierati sul campo e quindi freschi fisicamente. Fortunatamente per i lanzichenecchi, le truppe assediate di Pavia riuscirono a sbaragliare gli italiani che componevano le "bande nere" alle mura della città, dirigendosi all'attacco dello stesso blocco elvetico preso così tra due fuochi.
Per i picchieri e per le residue speranze di vittoria francese era la fine.
All'inizio della mattinata del 24 febbraio 1525 la battaglia era conclusa. I francesi lasciarono sul campo 6.000 uomini, ma soprattutto Francesco I, che fu catturato e deportato in Spagna come prigioniero, ebbe la conferma che l'epoca delle cavallerie pesanti come dominatrici dei campi di battaglia era definitivamente conclusa.
I Lanzichenecchi
I lanzichenecchi, soldati mercenari di fanteria, venivano arruolati da regioni tedesche del Sacro Romano Impero, che combatterono tra la fine del XV ed il XVII secolo.
Divennero famosi per la loro efficienza militare e crudeltà nei confronti dei popoli combattuti, nonché la violenza che mostravano contro il nemico.
Il termine deriva dal tedesco Landsknecht, cioè servo della regione (Land = terra, patria + Knecht = servitore); non era raro infatti che, con l'indebolirsi dei legami di servitù feudale tipici del periodo Rinascimentale, gli appartenenti a quell'umile ceto sociale tentassero la fortuna aggregandosi in compagnie mercenarie, sperando di arricchirsi con la rapina e il saccheggio.
l capo lanzichenecco reclutatore, definito di solito con il grado di Colonnello (Oberst) veniva contattato dal committente ed incaricava i suoi ufficiali della chiamata alle armi. Questi percorrevano le campagne e le città invitando gli uomini con il miraggio del soldo, del bottino e dell'impresa e dando appuntamento in una località ed in un giorno precisi per l'arruolamento definitivo.
Alla base dell'arruolamento c'era l'accettazione di una "lettera di impegno", in cui venivano definiti paga, termini e durata del servizio. Dopo la lettura pubblica della lettera di impegno davanti ai fanti radunati, i fanti venivano registrati con nome, arma in possesso e soldo pattuito e quindi venivano inquadrati nelle singole compagnie.
In base al ruolo coperto e alle armi portate veniva definita la paga, distinta genericamente tra soldo e doppio soldo (Doppelsöldner): quest'ultimo veniva stabilito in base alle funzioni militari/amministrative o alle armi.
A paragone con il guadagno degli artigiani delle città (attorno a 1,5 fiorini) e soprattutto dei contadini, l'ingaggio del lanzichenecco sembrava promettente. Tuttavia il soldo fissato in quattro fiorini al mese per quasi tutto il XVI secolo e la scarsa solvibilità dei committenti e del reclutatore fecero diventare sempre più importante il saccheggio ed il bottino conseguente.
Le funzioni militari a doppio soldo erano corrispondenti ai gradi:
Oberst : il reclutatore a cui i fanti erano legati personalmente dall'accettazione della lettera nel 1540 poteva arrivare a prendere fino a 400 fiorini, contro i 4 del soldo semplice;
Capitani : erano scelti dall'Oberst e comandavano le singole compagnie della banda lanzichenecca;
Alfiere : chi portava la bandiera della banda e della compagnia godeva di molta considerazione tra i soldati;
Sergenti : comandavano i gruppi di soldati in cui la compagnia era divisa.
Inoltre era presente un Feldwebel (maresciallo) per ogni banda arruolata.
Le battaglie più famose a cui parteciparono i Lanzichenecchi sono quella di Marignano (Melegnano, 1515) e della Bicocca (1522), dove i rivali Svizzeri persero la fama di essere imbattibili, oltre a quella di Pavia (1525) e di Calliano (1487).
La loro impresa più famosa - e non in senso positivo - fu sicuramente il citato Sacco di Roma del 1527.
Il 6 maggio del 1527, 8.000 lanzichenecchi affamati, erano calati dalla Germania, fino a Roma, sotto il comando del Frundsberg, unendo nelle loro linee anche molti soldati spagnoli rimasti senza paga da mesi.
Lo stesso comandante, ormai alla mercé delle sue stesse truppe, troverà durante l'assalto a Castel Sant'Angelo (storico rifugio per il papa e la sua "corte") la morte per un colpo si scoppietto sparatogli da Benvenuto Cellini.
Ma i mercenari tedeschi misero a ferro e fuoco l'intera città, uccidendo, rubando e dando alle fiamme quanto possibile.
Un veneziano in transito nella capitale durante quei tristi giorni scrisse: «l'inferno è nulla a paragone dello spettacolo che la città offre in questo momento».
Ogni 3-4 anni, non ricordo di preciso, la Battaglia di Pavia, viene rievocata con figuranti che danno vita appunto alla ricostruzione storica.
Oggi, nella zona nella quale si svolse la Battaglia di Pavia, per fortuna, c’è un parco pubblico (Vernavola), frequentato da famiglie con bambini, ragazzi che giocano a pallone ecc.
Essendo a 10 minuti da dove abito, mi capita spesso di “frequentarlo” per una passeggiata ed ogni volta cerco di immaginare quanto orrore e sangue sia stato versato proprio dove sto camminando.
Con la pace di Lodi (1454), si era consolidata nella politica italiana una situazione d'equilibrio tra le maggiori potenze della penisola: il Ducato di Milano, le repubbliche di Venezia e Firenze, lo stato della Chiesa e il regno di Napoli.
La pace stipulata nella città lombarda, forniva una promessa di pace e sviluppo della vita dei cittadini italiani, aprendo la strada al periodo di fioritura delle belle arti: il Rinascimento.
Se dal punto di vista socio-culturale il miglioramento era sensibile, dal punto di vista militare ognuno dei grandi stati italiani non era paragonabile a potenze come Francia e Spagna, che ormai si avviavano a diventare regni unitari.
La pace, se stabilizzava l'ordine interno tra gli stati italiani, rendeva la nostra penisola più "appetibile" alle mire dei grandi stati europei, tenendo così sotto l'egida delle potenze straniere la libertà italiana fino alla unificazione.
Già Carlo VIII di Francia, attraversò, praticamente indisturbato, tutta la penisola con le sue truppe, arrivando fino a Napoli. Dopo di lui, fu solo grazie alla Lega Santa organizzata da Papa Giulio II, che Luigi XII venne sconfitto e scacciato anche dalla Lombardia, dove aveva abbattuto la dinastia Sforza. Infine, Francesco I di Valois, riconquistava la Lombardia stessa nel 1515, portando l'Italia in una particolare situazione di spartizione tra spagnoli (al meridione e d'influenza su Firenze) e francesi (in Lombardia e a Genova).
In conclusione va notato che, in questo periodo, l'epicentro dei conflitti tra le due potenze rivali è il Ducato di Milano, vero e proprio snodo strategico che permetteva i collegamenti tra la penisola italiana e il resto d'Europa, in particolare il transito verso i possedimenti imperiali di Carlo V.
Gli avversari
Carlo V Re di Spagna dal 1516.
Carlo V si trovava a regnare su Germania, Italia, territori degli Asburgo in Austria, Paesi Bassi, Fiandre, Boemia, circondando geograficamente l'avversario Francese.
Questo vero e proprio impero spagnolo, che annoverava anche tutti i possedimenti coloniali del nuovo mondo, rimaneva un punto di stabilità per tutti i ceti sociali.
Francesco I Re di Francia
La vita del sovrano francese trova molti punti in comune con il suo rivale Carlo V. Simile mentalità strategico militare, stesso interesse nel Sacro Romano Impero, stessa ambizione per l'egemonia europea.
Grazie alla vittoria nella battaglia di Marignano (1515) contro le famose fanterie picchiere svizzere, riconquistò il milanese, punto di partenza per una espansione europea ad ampio raggio.
Vista la sconfitta politica nella corsa al trono del Sacro Romano Impero, Francesco I vide come unica via per salvare l'onore, quella della guerra contro il suo diretto avversario Carlo V.
La sera della sconfitta di Pavia dopo aver scritto alla madre che solo l'onore (oltre alla vita) gli era rimasto, in maniera piuttosto curiosa per un uomo dedito a seguire il codice della cavalleria cristiana, inviò una richiesta d'aiuto al Sultano Turco Solimano.
Portato come prigioniero a Madrid, fu costretto a firmare un accordo di pace assai "pesante", che fu rinnegato non appena libero, aderendo alla Lega Santa del Papa e dei Principi Italiani.
Gli schieramenti e la battaglia
I due eserciti vennero a confronto il 24 febbraio 1525, proprio nel giorno in cui i mercenari al soldo del Re di Spagna, erano ufficialmente svincolati dal punto di vista contrattuale. Ma lo schieramento imperiale cominciò a muoversi già dalla notte del 23.
Le truppe, esclusi 5.000 uomini rimasti a difesa dell'accampamento, entrarono nel parco di Mirabello, attraverso delle brecce nel muro di cinta, e cominciarono a disporsi per la battaglia. Una mossa assai rischiosa, in previsione di un eventuale ritirata, perché la serie di mura di cinta della tenuta impediva qualsiasi via di fuga.
Francesco I, pensando che si trattasse di una mossa diversiva, attese a lungo prima di lasciare i 6.000 italiani delle "bande nere" a sorvegliare là città, e cominciare a disporre le proprie truppe alla spicciolata nel parco.
Alle prime luci dell'alba, gli spagnoli erano già pronti e lo schieramento che era così formato:
a destra 3 blocchi o battaglie di cavalleria; al centro gli archibugieri spagnoli, e sulla sinistra 2 quadrati di lanzichenecchi.
Solo l'artiglieria rimase indietro e fu l'ultima ad entrare nel parco.
I Francesi invece schierarono la loro splendida cavalleria pesante davanti a quella spagnola, in virtù di una concezione puramente cavalleresca del re Francesco I. Il "re cavaliere", personalmente al comando del reparto, cercava lo scontro con i suoi simili per sangue e tradizione.
I lanzichenecchi di parte francese si schierarono subito di fronte agli archibugieri, lasciando indietro la maggior parte dei picchieri svizzeri ancora in ritardo nello schieramento. L'unica parte dello schieramento francese che fu schierato con anticipo sufficiente fu l'artiglieria, che incominciò a bersagliare gli avversari più vicini: i lanzichenecchi al soldo degli spagnoli.
Nel frattempo, la cavalleria leggera francese attacca l'artiglieria imperiale, non ancora disposta, disperdendo gli artiglieri nemici e catturando alcuni pezzi.
L'artiglieria francese stava decidendo praticamente da sola le sorti della battaglia, e dopo aver neutralizzato quella nemica, Francesco I decise che non era il caso di lasciare tutto il merito della vittoria ai "vili" cannoni, lanciandosi quindi in una impetuosa carica contro le cavallerie imperiali.
Il re francese, individuato come uno dei più grandi cavalieri del tempo, sbaragliò i cavalieri avversari, divertendosi come ad un torneo. Ma a questo punto entrò in scena l'astuzia dei comandanti spagnoli che spostarono circa 1.550 archibugieri nel boschetto subito di fianco alla posizione in cui si trovavano le "lance" francesi. Dopo le prime tre scariche di archibugi, la maggior parte della cavalleria più potente d'Europa cadeva sotto il preciso tiro dei 1.500 "villani" spagnoli.
A questo punto la cavalleria spagnola, rafforzata dalla fanteria, si lanciò contro quanto rimaneva della formazione francese. Nell'estremo tentativo di difendere il proprio re, molti cavalieri si riunirono in un quadrato difensivo. Ma nonostante l'ardore profuso, in molti ormai appiedati e senza più il vantaggio della carica e appesantiti dal peso delle proprie armi cadevano colpiti dagli avversari.
I fanti spagnoli avevano la possibilità di colpirli con pugnalate nelle fessure dell'armatura, persino gli archibugieri infilavano le loro armi sotto le difese del nemico e poi facevano fuoco.
Nonostante fosse stato anch'egli appiedato, Francesco I, continuò a combattere furiosamente, ma il suo destino sembrava segnato se non fosse stato per l'intervento del vicerè di Napoli che lo risparmiò dalla crudeltà degli archibugieri che lo avevano appena catturato.
Ma la battaglia continuava, questa volta con protagoniste le fanterie. I lanzichenecchi al servizio francese si scontrarono contro quelli al servizio degli spagnoli in un impatto frontale di notevole suggestione. Nonostante le truppe al servizio di Francesco I fossero riconosciute come ottime per qualità, i tedeschi di Frundsberg ebbero la meglio per determinazione e cattiveria, spinti anche dallo spettro della disoccupazione che sarebbe seguita al 24 febbraio, data di scadenza del loro contratto.
Dopo aver superato il primo blocco nemico e messo in fuga gli artiglieri francesi, i tedeschi al servizio degli spagnoli affrontarono il temibilissimo quadrato dei picchieri svizzeri, appena schierati sul campo e quindi freschi fisicamente. Fortunatamente per i lanzichenecchi, le truppe assediate di Pavia riuscirono a sbaragliare gli italiani che componevano le "bande nere" alle mura della città, dirigendosi all'attacco dello stesso blocco elvetico preso così tra due fuochi.
Per i picchieri e per le residue speranze di vittoria francese era la fine.
All'inizio della mattinata del 24 febbraio 1525 la battaglia era conclusa. I francesi lasciarono sul campo 6.000 uomini, ma soprattutto Francesco I, che fu catturato e deportato in Spagna come prigioniero, ebbe la conferma che l'epoca delle cavallerie pesanti come dominatrici dei campi di battaglia era definitivamente conclusa.
I Lanzichenecchi
I lanzichenecchi, soldati mercenari di fanteria, venivano arruolati da regioni tedesche del Sacro Romano Impero, che combatterono tra la fine del XV ed il XVII secolo.
Divennero famosi per la loro efficienza militare e crudeltà nei confronti dei popoli combattuti, nonché la violenza che mostravano contro il nemico.
Il termine deriva dal tedesco Landsknecht, cioè servo della regione (Land = terra, patria + Knecht = servitore); non era raro infatti che, con l'indebolirsi dei legami di servitù feudale tipici del periodo Rinascimentale, gli appartenenti a quell'umile ceto sociale tentassero la fortuna aggregandosi in compagnie mercenarie, sperando di arricchirsi con la rapina e il saccheggio.
l capo lanzichenecco reclutatore, definito di solito con il grado di Colonnello (Oberst) veniva contattato dal committente ed incaricava i suoi ufficiali della chiamata alle armi. Questi percorrevano le campagne e le città invitando gli uomini con il miraggio del soldo, del bottino e dell'impresa e dando appuntamento in una località ed in un giorno precisi per l'arruolamento definitivo.
Alla base dell'arruolamento c'era l'accettazione di una "lettera di impegno", in cui venivano definiti paga, termini e durata del servizio. Dopo la lettura pubblica della lettera di impegno davanti ai fanti radunati, i fanti venivano registrati con nome, arma in possesso e soldo pattuito e quindi venivano inquadrati nelle singole compagnie.
In base al ruolo coperto e alle armi portate veniva definita la paga, distinta genericamente tra soldo e doppio soldo (Doppelsöldner): quest'ultimo veniva stabilito in base alle funzioni militari/amministrative o alle armi.
A paragone con il guadagno degli artigiani delle città (attorno a 1,5 fiorini) e soprattutto dei contadini, l'ingaggio del lanzichenecco sembrava promettente. Tuttavia il soldo fissato in quattro fiorini al mese per quasi tutto il XVI secolo e la scarsa solvibilità dei committenti e del reclutatore fecero diventare sempre più importante il saccheggio ed il bottino conseguente.
Le funzioni militari a doppio soldo erano corrispondenti ai gradi:
Oberst : il reclutatore a cui i fanti erano legati personalmente dall'accettazione della lettera nel 1540 poteva arrivare a prendere fino a 400 fiorini, contro i 4 del soldo semplice;
Capitani : erano scelti dall'Oberst e comandavano le singole compagnie della banda lanzichenecca;
Alfiere : chi portava la bandiera della banda e della compagnia godeva di molta considerazione tra i soldati;
Sergenti : comandavano i gruppi di soldati in cui la compagnia era divisa.
Inoltre era presente un Feldwebel (maresciallo) per ogni banda arruolata.
Le battaglie più famose a cui parteciparono i Lanzichenecchi sono quella di Marignano (Melegnano, 1515) e della Bicocca (1522), dove i rivali Svizzeri persero la fama di essere imbattibili, oltre a quella di Pavia (1525) e di Calliano (1487).
La loro impresa più famosa - e non in senso positivo - fu sicuramente il citato Sacco di Roma del 1527.
Il 6 maggio del 1527, 8.000 lanzichenecchi affamati, erano calati dalla Germania, fino a Roma, sotto il comando del Frundsberg, unendo nelle loro linee anche molti soldati spagnoli rimasti senza paga da mesi.
Lo stesso comandante, ormai alla mercé delle sue stesse truppe, troverà durante l'assalto a Castel Sant'Angelo (storico rifugio per il papa e la sua "corte") la morte per un colpo si scoppietto sparatogli da Benvenuto Cellini.
Ma i mercenari tedeschi misero a ferro e fuoco l'intera città, uccidendo, rubando e dando alle fiamme quanto possibile.
Un veneziano in transito nella capitale durante quei tristi giorni scrisse: «l'inferno è nulla a paragone dello spettacolo che la città offre in questo momento».
Ogni 3-4 anni, non ricordo di preciso, la Battaglia di Pavia, viene rievocata con figuranti che danno vita appunto alla ricostruzione storica.
Oggi, nella zona nella quale si svolse la Battaglia di Pavia, per fortuna, c’è un parco pubblico (Vernavola), frequentato da famiglie con bambini, ragazzi che giocano a pallone ecc.
Essendo a 10 minuti da dove abito, mi capita spesso di “frequentarlo” per una passeggiata ed ogni volta cerco di immaginare quanto orrore e sangue sia stato versato proprio dove sto camminando.
Voglio rappresentare questi lanzichenecchi, il giorno dopo la battaglia, in un momento di relax, dopo aver combattuto e depredato tutto ciò che era possibile.
Al momento non sono ancora sicure le posizioni dei due soldati in piedi e del crocifisso, probabilmente quest'ultimo lo romperò e lo metterò come se fosse "gettat"o a terra in segno di sfregio.
Manca anche una bandiera e se trovo a Novegro degli elementi per poter caratterizare di più la scena
Per ora è tutto, alla prossima...
. by Luca Anelli, su Flickr
02_ by Luca Anelli, su Flickr