mercoledì, Aprile 24, 2024

Uno Spit Tricolore – Supermarine Spitfire Mk.IXc dal kit Hasegawa 1/48.

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Quando porto a termine un modello, per me è sempre una grande gioia. Quello che ho davanti non rappresenta, solamente, un mero insieme di pezzi plastici assemblati e verniciati per “assomigliare” quanto più possibile a un velivolo reale… per me è qualcosa di diverso; è il frutto di mesi di lavoro, fatiche, e sacrifici per ritagliarmi un po’ di tempo da dedicare al nostro fantastico hobby nelle caotiche giornate che, purtroppo, lasciano sempre meno spazio allo svago.

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La mia ultima creazione, quella che andrò a presentarvi, è molto di più di tutto quello che vi ho detto finora. Perché? Continuate la lettura di quest’articolo e ne capirete il motivo!

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Da un’idea alla realtà!

Quante volte vi è capitato di voler realizzare un modello ma, purtroppo, per mancanza (o assenza) di decalcomanie avete dovuto riporre il vostro “sogno” in un cassetto? Se siete dei modellisti appassionati di velivoli che hanno prestato servizio nell’Aeronautica Militare Italiana, la risposta non può essere che questa: troppe volte. Così, un bel giorno, facendo visita in una delle librerie aeronautiche specializzate della mia città mi sono imbattuto, in modo del tutto fortuito, in un bel volume edito dall’Ufficio Storico dell’AMI dal titolo “Spitfire Italiani”.

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Da buon “italianofilo” ero a conoscenza che la nostra Aeronautica, appena uscita dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, ebbe in carico molti caccia inglesi ma, ammetto, ignoravo quasi del tutto i particolari di quest’affascinante vicenda. Ovviamente, sfogliando le pagine del libro, la mia mente modellistica ha subito proiettato su di me la voglia di realizzare uno Spitfire con le coccarde tricolori nella scala 1/48!

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Dopo una breve ricerca, i miei buoni propositi si sono subito scontrati con la triste realtà: il mercato offriva pochissimo e le uniche scelte a mia disposizione riguardavano un vecchissimo foglio decalcomanie della Tauromodel (relativo alla sola versione Mk.Vb), o a insegne presenti in una scatola speciale dell’ICM di dubbia fattura e fedeltà storica. Per dovere di cronaca è opportuno ricordare che gli appassionati dediti alla scala più grande, la 1/32, avevano vita sicuramente più facile; potevano, infatti, avere un kit della Pacific Coast Model dedicato alla versione Mk.IX in cui erano presenti delle decal per un esemplare completamente metallico del 5° Stormo (sebbene il rosso delle insegne di nazionalità fosse del tutto errato), e di un aftermarket della Zotz Decal che permetteva la riproduzione di uno Spitifire, della medesima variante sopra citata, in livrea mimetica continentale RAF grigio/verde.

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Date le scarse possibilità di tirare fuori un lavoro decente, mi ero quasi deciso ad abbandonare il progetto e tenerlo in stand by in attesa di tempi migliori ma, per fortuna, non mi sono dato per vinto e dopo tre anni di lavoro sono riuscito a portare a termine il mio più ambizioso progetto modellistico: realizzare, completamente da zero, un foglio decal dedicato ai nostri Spitfire.

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Il Kit.

Come riportato anche nella review sopra linkata, la scatola di montaggio più corretta per uno Spitfire Mk.IX nella scala del quarto di pollice sarebbe la ICM. Il kit ucraino, però, è caratterizzato da un montaggio abbastanza ostico e da una plastica molto morbida che, di certo, non agevola il lavoro del modellista.

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Per questo motivo ho deciso di intraprendere la strada più complicata ma che, apparentemente, sembrava essere quella più rapida: l’acquisto del modello Revell codice 04554 (esatto reinscatolamento dello stampo Hasegawa) e della relativa correzione “no cut” della Loon Models per sopperire ad alcuni difetti di forma che, purtroppo, affliggono il kit giappo-tedesco. Le imperfezioni sono concentrate soprattutto nella fusoliera che è più corta di circa tre millimetri, ma altri vizi di forma risiedono nella forma dell’ogiva (troppo corta e tozza) e nell’altezza eccessiva del ruotino di coda.

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Apparentemente la fusoliera della Loon è, in pratica, identica all’Hasegawa. In realtà il cockpit è stato, correttamente, spostato in avanti di un millimetro abbondante e alcune pannellature riportate nella posizione più appropriata. La qualità generale del set non è male; qualche sbavatura facilmente eliminabile, pochissime bolle (del tutto trascurabili) e dettaglio superficiale abbastanza buono. La resina è di buona fattura, regge bene alle sollecitazioni e gli spessori dei pezzi sono ridotti. Nella confezione la Loon fornisce anche l’ogiva di forme e dimensioni corrette, oltre a varie “special parts” che permettono di riprodurre un esemplare “Early”. In particolare sono presenti i piani di coda con superfici di governo del primo tipo, portelloni del vano armi con bugna grande e presa d’aria del radiatore del tipo “piccolo”. Tutti questi “bonus” che la ditta americana ci mette a disposizione non saranno, comunque, utili per la costruzione di uno Spitfire italiano.

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In definitiva il prodotto della Loon Models non è la “panacea”, ma è quanto di meglio si possa trovare, oggi, per sistemare il kit Hasegawa e dargli un aspetto più realistico una volta finito.

Oltre al set di correzione, ho corredato il modello di numerosi altri aftermarket:

  1. CMK Cockpit Set n°4103: nonostante l’abitacolo originale sia già buono di per sé, l’accessorio della ditta ceca dona maggiore realismo a una zona che, personalmente, cerco di curare sempre al massimo. Inoltre il suo rapporto qualità prezzo è davvero ottimo.
  2. Ultracast E Wing Cannon Bay Cover n°48092: l’esemplare oggetto di quest’articolo aveva un’ala di tipo C ma con cannone montato in posizione esterna (caratteristica abbastanza comune tra i velivoli presi in carico dalla nascente Aeronautica Militare Italiana). Di fatto il set giusto è quello riguardante l’ala di tipo E.
  3. Portellino di accesso all’abitacolo Ultracast n°48096: molto particolareggiato e con l’ascia frangi vetro già stampata sulla superficie interna.
  4. Cofanatura motore inferiore della Ultracast con presa d’aria “late style” n°48088: da precisare che il suo acquisto non è fondamentale ma permette di risparmiare tempo e fatiche poiché la cofanatura originale del kit va assemblata e stuccata lungo la linea di mezzeria.
  5. Superfici mobili “late style” della Ultracast n°48086: oltre agli alettoni, il set comprende anche sia la parte fissa, sia la parte mobile dei piani di coda.
  6. Seggiolino con cinture di sicurezza del tipo “Sutton” della Ultracast n°48020: attenzione a non dotare il vostro seggiolino di cinture “late” perché mai montate sui nostri Spit.
  7. Scarichi “fishtail” della Quickboost n°48191.
  8. Ogiva e pale dell’elica della Quickboost n°48396: l’ogiva della Loon è corretta ma dal dettaglio non molto soddisfacente. Inoltre l’articolo della sussidiaria Aires presenta le pale dell’elica di forma più esatta.
  9. Cannoni e carenature in ottone tornito per ala tipo “C” della Master n°48004: costano pochissimo e sono spettacolari… vivamente consigliate!
  10. Ultracast 4 Spoke wheel n°48140: da sottolineare che la quasi totalità degli Spit italici utilizzava il cerchione degli pneumatici a quattro fori.
  11. Xpress Mask della Eduard codice EX013: pratiche e veloci per la mascheratura dei vetrini.

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Abitacolo:

Come di consueto i lavori hanno avuto inizio dall’abitacolo. La prima operazione da me eseguita è stata la completa eliminazione del dettaglio originale già presente all’interno delle fusoliere Loon Models.

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Successivamente, dopo aver “liberato” le resine dalle rispettive basi di stampa e averle rifinite con limitati colpi di lima, ho incollato in posizione le nuove paretine laterali della CMK con relativa semplicità. Il set della ditta ceca si adatta perfettamente e non richiede particolari attenzioni – tutto a vantaggio della velocità e del divertimento.

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Per la verniciatura del cockpit ho ricreato un mix di vernici espressamente studiato; queste le proporzioni:

  • 60 gocce di Verde F.S.34227 (Gunze H-312) più 6 gocce di Medium Sea Grey XF-83 Tamiya.

La miscela sopra descritta è stata diluita e addizionata di qualche goccia di Tamiya Paint Retarder che mi ha permesso di ottenere una superficie già abbastanza lucida e idonea per ricevere i lavaggi a olio. Ho preferito allungare con molto diluente Humbrol il washing (50% Bruno Van Dyck e 50% Nero d’Avorio), e applicarlo con la punta di un pennello facendolo arrivare su tutti i dettagli per capillarità ed evitare inutili sbavature .

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Venendo al seggiolino, quello del set CMK è stato scartato per far posto al bellissimo aftermarket della Ultracast che, tra l’altro, ha le cinture di sicurezza già stampate. Per la sua verniciatura ho realizzato una nuova combinazione di colori allo scopo di ricreare la caratteristica tonalità marroncina rossastra dovuta ai materiali con cui il sedile era fatto (cartone pressato e indurito con colle e resine); di seguito i rapporti:

  • 30 gocce di Tan F.S.30219 (Gunze H-319) + 3 gocce di Tamiya XF-79 Linoleum Deck Brown.

Anche in questo caso i particolari del pezzo hanno guadagnato maggiore volume con il solito lavaggio, per l’occasione fatto con il Bruno Van Dyck puro. Per le cinture ho utilizzato il Dark Sea Grey XF-54 Tamiya lumeggiato con la tecnica del Dry Brush utilizzando un grigio chiaro (nel mio caso il Gunze H-307).

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Molto bello e completo anche il cruscotto che presenta la strumentazione in fotoincisione. Il tutto è stato verniciato in nero opaco, mentre le cornici degli indicatori sono state evidenziate con la tecnica del “pennello asciutto”. Le lancette sono fornite su una lastrina di acetato trasparente cui basterà verniciare il retro in bianco opaco ed essere applicata sul fondo del pannello, sotto le fotoincisioni, a guisa di un “sandwich”. Per incollare l’acetato ho utilizzato una spennellata di cera Future che svolge perfettamente questa funzione; evitate l’impiego di colle aggressive (in particolare il cianoacrilico) che potrebbero comprometterne il disegno o opacizzare la superficie.

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Fusoliera:

Con il cockpit in sostanza ultimato non resta che unire le due semi fusoliere. La totale assenza di perni di riscontro mi ha costretto a eseguire un incollaggio “multiplo” partendo dal muso e finendo dalla coda per ottenere un allineamento quanto più preciso possibile. Ricordo, inoltre, che per assemblare la resina è d’obbligo l’uso della colla ciano acrilica. Quest’ultima, applicata in buona quantità lungo le giunzioni, ha anche avuto funzione di stucco riempiendo le fessure in modo impeccabile. Dopo aver atteso la sua completa essicazione, ho carteggiato le superfici interessate con carta abrasiva 800 per poi salire con grane sempre più sottili (fino alla 2000) allo scopo ottenere una finitura perfettamente liscia e lucida.

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Parlo, ora, del timone di profondità: la Revell lo fornisce separato dal resto della cellula, ma in realtà la superficie di comando non può essere montata nella posizione a piacimento così come si trova. La soluzione adottata dalla ditta tedesca è dettata solo dal fatto che, nel kit, è presente sia il timone con terminale a punta (Broad Chord Rudder), sia quello con forma arrotondata (standard su tutti gli Spitfire AMI) ed essi sono intercambiabili in base alle necessità del modellista.

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Allo scopo di montare il rudder in posizione sbandata ho, da prima, eliminato il suo perno di riscontro e poi smussato con una limetta da unghie il bordo che andrà a contatto con la fusoliera.  In pratica non ho fatto altro che ricreare lo stesso profilo tondeggiante presente anche sul timone del velivolo reale; quest’accortezza permetteva alla superficie mobile di ruotare all’interno della fusoliera sia a destra, sia a sinistra. Ricordatevi, inoltre, di eliminare il poppino alla sua sommità che, nella realtà, serviva da punto di ancoraggio per l’antenna a filo (non presente sugli esemplari AMI).

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L’intervento ha interessato anche la parte fissa della deriva cui ho allargato l’alloggiamento mediante una fresa montata su di un trapanino. Ecco una foto:

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Rimanendo in questa zona del modello, l’impennaggio ha dovuto subire un veloce intervento volto ad allungarne leggermente l’altezza poiché più corto di circa 1 mm rispetto alla superficie mobile di comando. L’operazione è stata eseguita incollando un tassello di Plasticard alla sommità, in seguito levigato e adattato con carta abrasiva.

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Le ali:

Per un appassionato l’ala dello Spitfire può essere, addirittura, paragonata a una qualsiasi opera d’arte scolpita da Michelangelo o dipinta da Raffaello! La sua forma ellittica elegante e affilata è rimasta pressoché invariata per tutta la produzione del caccia inglese, ma più volte fu cambiato il tipo di armamento che essa poteva portare sviluppando tantissime sotto varianti tra cui non sempre è facile districarsi. Riferendomi specificamente agli esemplari impiegati dall’A.M.I., il materiale bellico fornito dalla RAF presentava caratteristiche alquanto eterogenee per cui i velivoli immessi in linea di volo avevano peculiarità molto diverse tra loro. Si può affermare, però, che l’ala più diffusa tra gli Spit italici era quella di “tipo C“ che si caratterizzava per l’installazione di un cannone Hispano-Suiza da 20 mm (sistemato nel vano interno o esterno indifferentemente), e due mitragliatrici Browning da 12,7 mm montate in posizione più esterna verso la tip alare.

Il velivolo da me preso da riferimento per la riproduzione in scala (l’MK227) presentava un’ala “C”, ma con cannone e relativa bugna del portellone del vano armi in posizione esterna. Di fatto i pezzi già contenuti nel kit non sono idonei perché relativi a un’ala “C” classica, e devono essere sostituiti con quelli prodotti dalla Ultracast e ideati per un’ala di tipo “E”; in questo caso posso dire che non tutti i mali vengono per nuocere, poiché gli accessori in resina hanno una forma della carenatura aerodinamica molto ben fatta e più realistica – di sicuro migliori rispetto ai pezzi forniti nel kit.

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All’interno dello scasso già previsto sul dorso alare, ho incollato delle sottili striscioline di Plasticard allo scopo di livellare al meglio i portelloni ed evitare un utilizzo eccessivo di stucco e carta vetro che avrebbe irrimediabilmente compromesso il bel dettaglio di superficie in fine negativo.

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Altra lavorazione da eseguire riguarda la completa asportazione delle bugne stampate in corrispondenza del vano carrelli e del portellino a copertura della gun bay da 12,7 mm: queste, infatti, erano caratteristiche della versione Mk.XVI che utilizzava gli pneumatici di misura maggiorata. Per l’eliminazione della plastica in eccesso ho utilizzato una fresa a testa piatta e tanta attenzione; una veloce carteggiatura con carta grana 800 e 1500, e un’attenta lucidatura con il Tamiya Compound grana “Course” ha completato l’operazione.

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L’unione delle due valve che compongono le ali non ha creato particolari difficoltà, ma il loro bordo d’uscita andrebbe assottigliato poiché esso è un po’ troppo spesso per la scala del modello. Stessa cosa non si può dire per il montaggio delle tip alari standard che soffrono di un leggero sovradimensionamento e sono difficoltose da allineare correttamente. Prima di spostare le mie attenzioni sulla fusoliera ho provveduto a chiudere il foro d’uscita dei bossoli nella parte inferiore dell’ala; ovviamente è da eliminare quello più interno – vicino alla fusoliera – perché non utilizzato. Personalmente ho impiegato una striscietta di nastro Tamiya tagliata a misura che, oltre a simulare perfettamente il lamierino, è già adesiva e può essere subito collocata in posizione senza sforzi.

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Unione ali-fusoliera.

L’unione del complesso alare con la fusoliera è stata, senza dubbio, l’operazione più complicata di tutta la fase del montaggio. Il fatto che la carlinga fosse stampata in resina, poi, l’ha resa molto meno rigida e più propensa a deformarsi nella zona del raccordo Karman, di fatto quella che andrà a raccordarsi con il dorso dell’ala. Proprio per questa ragione ho deciso di “allargarla” e renderla più rigida inserendo un tassello di Plasticard da un millimetro in questo punto strategico:

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Ecco l’entità delle fessure prima dell’intervento….

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E dopo.

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Le prove a secco per il corretto allineamento dei blocchi costruttivi sono state decine, volte soprattutto a trovare il giusto posizionamento ed evitare la formazione di scalini che mi avrebbero costretto a un distruttivo lavoro di carteggiatura. In quest’ottica si è reso necessario lo spessoramento delle aree indicate dalle frecce rosse nella fotografie sottostante; allo scopo ho utilizzato delle strisce ricavate da vecchie tessere telefoniche incollate con del ciano acrilico.

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Viceversa, i due rialzi sagomati contrassegnati dalle frecce di colore blu sono stati limati e abbassati mediante l’uso della solita fresa levigatrice montata sul trapanino elettrico.

Sempre grazie alle prove fatte mi sono reso conto che la parte inferiore dell’ala, quella che s’innesta all’interno della fusoliera subito dietro all’abitacolo, è più lunga di circa due millimetri (di sicuro l’inconveniente è dovuto al nuovo arrangiamento dimensionale del set Loon Models).Quindi, per permettergli di incastrarsi a dovere, ho asportato un po’ di materiale plastico come da foto qui sotto:

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Dopo aver inserito il cruscotto e il pavimento dell’abitacolo, tralasciati in fase di unione delle semi fusoliere per maggiore praticità, ho rifilato ulteriormente i bordi qui sotto evidenziati per affinare ancor di più gli incastri.

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Nonostante la grande attenzione posta, l’uso di un riempitivo per pareggiare le fessure sarà comunque obbligatorio. Nel mio caso ho preferito l’Attack poiché lungo le giunzioni corrono molte pannellature che andranno ripristinate. Il collante, in questo senso, è ottimo poiché una volta asciutto e levigato ha una consistenza ideale per poter re incidere i dettagli andati perduti. Una generosa lucidatura avvenuta con carta abrasiva 2000 e il Tamiya Compound ha completato l’opera.

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Spostando le mie attenzione nella parte inferiore del modello, sull’innesto ala/fusoliera in precedenza citato ho dovuto ricostruire dei particolari andati persi a causa della carteggiatura. In pratica ho ricostruito i correntini di rinforzo della struttura con striscioline di nastro Tamiya tagliate a misura, mentre le placche di sostegno del Karman sono ricavate da nastro d’alluminio adesivo (di quelli che si usano in idraulica) sagomato con un bisturi molto affilato direttamente sulla superficie del modello.

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Un altro procedimento che ha richiesto una buona dose di concentrazione è stato l’assemblaggio della cofanatura inferiore del motore con il muso. Il pezzo in resina della Ultracast è ben fatto ma leggermente surdimensionato per il relativo alloggio; un’abbondante carteggiatura si è resa necessaria per riportare il cofano alle giuste dimensioni, ma questo ha fatto si che tutto il dettaglio di superficie fosse completamente cancellato. Oltre a dover reincidere la pannellatura che divide i due portelloni (che passa anche su profili tondeggianti e complicati da cesellare), l’ostacolo più ostico da superare sono, paradossalmente, quelle piccole “asole” di forma circolare in cui passano i bulloni che bloccano i pannelli al castello motore. Dopo vari tentativi non soddisfacenti, ho trovato la soluzione tagliando un pezzo di ago ipodermico di una comune siringa (dal diametro pressoché identico) e rifinendo il taglio in modo che la sezione fosse più precisa possibile; di seguito ho montato l’ago sul mandrino del mio trapano elettrico e l’ho utilizzato come una “dima” che, ruotando, ha inciso quasi perfettamente i segni sulla resina.

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Montaggio finale:

La fase finale del montaggio è stata aperta dai piani di coda della ditta canadese Ultracast. Belli e pratici, nel momento in cui si avvicinano alla fusoliera per le prove a secco di rito ci si accorge che il loro spessore è maggiore rispetto alla loro sede. Per raccordare i pezzi ho deciso di carteggiarne solo leggermente la superficie per evitare la creazione di visibili avvallamenti nella zona della congiunzione. Inoltre, nel set in mio possesso ho incontrato parecchi problemi di bolle d’aria “intrappolate” immediatamente sotto la superficie esterna dei piani e che, purtroppo, sono riaffiorate dopo poche passate di materiale abrasivo. Per chiudere i micro pori ho utilizzato il Mr. Surfacer 500 della Gunze che ha svolto il suo compito in maniera ottimale.

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Nell’accessorio della CMK dedicato all’abitacolo sono presenti anche parabrezza, canopy e cupolino fisso realizzati in Vacuform. I primi due (dalla buona trasparenza) sono stati “liberati” dagli eccessi di acetato e adattati sul modello; la parte fissa, purtroppo, è troppo sovra dimensionata e al suo posto è preferibile utilizzare il pezzo originale del kit. Prima di essere incollati in posizione (con l’Attack), i trasparenti sono stati immersi nella solita Future che ha contribuito a dargli maggiore brillantezza; una volta asciutta la cera, gli stessi sono stati mascherati per verniciare la parte interna dei frames con il medesimo colore utilizzato per il cockpit. Inoltre, in accordo con la documentazione, ho riprodotto anche un longherone di rinforzo alle spalle della piastra blindata del seggiolino (con del Plasticard sottile) e il sistema di ritenzione delle cinture di sicurezza (con un pezzo di nastro Tamiya).

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Quello che vedete qui sotto è il risultato finale dopo la stuccatura delle parti eseguita con il Basic Putty Tamiya e l’aggiunta delle due piastre d rinforzo sagomate (presenti alla base del windshield) ottenute tagliando il nastro adesivo d’alluminio citato qualche riga sopra.

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A ridosso del cupolino c’era la basetta in bachelite isolante per l’antenna radio: dopo aver eliminato il dettaglio stampato direttamente sulla fusoliera perché poco realistico e dimensionalmente errato, la stessa è stata ricostruita sagomando un pezzo di una vecchia fotoincisione.

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L’ultimo intervento ha riguardato i bellissimi cannoncini e coperture aerodinamiche tornite della Master. Come prima cosa bisogna eliminare l’incamiciatura in plastica già stampata sul bordo d’attacco della deriva e allargare i fori mediante una punta da 2 millimetri. Fatto questa non resta che inserire i pezzi in ottone nei loro scassi, fissarli con Attack, e raccordare il tutto con del Milliput. All’uopo potrete utilizzare anche uno stucco monocomponente qualsiasi, ma probabilmente saranno necessarie più applicazioni del prodotto.

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A questo punto il modello è pronto per una mano di Mr.Surfacer 1000. Non sono solito stendere il primer sui miei modelli, ma questa volta il suo utilizzo si è reso necessario sia per controllare la corretta esecuzione delle tante stuccature, sia per uniformare le diverse finiture delle superfici in plastica e in resina (più porosa) e dare all’insieme un aspetto più omogeneo.

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Verniciatura e invecchiamento:

Dopo un montaggio che, di certo, non posso definire rilassante… finalmente si arriva alla fase più divertente: la verniciatura.

Gli Spitfire ceduti all’AMI erano tutti molto usurati e giunsero in Italia con parecchie ore di volo già effettuate nei teatri bellici della WWII. Fu solo grazie all’impegno e alla dedizione dei nostri specialisti che fu possibile mettere frettolosamente in linea di volo un buon numero di velivoli e ridurre l’atavica carenza di macchine che, troppo spesso, costringeva i nostri piloti a terra.  Ovviamente non si poterono revisionare e riverniciare le cellule, per cui si cancellarono le precedenti insegne della RAF in maniera approssimativa e utilizzando le vernici che erano disponibili sul campo. Osservando le rare foto scattate all’epoca si nota, infatti, come le mimetiche erano molto “rattoppate” e, nelle zone più soggette al calpestio (come ad esempio il raccordo alare), scrostate e consumate. Stesso effetto si vede anche sui bordi d’attacco delle ali che erano investiti da sassi e detriti sollevati da terra dal disco dell’elica.

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Per riprodurre in scala questo particolare tipo di usura mi sono avvalso della “tecnica del sale” o “salt chipping effect”. Evito di entrare nei dettagli per non dilungarmi troppo, ma chiunque fosse interessato ad apprendere questa tecnica modellistica è invitato a visionare questo VIDEO TUTORIAL di Modeling Time appositamente creato.

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Venendo al camouflage del mio Spitfire, di seguito troverete i colori utilizzati in ordine di stesura:

  • Medium Sea Grey – F.S. 36270 – Gunze H-306 leggermente schiarito con del bianco per le superfici inferiori.
  • Ocean Grey – F.S. 36152 – 60 gocce di XF-66 Tamiya, 50 gocce di XF-54 Tamiya e 30 gocce di Grigio chiaro F.S. 36440 (Gunze H-325).
  • Dark Green – F.S. 34079 – Tamiya XF-81.

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Ammetto di essere stato un ingenuo credendo di trovare la miglior corrispondenza per le vernici da utilizzare in modo semplice…. In fondo lo Spitifire è uno dei velivoli modellisticamente più riprodotti, no? Bene, mi sono dovuto ricredere immediatamente! La questione sull’esatta tonalità dell’Ocean Grey si dibatte da anni tra gli appassionati ma, a quanto pare, una risposta precisa al problema non si è ancora trovata…

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Per farla breve, in commercio esiste una tinta pronta all’uso prodotta dalla Tamiya (l’XF-82) ma essa è troppo scura e tendente al blu. Alla fine ho preferito ricreare il colore partendo da una base di XF-66 Tamiya miscelato con l’XF-54 della stessa ditta; il tutto è stato, poi, schiarito con del grigio chiaro. Quest’ultima, come del resto tutte le altre tinte della mimetica, sono state solo la base iniziale su cui poi applicare vari strati di post shading e ricreare il grado d’invecchiamento che potete vedere nelle foto del lavoro completo.

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Per la fascia in fusoliera ho utilizzato l’XF-21 Sky della Tamiya; la tonalità è pressoché corretta ma è meglio desaturarla con qualche goccia di bianco opaco anche in questo caso. L’ogiva, invece, è verniciata in Blu Scuro Humbrol 104 eccezion fatta per il piatto dell’elica in bianco opaco. Le gambe di forza del carrello, completate con dei fili di frenatura riprodotti con del rame sottile, sono in White Alluminium dell’ALCLAD.

Le toppe in tela che coprivano le volate delle armi da 12,7 millimetri le ho realizzato tagliando a dovere, ancora una volta, il nastro Kabuki della Tamiya. Una volta verniciate in Insigna Red F.S. 11136, le ho applicare sfruttando il loro potere adesivo.

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L’ultima nota riguarda le obliterazioni delle vecchie insegne già citate qualche riga sopra. Partendo dalle dimensioni ricavate dalla decalcomania di una coccarda inglese, ho ritagliato un cartoncino alla giusta misura e l’ho appoggiato sulle superfici avvalendomi di alcuni “salsicciotti” di Patafix per farlo rimanere in posizione e distanziarlo a dovere. Per eseguire le cancellature ho scelto un grigio chiaro F.S. 36375, mentre per quelle relative allo stemma di reparto apposto su entrambe le cofanature motore ho optato per il J.A. Green XF-13 Tamiya. Stesso colore l’ho usato per sovra verniciare anche le caratteristiche “Fin Flash” albioniche sulla deriva.

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Decal:

La posa delle decal ha rappresentato, per me, un momento importante e di forte emozione. Non capita tutti i giorni di poter terminare un modello con un accessorio da te stesso ideato e prodotto. Non starò qui a specificare la bontà del mio prodotto… ovviamente sarei troppo di parte! Spero, invece, che sarete direttamente voi a testarne la qualità. Ovviamente, prima di posizionare le decal, è importante preparare il fondo con almeno quattro mani di trasparente lucido della Gunze molto diluito. La superficie liscia ha aiutato anche la stesura dei lavaggi; i colori da me scelti sono stati tre:

  • Grigio scuro sull’Ocean Grey (una nocciolina di Nero d’Avorio con la punta di uno stuzzicadenti imbevuta di Bianco di Marte).
  • Bruno Van Dyck sul verde.
  • Grigio medio per le superfici inferiori (stessa miscela utilizzata in precedenza leggermente schiarita con del Bianco di Marte).

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Ultimi dettagli:

E, finalmente, si giunge alla fase finale. Gli pneumatici in resina sono stati separati dalla base di stampa e verniciati in Tyre Black Gunze H-77 Ho aggiunto anche due tacche rosse che, nella realtà, avevano lo scopo di controllare un eventuale scorrimento dello pneumatico rispetto al cerchione (in White Alluminium ALCLAD).

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Il colore dei fumi di scarico è stato un bel dilemma che mi ha portato via parecchio tempo in ricerche e controllo della documentazione. Tutte le immagini oggi disponibili riguardanti gli Spit italiani sono in Bianco/Nero, quindi rimane molto difficile interpretare la tonalità che assumeva l’exhaust smoke; quello che s’intuisce è che esso era sicuramente molto chiaro, con molta probabilità tendente al marroncino, e investiva un’area molto vasta ai lati della fusoliera (di certo gli specialisti non perdevano molto tempo per lavare e ripulire i velivoli impegnati nel conflitto contro l’Egitto!).

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I Merlin montati sugli esemplari AMI erano motori con parecchie ore di volo e molto sfruttati. E’ molto plausibile, quindi, pensare che i cilindri presentassero un consumo delle fascette raschia olio elevato; senza entrare troppo nel merito, tecnicamente queste fascette hanno la medesima funzione che svolgono anche nei motori delle nostre macchine, ossia raschiare via l’olio che lubrifica la camera del cilindro ed evitare che esso sia poi risucchiato dagli scarichi ed espulso attraverso gli scarichi.

In definitiva, il colore giallastro/marroncino (da me riprodotto schiarendo con varie percentuali di bianco il Tan Gunze H-310) era dovuto dalla quantità (variabile) di lubrificante che trafilava nella camera di combustione e veniva poi volatilizzata dagli scarichi.

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Il traliccio dell’antenna originale, seppur corretto nelle forme, è un po’ fuori scala e ho preferito sostituirlo con un bellissimo aftermarket della Quickboost (codice QB48319).

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Il ruotino di coda fornito dalla Revell necessita di essere accorciato di almeno un millimetro abbondante poiché, con la sua eccessiva altezza, non fa assumere al modello il giusto assetto.

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Lo specchietto retrovisore (del tipo tondo) del kit, enorme rispetto alle proporzioni del modello, è stato scartato e sostituito da uno in fotoincisione della Eduard (tratto dal set 48409). La carenatura aerodinamica “bombata” nel retro dello specchio l’ho riprodotta con una goccia di Kristal Kleer. Un’ultima mano di opaco (Flat Clear XF-86 Tamiya) stesa su tutto il modello, l’aggiunta del tettuccio rigorosamente in posizione aperta, delle superfici mobili dei piani di coda hanno decretato la fine del mio lungo e, lo ammetto, faticoso lavoro.

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In conclusione, non saprei descrivervi la gioia che ho provato nel vedere le mie decalcomanie sul mio Spitfire finito e pronto per essere esposto in vetrina. E’ stato un modello impegnativo sotto tanti punti di vista…. ma, alla fine, ha saputo ripagare le mie fatiche donandomi una grande soddisfazione!

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Buon modellismo a tutti!

Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

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6 Comments

  1. […] La mia intenzione iniziale era di riprodurre un esemplare inglese così come proposto sulla box art.  Poi, però, spinto dai ragazzi della community, ho tirato fuori dal cassetto le decal Modeling Time Production dedicate agli Spit tricolori, orientando la mia scelta su un esemplare mimetico. Pronto sul nastro di partenza con colla e colori in mano, Il buon Valerio Starfighter84 ha interrotto i miei sogni di gloria facendomi notare che lo stampo Eduard per la variante Mk. IX “late” non è, purtroppo, adatto a riprodurre uno tra gli esemplari mimetici proposti nel foglio decalcomanie sopra citato (già oggetto di un articolo apparso su queste pagine. CLICCATE QUI!). […]

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