giovedì, Aprile 18, 2024

Recon Voodoo – RF-101B dal kit Monogram in scala 1/48.

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Se chiedete a un qualsiasi modellista di trovare un aggettivo per i mitici kit “Century Series” della Monogram, probabilmente questo vi risponderà che ancora oggi sono delle opere d’arte. Se poi pensiamo che sta divenendo sempre più difficile reperirli in commercio, il loro valore cresce ancor di più. Aggiungo che con questa serie la Monogram ha fatto felici milioni di appassionati (me in prima persona), riproducendo una stirpe di velivoli purosangue che da sempre fa sognare chi degli aerei e del volo fa il suo pane quotidiano. La scatola di montaggio che vi propongo in queste pagine risale circa al 1985/86, ci troviamo di fronte ad un modello che ha più di venti anni di vita! Ma aprendo la confezione si rimane ancora stupiti per la qualità di stampa e del dettaglio di superficie, anche se, quest’ultimo è realizzato completamente in positivo. Non avendo alcuna intenzione di reincidere tutto l’aereo (un po’ per mia pigrizia e un po’ per le sue generose dimensioni), ho preferito lasciare tutto così com’è e risaltare le pannellature in fase di verniciatura come v’illustrerò in seguito.

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Iniziando al solito dal cockpit, quello originale sorprende per l’elevata qualità di riproduzione che eviterebbe di sicuro il ricorso ad un aftermarket ma colto dal mio solito attacco compulsivo ho preferito acquistare l’ottimo set in resina della Black Box codice 48011. In effetti, esso è studiato per la versione da intercettazione biposto, ma può essere benissimo adattato anche alla variante Recce grazie alle trascurabili differenze dei due abitacoli; ad ogni modo il set è composto di circa ventidue bellissime parti, e con un minimo di pazienza e qualche colpo di lima lo si riesce ad adattare bene nel suo alloggiamento. Tutto il cockpit è stato verniciato il Gray FS 36231 (nel mio caso ho utilizzato l’XF-54 Tamiya) ad eccezione delle consolle e dei quadranti degli strumenti dei pannelli in Tyre Black H-77 per ricreare il giusto effetto scala della tinta. I seggiolini McD.D. Weber forniti sono delle vere chicche, e necessitano solamente di essere verniciati con il già citato XF-54 (ad eccezione dei cuscini in Green FS 34092, poggiatesta in Red FS 31136 e maniglie di espulsione in giallo) e di ricevere un abbondante dry brushing in grigio chiaro per esaltare dettagli e le cinture di sicurezza già pre-stampate. L’operazione del pennello a secco è stata eseguita anche su tutto il resto del “pilot’s office” per evidenziare i vari bottoncini delle consolle laterali e altri piccoli particolari, terminando poi la finitura con un lavaggio a olio di un misto di Bruno Van Dyck e nero. La soluzione di inserire la cabina dal basso agevola notevolmente il posizionamento del blocco di resina che, una volta unite le due semifusoliere, può essere subito stuccato per eliminare gli inevitabili gap. Il musetto fotografico è fornito separato, ed è stato riempito di piombi da pesca prima della congiunzione per evitare che il modello ultimato si sedesse sulla coda. Molto eleganti i tubi di convogliamento delle prese d’aria che vanno inseriti all’interno del complesso alare, scelta tecnica della ditta di Morton Grove che sottolinea ancora una volta quanta cura fu dedicata a questo kit.

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A conti fatti il montaggio è più che “onesto” con uso dello stucco limitato solo alle vistose giunzioni ala-fusoliera… con grande sollievo da parte mia per lo scampato il pericolo di dover carteggiare e rovinare i pannelli in positivo! Nota dolente sono gli scarichi dei due Pratt & Whitney J-57 che, essendo divisi longitudinalmente in due valve, non ne vogliono proprio sapere di assumere la corretta forma tondeggiante; anche qui il problema è stato superato con tanta pazienza ed uso abbondante di carta abrasiva. Ho poi provveduto a particolareggiare il vano del faro posto sotto il lato sinistro dell’abitacolo posteriore, e lucidare il vetrino per renderlo più limpido possibile. Questa Spot Light (inizialmente montata sulla versione da caccia) era utilizzata per l’illuminazione dei bersagli durante le intercettazioni visuali notturne, ma fu mantenuta anche dopo la conversione degli esemplari dalla versione F alla RF. Il Tubo di Pinot originale è stato scartato prontamente (decisamente tozzo e sovradimensionato), e sostituito con un ago ipodermico di una siringa cui ho aggiunto il terminale della sonda ricavato da un pezzettino di rod tondo. La fase di assemblaggio si è conclusa con il posizionamento del parabrezza che non ha avuto bisogno di stucco ma solo di una leggera lisciatura, e con un lavaggio approfondito del modello per eliminare residui di lavorazione e prepararlo alla verniciatura.

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Per quest’ultima ho deciso di realizzare tutto “da scatola” non avendo sotto mano uno dei tanti fogli decal aggiuntivi che si trovano oggi in commercio. L’unica possibilità proposta dalla Monogram si riferisce a uno dei ventidue RF-101B inviati al 192nd Tactical Reconnaissance Squadron di base a Reno (Nevada Air National Guard), ma che fu anche rischierato in Vietnam tra il 1968 e il 1969 per supplire alle gravi perdite subite dalla variante monoposto RF-101C. La livrea era quella classica denominata SEA (Sud East Asia) composta da Light Gray FS 36222 (Aeromaster 1058) per le superfici inferiori, da Tan FS 30219 (Aeromaster 1059), Medium Green FS 34102 (Aeromaster 1061) e Dark Green FS 34079 (Aeromaster 1060) per le superfici superiori. I contorni tra i vari toni sono leggermente sfumati, ed ho quindi steso i colori direttamente a mano libera avendo l’accortezza di diluirli molto e di utilizzare una pressione dell’aerografo molto bassa. Per riprodurre l’andamento ondulato tra la separazione del grigio delle superfici inferiori e i vari colori delle superfici superiori, ho modellato un sottile “salsicciotto” di UHU Patafix che ho fatto aderire direttamente al modello lasciando il bordo leggermente rialzato per non dare uno stacco troppo netto. Quello del Patafix è un metodo semplice e sicuro poiché la sostanza si scolla senza problemi, non lascia residui e non intacca le vernici.

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I pozzetti dei carrelli sono in Interior Green FS 34151, mentre l’interno dei flap, degli aerofreni e dei portelloni sono nel classico Insigna Red FS 31136. Il cono del radome è invece in Nero, reso lucido per simulare la sostanza dielettrica con cui veniva ricoperta questa zona dell’aereo. Il weathering ha avuto inizio con l’uso del mix di Bruno Van Dyck e Nero passati su tutto il modello: questa volta però i colori ad olio sono stati poco allungati in modo da mantenere una consistenza più carica e mettere in risalto le pannellature in positivo. Ovviamente saranno necessarie più applicazioni per raggiungere il risultato desiderato. Terminato il washing i colori saranno molto più scuri dell’originale, aiutando non poco l’effetto del successivo post-shading attuato con le vernici di base schiarite con varie gocce di bianco e grigio. Anche in questo caso mano ferma e pressione bassa permetteranno di ripassare l’interno dei pannelli accrescendo l’usura del velivolo. Non contento, ho poi utilizzato un grigio molto scuro estremamente diluito per spruzzare un velo sulle linee in rilievo e accentuarne la tridimensionalità.

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Passiamo ora agli scarichi che sono stati dipinti con il classico Alluminio 11 Humbrol e invecchiati con varie mani di grigio scuro e nero per ricreare la cottura del titanio dovute alle alte temperature di esercizio. A questo punto uno strato sottile di future ha preparato il fondo per le vetuste ma ancora valide decalcomanie, che però presentano una finitura lucidissima e un film eccessivamente abbondante. Andranno quindi ritagliate per eliminare il rischio di silvering, e trattate con i liquidi Micro Scale per assicurare un’adesione duratura. Un’abbondante passata di trasparente opaco ha sigillato il tutto ed ha eliminato la patina lucida delle insegne. Piccola precisazione: le coccarde di nazionalità sono state sostituite con altre simili provenienti dal provvidenziale magazzino spare parts, poiché quelle in dotazione sono fuori centro e di dimensioni poco azzeccate.

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Un discorso a se meritano i carrelli che sono belli quanto fragili! La ditta americana ha dettagliato in maniera egregia le gambe di forza completandole con tubazioni idrauliche e vari cinematismi, ma la plastica con cui sono fabbricate non è molto dura rendendo il complesso poco propenso al sorreggere il peso di un modello di 40 cm! D’altro canto questo è quello che passa il convento… una volta terminato sarà meglio non spostarlo troppo dalla vetrina. La loro colorazione è completamente in alluminio, tranne gli pneumatici nel classico Tyre Black H-77 Gunze lumeggiato con una sbuffata di grigio più chiaro sul battistrada. Il materiale isolante giallo attorno ai frems è riprodotto mediante l’utilizzo di un nastro da disegnatori (di colore nero ma verniciato preventivamente in giallo) reperibile nei negozi di belle arti, che è modellabile e può essere anche curvato.

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Giusto il tempo di installare le luci di posizione trasparenti dietro al tettuccio, di collocare i vari pitot e antenne a lama, e incollare i flap e gli aerofreni in posizione aperta (configurazione usuale a terra dovuta alla perdita di pressione nell’impianto idraulico) e il mio Recon Voodoo è pronto per fare bella figura nella mia collezione. Un saluto… Alberto Borzellino.

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