giovedì, Aprile 25, 2024

F-16C “Barak” Heyl Ha’Avir – dal kit Kinetic in Scala 1/48

Il “Fighting Falcon” è da sempre tra i miei velivoli preferiti, con quelle forme così caratteristiche, le numerose versioni e le tantissime livree, uno dei progetti più longevi della storia Aeronautica.

Il Group Build 2015, dedicato alle forze di difesa israeliane, è stata un’occasione perfetta per realizzare uno degli esemplari più belli ad oggi ancora in circolazione: un F-16 C Barak!

Il soggetto appartiene allo storico 101 “First Fighter Squadron” identificato dal grosso teschio alato sulla deriva e costituito appena sei giorni dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele nel 1948.

Qui il WIP completo!

Qui la gallery completa!

Kit di montaggio.

La scatola di montaggio utilizzata per questo progetto è la Kinetic K48012 nella scala del quarto di pollice. Essa è composta di dieci stampate in stirene grigio di cui una buona parte dedicata agli armamenti, più due per i trasparenti.  Inoltre spiccano alcune stampate di colore più scuro rispetto alle altre: Il motivo risiede nella strategia della ditta di Hong Kong di produrre uno stampo base comune a tutti le versioni e di aggiungere, di volta in volta, le parti specifiche in base alla variante proposta.

Di fatto a fine lavoro vi ritroverete tanti pezzi “spare” che non andranno assolutamente buttati! Anzi, custoditi gelosamente per qualche altro progetto futuro. La plastica utilizzata ha un aspetto rugoso, le linee di pannello in molti punti sono troppo profonde in relazione alla scala e la precisione degli incastri non è delle migliori (anche se, c’è da dire, Kinetic ha fatto grandi passi in avanti da quando mise sul mercato questo articolo nel lontano 2008).

Completa il contenuto un bel foglio decal (che permette di scegliere tra quattro esemplari appartenenti al 101 “First Fighter Squadron” ed al 105 “Scorpion Squadron”) stampato dalla Cartograf, e un inserto a colori che illustra l’andamento della mimetica e la posizione delle decalcomanie.

Aftermarkets.

  • Aires 4514 – Cockpit: In realtà già da scatola il cockpit è onesto, ma non resisto al dettaglio della resina e la ditta ceca è sempre una garanzia. Purtroppo ho dovuto sostituire il sedile eiettabile con uno di altro tipo.
  • Wolfpack 48092 – Ejection Seat: Grazie alla documentazione fotografica ho notato che la maggior parte dei “Barak” montano il sedile “ACES II” nella versione aggiornata più tarda. La differenza visiva fondamentale sta nei cuscini foderati con il tessuto simile alla lana rispetto alla solita cordura in toni di verde.
  • Aires 4439 – Wheelbay: La confusione di cavi e tubazioni che solo un set resina può rappresentare. Sull’F-16 il vano carrello è praticamente una porzione a vista della fusoliera inferiore.
  • Aires 4431 – Exhaust Nozzle. Dedicato al motore GE-F110. Lo scarico fornito dal kit ha una scomposizione petalo per petalo molto laboriosa da mettere insieme. Il kit in resina fornisce senz’altro un dettaglio migliore sia interno sia esterno, e un assemblaggio decisamente più agevole.
  • Brassin 648039 – Air Brakes: Bellissimi nel loro dettaglio. Viene fornito tra le fotoincisioni anche una specie di regolo che permette di posizionare i due petali degli aerofreni con il giusto angolo di apertura. Peccato che questo angolo si riferisca alla massima apertura possibile in alcune condizioni di volo, quando invece a terra l’escursione è molto meno ampia.
  • Master 48008 – Pitot tube & AOA probes: Sono più che convinto che questi prodotti sono ormai indispensabili. Belli, robusti e precisi.
  • Royale Resin R062 – Wheels: La scatola fornisce i corretti cerchioni per il Block 40 ma quelli contenuti nel set in resina sono stampati decisamente meglio.
  • Brassin 648029 – AIM-9M/L: Praticamente un modello nel modello, sarebbero belli anche da soli. La “Brassin” ha pensato a tutto e fornisce i quattro missili insieme ai tappi dei sensori, i nastri RBF, dei piccoli telai che aiutano a posizionare le alette nella giusta posizione e un foglietto decal. Nonostante tutti questi accorgimenti non è stato comunque facile mettere assieme tutti gli elementi.
  • Skunkmodels 48001- IDF weapons set: Ho acquistato questo set per i missili Python 4 prodotti esclusivamente dalle industrie Israeliane. La qualità del materiale e del dettaglio è discutibile, di certo non all’altezza degli standard attuali. L’aftermarket fornisce anche altre tre tipologie di ordigni per il bombardamento strategico utilizzati quasi esclusivamente dall’F-16I “Sufa”.

Cockpit.

Come già anticipato qualche riga più in alto il set della Aires sarebbe stato perfetto se non avessi avuto l’esigenza di cambiare il seggiolino. Unico accorgimento importante è di eliminare dalla vasca le rotaie di scorrimento per la sua espulsione perché il prodotto della Wolfpack ha già il particolare stampato sulla struttura.

Come di consueto ho fatto numerose prove a secco e, con piacere, ho constatato che la vasca si inserisce abbastanza bene e con pochi accorgimenti. Si è comunque reso necessario eliminare tutte le parti che nella foto a seguire sono evidenziate in rosso, inoltre devono essere limate il più possibile anche le zone laterali sotto le consolle per evitare che la fusoliera si deformi.

Passo adesso alla verniciatura: Il cockpit dei Barak è quasi del tutto nero opaco allo scopo di non interferire con l’utilizzo degli NVG (Night Vision Google). Quindi, sempre in accordo con la documentazione, ho verniciato quasi tutta la vasca in NATO Black Tamiya XF-69 lasciando in Medium Grey Tamiya XF-20 il fondo vasca fino alla pedaliera. Poi i vari particolari, come tasti (alcuni in giallo e rosso), tubo dell’ossigeno e dell’anti G (in Olive Drab), manette e cloche (sempre in XF-20). Dopo un paio di mani di lucido ho effettuato dei lavaggi molto diluiti tono su tono al fine di dare maggior volume all’abitacolo.  Una leggera lumeggiatura sui punti più a vista eseguita con la tecnica del dry brush (con colori ad olio) ha di fatto concluso la prima fase della costruzione.

A questo punto non resta che fissare la vasca e tutti i relativi accessori nelle loro posizioni utilizzando parecchia colla cianacrilica e aiutandosi con i riferimenti già presi durante le prove a secco iniziali. Più avanti nel montaggio sarà necessario stuccare le fessure che si formano con la palpebra del cruscotto e, soprattutto, nella zona posteriore dove ha sede il sistema di sollevamento del canopy.

Anche il seggiolino è stato verniciato con l’XF-69, a parte alcuni dettagli quali la bombolina dell’ossigeno in verde e le varie maniglie di emergenza/sicurezza in giallo. Le cinture, sempre in accordo con la documentazione fotografica, sono in un grigio medio. Ovviamente il sedile ha ricevuto un leggero “dry-brush” sugli spigoli della struttura, invece sull’imbottitura in lana nera ho dovuto forzare un po’ i contrasti per mettere meglio in risalto il bel dettaglio del tessuto.

Montaggio.

Come già scritto all’inizio di questo articolo la Kinetic ha ingegnerizzato il suo stampo in modo tale da poter aggiungere, a una base comune, varie componenti specifiche per ogni Block costruttivo. Per questo lungo tutta la fusoliera vi sono svariati punti in cui andranno aggiunti pannelli poco precisi nelle dimensioni, e che per forza di cose necessitano di stucco e di essere, poi, reincisi.

A mio avviso le zone su cui bisogna concentrare la maggior parte delle attenzioni sono:

  • L’integrazione della presa d’aria e dei vani carrello.
  • La giunzione tra troncone posteriore e anteriore della fusoliera, subito dietro il cockpit.
  • La porzione adiacente al radome.

Presa d’aria:

Esternamente la carenatura della presa d’aria è composta solo da due valve, più il labbro della bocca da unire successivamente. Aggiunta alla restante fusoliera inferiore completa la tipica forma semi tubolare dell’aereo che corre fino all’ugello di scarico.

Internamente il condotto dell’aria è formato da più sezioni da montare e che vanno dal bordo d’attacco dell’intake fino al primo stadio del compressore. Ovviamente questa suddivisione obbliga ad un accurato lavoro di stucco e rifinitura; data la scelta di utilizzare il set in resina della Aires, sulla parte esterna del condotto andrà eliminato il pozzetto del carrello in plastica.

La wheel bay Aires del carrello principale è concepita per formare la parte superiore del condotto della presa d’aria stessa ma, probabilmente complice il fatto che il set è studiato per il modello Tamiya, il pezzo lascia una fessura di almeno un paio di millimetri rispetto al resto del “tubo”; lo si può notare chiaramente dall’immagine a seguire:

Quindi, dopo qualche ora di riflessione, ho deciso di non impantanarmi in una ricostruzione inutile e di non chiudere il gap utilizzando ingenti quantità di Plasticard e stucco. Semplicemente ho utilizzato la porzione originale del condotto stesso (che ha ovviamente delle dimensioni più corrette) eliminando il vano già stampato; in seguito ho carteggiato ed eliminato buona parte della resina dal pozzetto carrello aftermarket al fine di ridurre gli spessori ed adattarlo al resto del complesso della presa d’aria, ma non l’ho incollato subito poiché esso andrà allineato con la fusoliera inferiore.

Per rendere l’interno della presa d’aria come fosse un pezzo unico ho prima incollato le due valve utilizzando una versione più diluita del MEC (metilchetone) ottenendo un incollaggio per fusione. Successivamente ho usato sia il Mr. Surfacer 500 lungo le giunzioni, sia il Milliput White Fine per chiudere le fessure che lo stucco liquido avrebbe riempito a fatica. Dopo aver atteso la completa asciugatura dei filler ho carteggiato l’interno con carte abrasive via via sempre più fini fissandole anche su manici di vecchi pennelli per raggiungere i punti più stretti.

Per rifinire il tutto ho acquistato in ferramenta un prodotto della Max Mayer, lo smalto brillante all’acqua, utilizzato per verniciare multi-materiali. Contenuto dentro un barattolo di latta, esso ha un aspetto denso e una volta asciutto crea una sottile patina quasi gommosa che si può rimuovere facilmente. È già di colore bianco, autolivellante e asciuga abbastanza velocemente ma non è carteggiabile e ha una finitura finale troppo lucida per i nostri scopi (basterà opacizzare il tutto alla fine del modello).

La tecnica consiste nel riempire di vernice fino all’orlo tutta la presa d’aria sigillando temporaneamente l’estremità posteriore, e lasciandola all’interno per qualche minuto. Trascorso questo lasso di tempo si svuota l’eccesso inclinando/ruotando il pezzo più volte al fine di stendere lo strato di smalto in maniera uniforme ed evitando anti estetiche colature.  Vi consiglio di non lasciare l’intake poggiato sul tavolo da lavoro perché vi ritrovereste con la tinta tirata da un lato e grossi grumi dall’altra. La prima applicazione non copre al 100% la plastica ma già alla seconda a la copertura sarà totale e l’effetto abbastanza soddisfacente.

Per l’asciugatura totale ho atteso qualche ora e solo dopo ho inserito dentro la bocca la lama del sistema antighiaccio. Il kit la fornisce in plastica ma appare assolutamente fuori scala quindi, copiando l’idea spudoratamente dal forum di Modeling Time, ho utilizzato un pezzettino di telaietto delle fotoincisioni tagliato a misura. L’effetto è bellissimo! In ogni caso è meglio dipingerla (in nero) prima di inserirla nel condotto per non sporcare il bianco circostante.

Ultimo passo prima di sigillare il condotto è la mascheratura del labbro che dovrà essere verniciato con il grigio di base. L’operazione risulta abbastanza difficoltosa per via delle dimensioni e della curvatura dei bordi, ma anche in questo caso ci viene in aiuto il versatilissimo nastro “kabuki” che tagliato in striscioline di circa due millimetri può essere facilmente steso lungo tutta la bocca. Come supporto ho usato uno stuzzicadenti sul quale ho arrotolato la strisciolina che verrà poi srotolata con cura. Infine un pezzetto di spugna sagomata a dovere ha sigillato il tutto dal rischio di “over spray” durante le varie fasi della verniciatura.

Torniamo adesso alla carenatura esterna della presa d’aria.

Le due valve e il labbro anteriore formano un involucro attorno al condotto che per un noto errore di progettazione è troppo stretto di alcuni millimetri. Ancora una volta l’utilizzo di stucco e Plasticard è obbligatorio con la conseguente re incisione di tutti i pannelli adiacenti.

Per fortuna il pozzetto carrello si adatta alla perfezione e non ha bisogno di particolari cure.

Nella foto si possono notare alcuni riscontri triangolari su entrambi i lati della carenatura. Se non avete intenzione di montare dei nav/targeting pod sul vostro F-16 eliminateli perché sul velivolo reale non sono presenti!

Guardando la documentazione fotografica mi sono accorto che mancava qualcosa in questa zona. Infatti, nella parte anteriore della presa d’aria davanti al pozzetto carrello, c’è un bulbo che la kinetic ha totalmente omesso nelle istruzioni. Esso, per fortuna, è comunque presente nella scatola (sprue OO pezzo 4) e va inserito essendo parte integrante del sistema di Radar Warning previsto dalla speciale suite avionica israeliana.

A questo punto ho finalmente innestato il gruppo della presa d’aria in fusoliera utilizzando pochissima colla.

Anche il vano carrello posteriore “fitta” in maniera egregia, basta incollarlo saldamente usando abbondante cianacrilico. Solo l’ultimo pezzo evidenziato in foto darà qualche grattacapo perché, dovendo convivere con la parte in resina, è troppo spesso.

A dirla tutta risulta anche poco preciso nella forma, necessita di stucco e di un po’ di Plasticard.

Fusoliera:

La fusoliera superiore è formata da due grandi tronconi che si congiungono su una zona della gobba piena di pannelli, rivetti e pozzetti di ispezione. Questi si dovrebbero allineare tramite una linguetta che serve per il centraggio e che, a conti fatti, non è affatto utile perché contribuisce a formare un vistoso scalino tra le due parti. Il consiglio è quello di eliminare detto riscontro e procedere ad incollare la fusoliera gradualmente e con attenzione al fine di portare tutto a filo (ed evitare tediose carteggiature che rovinerebbero il bel dettaglio di superficie).

Radome:

Prima di dedicarmi al cono vero e proprio mi sono concentrato sulla porzione di fusoliera subito adiacente. Sempre per la già citata politica Kinetic vi sono da aggiungere tre pannelli diversi a seconda della versione; anche in questo caso la precisione degli incastri non è ottimale, come denota la foto sotto:

Invece il radome è abbastanza preciso nella forma e non occorre adattarlo al resto della fusoliera.

Tra la lista degli aftermarket ci sono anche gli AoA probe e il pitot in ottone tornito della Master. Per collocarli nelle rispettive posizioni basta praticare dei fori nei punti di alloggiamento con un trapanino a mano, e poi fissarli con la colla cianacrilica. Personalmente, dopo aver bucato la plastica, ho messo da parte i pezzi in metallo per inserirli in momenti migliori in cui si maneggia meno il modello e le parti fragili sono meno soggette a rotture.

Grazie alla documentazione ho notato che la kinetic ha riprodotto solo in parte gli scaricatori per la dispersione dell’elettricità statica presenti lungo il radome. Per ricreare i mancanti ho utilizzato del comunissimo filo da pesca trasparente da 0.16mm fissato alla plastica con la colla liquida Extra Thin Cement della Tamiya. Una volta asciutti è bastata una leggera passata di carta abrasiva lungo i lati dei fili per eliminare i residui di collante. Altri particolari da cancellare sono le pannellature a forma di rombo stampate attorno i sensori dell’angolo d’attacco (AoA): queste in realtà non esistono è la forma che spesso si vede sui velivoli reali altro non è che il segno dei tappi che coprono le sonde (questo dettaglio ha evidentemente tratto in inganno i tecnici della ditta di Hong Kong).

Il resto dell’assemblaggio fila abbastanza liscio, con poco stucco e qualche inevitabile re incisione.

La deriva con la sua base, a condizione di fare qualche prova a secco, va al proprio posto senza problemi.

A proposito della base: anch’essa è differente da versione a versione, quindi scegliete bene i pezzi con documentazione alla mano.

Per l’appunto ho aggiunto un particolare che la Kinetic ha omesso, un piccolo air scoop per il raffreddamento avionico istallato nella parte finale della spina. Riprodotto con del semplice lamierino di rame e modellato tramite l’uso di uno stuzzicadenti, è stato fissato e stuccato con la solita cianacrilica.

Per completare la fusoliera nella sua interezza manca la sezione cilindrica che fa parte della gondola motore, subito adiacente ai petali dell’ugello di scarico. Purtroppo essa risulta, nel diametro, più grande e crea un fastidioso dislivello che ho ridotto carteggiando con grane abbastanza grossolane dopo aver incollato l’anello nel suo alloggiamento.

Poco distanti da questa zona ci sono, su entrambi i lati, le flood light circolari che sono più grandi dei pezzi in sprue trasparente forniti nel kit; giocoforza questi andranno stuccati. Il mio consiglio è di usare della colla cianacrilica che è trasparente e una volta asciutta è perfettamente carteggiabile. Poi basta usare delle comunissime dime per modellismo per reincidere la forma circolare delle luci.

Air brakes:

Sulla qualità del set Brassin non si discute, però ho incontrato non poche difficoltà al momento di posizionarli poichè i pezzi risultano sovradimensionati (problematica riconducibile, sicuramente, al fatto che l’accessorio è ideato per il kit Tamiya).

Dopo aver studiato le superfici mobili sono giunto alla conclusione che per adattarle alla loro nuova sede non potevo far altro che eliminare gran parte della resina. Le frecce indicano i punti più importanti dove intervenire, in più va limato lo spessore ai lati (di cui la parte più interna è una superficie curva). Inoltre una delle frecce evidenzia la parte finale (bombata) della bugna a copertura all’attuatore che aziona gli aerofreni; deve essere necessariamente ridotta per assumere le dimensioni simili al resto della forma stampata sul resto della fusoliera.

Dopo aver sistemato la parte fissa non bisogna dimenticarsi che anche le quattro superfici mobili devono essere adattate facendo delle prove a secco e limando i lati lunghi finché il risultato non soddisfa.

Concludendo, l’ultima foto mostra le angolazioni corrette (o meglio il più possibile corrette) degli air brake. Ovviamente il confronto è stato fatto visionando decine di foto, che per fortuna dei modellisti, sono parecchie per questo particolare.

Come già anticipato all’inizio dell’articolo fate attenzione alla apertura massima delle superfici aerodinamiche! la Brassin fornisce delle dime di riferimento per posizionarle ma seguendo il template si ottiene un angolo troppo elevato che è raggiunto solo in certe condizioni di volo. Quando i carrelli sono estratti l’avionica riduce di qualche grado l’escursione per evitare che gli aerofreni tocchino la pista.

Exhaust nozzle:

Lo scarico originale è stato sostituito dalla bellissima controparte in resina, pronta per essere assemblata e verniciata.

Il condotto interno è formato dalla girante della turbina e dalla corona del post bruciatore. Una volta dipinto l’assieme va incollato prima di chiudere la parte posteriore della fusoliera. I petali, invece, si possono incollare anche alla fine della verniciatura del modello.

Canopy.

I tettucci dei Barak hanno il caratteristico rivestimento anti UV e radiazioni color fumé che non è fornito nelle stampate del kit. Quindi ho dovuto tingerlo personalmente utilizzando il metodo che vi descrivo qui sotto:

Occorrente:

  • Cera lucida “Future”
  • Inchiostri da china con pigmenti idrosolubili e permanenti Windsor & Newton – colori Canary Yellow (come base) e Nero (per scurire).
  • Contenitori poco più grandi dei pezzi che si devono immergere.
  • Contagocce o siringa.
  • Fonte di calore.
  • Pazienza, molta pazienza!

Procedimento:

Preparare il canopy, o qualsiasi altro trasparente da tingere, lucidandolo il più possibile ed eliminando la linea di stampa centrale.

La parte difficile sta nel trovare la giusta proporzione tra cera e inchiostro. Nelle varie prove mi sono accorto che i prodotto Windsor & Newton, essendo idrosolubili, raggiunta la saturazione della soluzione precipitano e si depositano sul fondo del contenitore.

All’atto pratico se l’inchiostro è poco, sul trasparente si formeranno delle chiazze colorate e il resto delle superfici resta come in origine (effetto maculato). Se è troppo in fase di asciugatura si formeranno zone in cui si accumula in eccesso, per gravita soprattutto in basso e negli spigoli alla base dei frame. Consiglio di preparare i mix in boccette piccole e fare diverse prove annotando le percentuali dell’uno e dell’altro componente; quando sarete soddisfatti del risultato aumenterete in proporzione le quantità andando a colpo sicuro verso il risultato finale. Inchiostri e cera hanno il loro costo non proprio irrisorio, quindi meglio risparmiarli il più possibile!

Comunque, in definitiva, il rapporto tra cera e pigmenti è di circa 1:6. Il Canary Yellow ha un tono troppo chiaro e deve essere scurito col nero, ma attenzione! bastano pochissime gocce, quindi non esagerate.

Quindi, dopo aver ricreato la tinta, colorare il trasparente è un’operazione abbastanza semplice.

Il canopy, lucidato e pulito, va completamente immerso nella soluzione e lasciato “a bagno” qualche secondo; fatto ciò si estrare con delle pinzette. Di solito si poggia il pezzo ricoperto di cera su della carta assorbente per eliminare l’eccesso ma, in seguito all’esperienza maturata, mi sono accorto che in questo modo tendono a formarsi alcune zone più sature e la copertura non è omogenea.

Per ovviare al problema ho pensato di fare asciugare immediatamente la cera utilizzando una fonte di calore come una candela (meglio ancora una piastra ad induzione): in poche parole una volta tirato fuori il trasparente dal contenitore posizionatelo sopra la candela (alla giusta distanza mi raccomando) facendolo ruotare per distribuire la Future in modo uniforme mentre questa asciuga.

Dopo qualche minuto si può poggiare il pezzo sulla carta assorbente e lasciare asciugare per parecchie ore protetto dalla polvere.

Alla fine il canopy assumerà un aspetto molto simile al vetro e sarà possibile tirarlo a piombo delicatamente con del polish per aumentarne ulteriormente la brillantezza. È anche possibile mascherarlo e verniciarlo senza alcuna controindicazione!

Non si deve fare l’errore di immergere nuovamente il pezzo nella cera perché si dissolve l’inchiostro e si otterranno solo delle macchie. In caso di errori è bene decerare e ripetere l’operazione da capo.

Il cupolino fisso è stato trattato allo stesso modo scurendo solo leggermente la tonalità. Documentazione alla mano, infatti, ho notato che i “Barak” israeliani mostrano due colori diversi tra la parte mobile e quella solidale alla fusoliera.

Piccola parentesi sul montaggio: il pezzo è sottodimensionato di circa un millimetro rispetto al suo alloggiamento. Alla fine ho preferito incollarlo a battuta sulla piccola carenatura che raccorda il vetrino al dorso della fusoliera e ridurre la resina nella parte posteriore del cockpit per riportare gli ingombri in squadro come mostrato in foto.

Verniciatura.

Con un modello pieno di difetti e modifiche come questo è stato obbligatorio controllare le stuccature e gli accoppiamenti utilizzando il Gunze Mr. Surfacer 1000 come primer (diluito almeno al 70% con diluente nitro).

Questi sono i colori che ho utilizzato per realizzare la mimetica:

  • Gunze H-308 F.S. 36375 Grigio superfici inferiori e carichi.
  • Gunze H-307 F.S. 36320 Zone RWR, “tip launchers” e dielettrici (tranne il radome).
  • Gunze H-306 F.S. 36270 Radome.
  • Gunze H-310 F.S. 30219 Tan.
  • Gunze H-313 F.S. 33531
  • Tamiya XF-21 F.S. 34424 Light Green.

Per ciò che riguarda lo scarico, le tinte sono:

  • Alclad ALC-115 Stainless Steel
  • Alclad ALC-106 White Alluminium
  • Alclad ALC-104 Pale Burnt Metal
  • Alclad ALC-118 Gold Titanium

Successivamente alla mano di primer ho applicato il pre-shading sulle superfici inferiori. A seguire ho velato tutto con mani leggere e molto diluite di H-308 fino a raggiungere un grado di copertura che lasciasse intravedere la tecnica applicata sotto.

Per le superfici superiori, invece, ho iniziato come da teoria con il colore più chiaro – il sabbia H-313. In seguito, utilizzando il fidatissimo Patafix, ho delimitato lo stacco con il verde XF-21 (secondo tono applicato). Infine ho aggiunto il Tan H-310.

Ho concluso la fusoliera verniciando le zone RWR (Radar Warning Receivers), i piloni di lancio sull’estremità alare e i dielettrici avionici in Gunze H-307.

Il radome, nonostante le pubblicazioni affermino che sia dello stesso colore dei dielettrici, si scurisce molto durante la vita operativa a causa del rivestimento in neoprene che trattiene facilmente lo sporco. Per questo motivo ho ritenuto migliore un grigio più scuro (Gunze H-306) come base per un ulteriore invecchiamento.

L’anello prima dello scarico solidale alla fusoliera dalle foto appare di un metallo molto scuro, quindi la tonalità di Alclad più appropriata a mio avviso è lo Stainless Steel.

Engine Exhaust:

Dalle foto si nota che i petali interni subiscono in modo differente lo stress termico a causa della chiusura dell’ugello di scarico che nasconde alcune zone dal flusso caldo dei gas di scarico.

Quindi, prima di tutto, ho dato un fondo bianco opaco generale e successivamente ho differenziato con del bianco di base scurito con pochissimo marrone. Dopo una mano di trasparente lucido ho eseguito dei lavaggi mirati con del grigio e del Bruno Van Dyck ad olio. Sempre la solita tonalità di grigio scuro per le parti bianche e una tonalità marrone sul resto.

I petali esterni sono stati verniciati prima con un fondo a smalto nero lucido, poi con Alclad White Alluminium e velature leggere di Gold Titanium (diluito con nitro per aumentarne la trasparenza).

Le zone di retrazione sono state accuratamente mascherate con il nastro “kabuki” e poi verniciate con nero opaco acrilico. Ancora una mano di lucido trasparente ha preparato il fondo per i washing, sempre ad olio con tonalità di marrone abbastanza scuro, che hanno messo in risalto il bel dettaglio dei pezzi in resina. A completare la lavorazione ci ha pensato il dry brush in alluminio su tutto.

Wheel bays:

Ho iniziato dando un fondo di Gunze H-21 Off White per poi continuare a dipingere i particolari seguendo le foto della documentazione.

Più precisamente del nero per i cablaggi e alluminio per tubazioni idrauliche, per altri dettagli ho usato varie tinte metallizzate.

L’unico punto di colore è la batteria in azzurro.

Per dare la giusta profondità ai vani ho applicato nuovamente i lavaggi ad olio su base trasparente: ho scelto un grigio abbastanza scuro molto diluito con il thinner Humbrol (che asciuga in tempi abbastanza rapidi). L’opaco finale è stato dato con il carrello montato anche per nascondere eventuali tracce di colla cianacrilica che lascia un anti estetico alone lucido intorno al punto di incollaggio.

 

Weathering:

All’inizio del progetto non avevo intenzione di realizzare un velivolo molto vissuto ma, guardando e osservando lo stato attuale di usura dei Barak israeliani, non ho potuto resistere e ho cercato di riprodurre quanto più fedelmente i segni più comuni di invecchiamento.

Quindi sulle superfici superiori ho riprodotto un post shading abbastanza marcato schiarendo ogni tono della mimetica con varie percentuali (circa il 30% in media) di giallo e bianco.

 

Prima di usare gli olii per mettere in risalto le pannellature in negativo del kit ho, ovviamente, preparato la base lucidando il modello con il Tamiya X-22 diluito con la nitro all’80% circa.

I toni per i washing sono stati un grigio scuro per le superfici inferiori ed un Bruno van Dick, leggermente scurito, per quelle superiori.

A questo punto, dopo aver dato un po’ di movimento alle superfici ed aver enfatizzato i dettagli, ho iniziato a lavorare su ulteriori effetti: il radome già era stato verniciato con diversi toni di grigio, spruzzati a chiazze per dare l’idea di uno scolorimento casuale del materiale. In più, utilizzando una spugnetta a trama fitta ed un lavaggio ad olio poco diluito, l’ho “picchiettato” su alcuni punti per simulare lo sporco lasciato durante la manutenzione dagli specialisti.

La volata del cannone è stata resa più operativa simulando i residui della polvere da sparo spruzzando un grigio scuro diluito al 80%. Guardando meglio il modello mi sono accorto che il colore risultava troppo carico e ho cercato di smorzarlo velando con il verde di base diluito anch’esso al 80%.

Alcune zone sulla gobba, a ridosso dei pannelli di ispezione, nelle foto mostrano residui evidenti di liquidi (probabilmente carburante o olio idraulico) che fuoriescono da alcuni punti e, per azione aerodinamica, si allungano verso la coda. Li ho realizzati utilizzando pigmenti provenienti dai Weathering Set Tamiya B e D.

Infine ho riprodotto, sopra il ricettacolo della sonda RIV, le scrostature della vernice causate dagli urti del “boom” durante la fase del rifornimento in volo. Le ho ottenute semplicemente con un dry brush in alluminio molto scarico utilizzando un pennello a setole piatte e dure.

Sulla fusoliera inferiore lo sporco risulta più evidente a causa delle colature dei liquidi idraulici, drenaggi vari, getti caldi di scambiatori e “APU”.

Per cercare di simulare l’effetto aerodinamico ho steso il colore ad olio lungo le linee di pannello della gondola e, utilizzando un bastoncino cotonato, ho tirato via l’eccesso secondo la direzione del flusso.

Ho utilizzato almeno tre gradazioni differenti di grigio in modo da rendere meno monotona la sporcizia e amalgamare le tinte.

Invece a ridosso dei pozzetti carrello e di alcuni pannelli ho preferito una tinta gialla, simile al colore dell’olio idraulico, in piccolissime dosi. Questo è servito a riprodurre le piccole e tollerate perdite dei martinetti idraulici delle gambe carrello o di qualche raccordo.

Gli sfiati caldi, soprattutto sul portellino di scarico dell’APU in materiale metallico (che dalle foto appare abbastanza cotto e desaturato), sono stati simulati ad aerografo utilizzando un grigio medio.

Un invecchiamento molto più deciso invece caratterizza il serbatoio centrale da 300 galloni. Essendo carichi esterni intercambiabili tra i velivoli accumulano parecchie ore di volo ed appaiono spesso molto più logori. Quindi oltre alle colature di carburante e le chiazze di sporco dovute alla loro installazione, ho ricreato la vernice scrostata sull’ogiva del serbatoio. Come nella realtà, questa parte della tanica è in materiale metallico verniciato prima con un anticorrosivo (in XF-4 Tamiya) e poi con il grigio di base. Successivamente, con carta abrasiva molto fine, ho asportato la vernice fino a far comparire lo strato giallo e, solo sull’estremità, il fondo alluminio. Basta fermarsi al momento giusto.

 

Decalcomanie.

Le decal utilizzate sono quelle fornite nel kit e stampate dalla Cartograf in collaborazione con la Syhart-decals. Confortato dalla fama del produttore credevo che non mi avrebbero dato problemi… al contrario ho trovato difficoltà causa l’eccessivo spessore.

Ho dovuto usare parecchi liquidi ammorbidenti per ottenere un risultato accettabile e livellarle, dopo la posa, con mani generose di lucido.

L’inconveniente peggiore, però, è sul tono del grande stemma di reparto sulla deriva: il marrone scelto è davvero troppo chiaro e non si avvicina minimamente a quello corretto utilizzato per la mimetica. Sconfortato dall’imprevisto ho da subito pensato di ricreare delle mascherine ad hoc per sovra verniciare l’insegna ma, ben presto, mi sono reso conto che per i dettagli più piccoli del teschio le maschere sarebbero risultate inadatte. Perciò le ho disegnate solo per le ali utilizzando il nastro kabuki applicato sulla deriva e delicatamente tagliato sul disegno originale. Il resto invece è stato dipinto a pennello, diluendo molto la vernice e applicando molti strati. Il risultato non è dei migliori, ma alla fine, con altre mani di trasparenti, filtri ad olio e l’opaco finale, la situazione si è quasi normalizzata.

Attenzione anche alle istruzioni Kinetic poiché suggeriscono posizioni sbagliate delle decalcomanie (in particolare il gruppo di stencil che rappresenta gli avvisi di sicurezza attorno al canopy). La documentazione fotografica è sempre l’unica vera risorsa da prendere in considerazione.

Carrello di atterraggio.

Il carrello principale, da scatola, è realizzato in un unico pezzo. Quindi per adattarlo alla resina Aires bisogna necessariamente dividere le due gambe e fare qualche prova a secco.

Ho realizzato sia le condutture idrauliche che vanno verso il ceppo freno, sia i cablaggi elettrici.

Verniciate in Gunze H-21 (Off White) hanno subito un lavaggio in grigio medio dopo il lucido. Per pignoleria ho aggiunto una piccola decal di avvertenza sulle gambe di forza prelevata dal magazzino “spare part”.

Un piccolo intoppo lo ho avuto con il carrello anteriore dato che la Kinetic ha sbagliato la lunghezza del puntone di controventamento.

Quindi, con l’aiuto di qualche millimetro di Plasticard a sezione quadrata, l’ho allungata quanto basta per posizionarla con la giusta geometrica e inclinazione.

Carichi esterni.

Tanto belli da vedere quanto lunghi da completare!

La tanica da 300 galloni è da scatola e non necessita particolari attenzioni. Dell’invecchiamento ne ho parlato poco sopra.

Gli AIM-9L sono della Brassin, corpo unico in resina tranne le alette guida frontali che sono in fotoincisione. Non molto semplici da montare.

I Python 4 invece sono di una plastica orrenda, ruvida e vetrosa. Necessitano di qualche attenzione. Ho aggiunto inoltre delle alette, che fungono da sensori “AoA” non previsti dalla scatola di montaggio e realizzati con del plasticard.

Su entrambi ho utilizzato Alclad “Stainless Steel” Al-115 per le testate, ed il grigio FS 36375 per il corpo.

Le due GBU 31 JDAM sono fornite nella scatola Kinetic (quelle montate da me sono di una scatola Academy) e hanno il corpo in Gunze H78 (Olive Drab 2), la struttura e la sezione di guida in grigio FS 36375.

Ultimi dettagli.

Due mani abbondati di opaco Gunze H20, diluito sempre con la nitro, hanno sigillato le superfici e dato la finitura finale al modello. Ho aggiunto il seggiolino, la cloche, e il delicatissimo HUD all’interno dell’abitacolo fissando, poi, canopy con colla cianacrilica.

Sul radome ho posizionato sensori “AoA” e sui piani di coda/flaperon/timone direzionale i nove dispersori di carica elettrostatica realizzati con del semplice filo d’acciaio da 0,05 mm.

Una piccola spennellata di lucido su tutte le luci di navigazione/posizione e finalmente posso decretare concluso il mio Barak!

È stato un lavoro lunghissimo, non tanto per la qualità del kit o per le numerose modifiche, ma quanto per varie vicissitudini personali che hanno dilatato enormemente i tempi. Ci sono stati momenti in cui ho pensato di mettere tutto da parte in attesa di tempi migliori, ma portarlo a termine nonostante le tante disattenzioni, è sempre stata una questione personale.

Alla fine il modello si fa guardare, si fa anche criticare, ma è il bello del modellismo sano…imparare dai propri errori.

Non credo che farò un altro F-16 nel immediato futuro, nonostante resti un velivolo affascinante e bello anche da veder volare.

A presto e buon modellismo a tutti.

Luca “Madd22” Miceli

 

dello stesso autore

1 Comment

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Stay Connected

1,326FansLike
813FollowersFollow
579FollowersFollow
286SubscribersSubscribe
- Advertisement -forum di Modeling Time

ultimi articoli