mercoledì, Maggio 1, 2024

The Flying Circus – Albatros D.V von Richthofen dal kit Wingnut Wings in scala 1/32.

Quando ho deciso di iniziare l’Albatros D.V della Wingnut Wings sono stato colto da un certo timore reverenziale perché si trattava di un aereo pilotato da LUI, l’asso tra gli assi della prima guerra mondiale: Manfred von Richthofen, il mitico Barone Rosso.

Il kit è di altissima qualità e, come sempre, la cura nei dettagli si nota fin dalla box art dove delle cornici color metallo racchiudono una foto del pilota. Il volumetto delle istruzioni in 3D è ricco di foto storiche e vale la pena conservarlo anche a modello finito.

Dopo aver resistito alla tentazione di richiudere la scatola per non rovinare cotanta bellezza, mi sono messo a studiare i vari profili proposti dalla ditta del famoso regista, Sir Peter Jackson.

Alla fine ho scelto il D.V2059/17 con alcune modifiche nella colorazione. Il profilo della Wingnut, infatti, lo rappresentava con una fusoliera rossa nella parte anteriore e gialla in quella posteriore. Personalmente ho deciso di stendere il rosso su tutta la superficie poiché, come specificato anche nel libro “Windsock Fabric Special No.1 – von Richthofen’s Flying Circus_Colors and Markings of Jagdgeschwader Nr.1 ” , l’ipotesi più accreditata è che la fusoliera stessa fosse in unico colore.


Inoltre anche osservando la foto del sito della Wingnut Wings non sembra ci sia soluzione di continuità tra la tonalità della parte anteriore e posteriore.

Il muso e le ruote invece erano sicuramente rossi per l’appartenenza alla Jasta 11. Questo colore, divenuto celebre e passato alla storia, era infatti identificativo della squadriglia comandata da Von Richthofen ed era applicato sulla zona anteriore delle fusoliere dei velivoli assegnati, mentre ciascun pilota poi sceglieva dei propri colori identificativi per il resto.

Sebbene il kit sia già ricco di dettagli, ho comunque preferito completarlo con alcuni aftermarkets: tenditori della Gaspatch Models tipo A e tipo C, decal della Ushi van Der Rosten per il cuoio, canne in ottone della Master (codice AM-32-023) per le mitragliatrici Spandau e le fotoincisioni della HGW (codice 132044) per motore, fusoliera e per il radiatore posto sull’ala.

Fusoliera:

Per prima cosa ho corretto delle piccole imperfezioni e ho aggiunto alcuni particolari che sono stati trascurati dalla Wingnut.

Sotto la fusoliera sono presenti degli sportellini di ispezione solo abbozzati nelle forme, a differenza di quelli nella parte superiore (freccia in rosso). Per questo motivo li ho rimossi per poi sostituirli con delle fotoincisioni incollate solo dopo aver unito le due valve. Inoltre sono presenti due fori di drenaggio che vanno aperti e rifiniti inserendovi all’interno dei tubicini in ottone (freccia in blu).

Uno di questi due sportelli inoltre proteggeva uno spurgo con una valvola che è stato del tutto tralasciato. Per simularlo ho usato un pezzo di sprue che ho dapprima forato per ricreare un alloggiamento circolare e, successivamente, ho incassato nella fusoliera. La valvola è stata realizzata usando un dado foto inciso, un tubicino in alluminio e una fotoincisione prelevata dal magazzino “spare part”.

Su di essa ho poi incollato lo sportellino bucato al centro per riprodurre la caratteristica apertura “a pera” presente in quello reale.

Altre modifiche hanno riguardato anche altri due sportelli circolari vicino la deriva che sono stati rimossi e sostituiti con altrettante PE (photo etched part). Inoltre, nella parte inferiore della coda è stampata una cinghia che va eliminata perché non installata sull’Albatros di Ricthofen.

Rimanendo sempre nello stesso punto, i fori di uscita dei cavi che comandavano gli elevoni e il timone di profondità sono quadrati, mentre nella realtà avevano una forma più allungata e tondeggiante. Per questo, dopo aver forato la plastica, li ho sostituiti con ulteriori fotoincisioni.

Sistemata la parte esterna mi sono dedicato agli interni. L’Albatros aveva la fusoliera lignea e nella zona motore tale materiale veniva verniciato con il colore utilizzato per le parti metalliche; il cockpit era lasciato al naturale. Per riprodurre l’effetto legno (che tendeva al giallo) ho usato i colori ad olio.

Su una base ad aerografo di Gunze Radome H-318, ho dato un primo strato sottile di Terra di Siena. Poi ho depositato dei puntini di marrone scuro che, una volta “tirati” con un pennello a ventaglio, sono diventati striature che ho cercato di rendere quanto più simili possibile alle venature. Per far ciò le ho amalgamate con il Terra di Siena sottostante.

Una volta asciutto l’olio ho steso delle velature ad aerografo prima con il Clear Yellow Tamiya X-24, poi con il Clear Orange Tamiya X-26, entrambi molto diluiti con la nitro. Tali colori (specie l’arancio) esaltano le venature del legno.

Cockpit:

Il bello dei modelli Wingnut Wings sono i particolari degli interni. Il modellista puntiglioso però qualche aggiunta la riesce ugualmente a fare, ma si tratta perlopiù di interventi di rifinitura che contribuiscono a migliorarne la resa finale.

Ad esempio la cloche a cui ho aggiunto delle leve e le due ”orecchie” (trigger delle mitragliatrici) ricostruite con Magic Sculpt (uno stucco bicomponente molto plastico).

Un errore più grave, però, la ditta neo zelandese lo ha commesso nel diaframma dietro al seggiolino riprodotto con un pezzo piatto di plastica e indicato come in legno nelle istruzioni. In realtà esso era costituito da tessuto legato alla intelaiatura della fusoliera.

La modifica ha reso necessario eliminare il supporto su cui si fissa il sedile e ricostruire la tela; questa è stata riprodotta con un pezzo di carta sagomato al plotter elettronico e che ho reso meno liscio, e più grezzo, con alcune passate di carta abrasiva fine. Per simulare la stoffa ho usato il Sail H-85 Gunze.

Anche il seggiolino è stato oggetto di attenzioni ricostruendo il cuscino realizzato, anche in questo caso, con del Magic Sculpt e su cui ho riprodotto la pelle con le decal della Ushi Van Der Rosten. Dopo una mano di trasparente lucido per sigillare il tutto, con colori ad olio e opaco finale ho ricreato il giusto grado di usura e invecchiamento.

Il serbatoio del carburante ha un bellissimo dettaglio che ho arricchito aggiungendo tappi e tubicini provenienti da fotoincisioni avanzate da altri modelli. Una volta verniciato in Grey Green Tamiya XF-76 mi sono divertito a ricreare scrostature e colature usando il bruno Van Dyck ad olio.

Agli strumenti ho simulato il vetrino con una goccia di Future, poi ho iniziato ad assemblare le varie parti dell’abitacolo. Sul quadro a destra ho inserito le leve di ogni quadrante riprodotte con del filo di ottone. Dietro di esso, con del filo di rame, ho accennato i diversi tubi che comunque quasi non si vedranno una volta chiusa la fusoliera.

Per le cinture ho preferito utilizzare le fotoincisioni della scatola, le HGW in tessuto che avevo comunque a disposizione mi sembravano troppo piccole e non in scala.

I rinvii delle superfici di comando (alettoni, piani di coda e timone) sono stati riprodotti utilizzando il cavo elastico della EZ Line seguendo lo schema delle dettagliatissime istruzioni.

Da ultimo ho fissato l’intelaiatura che serviva da supporto al motore. A tal proposito si deve prestare attenzione nell’evitare che i punti di contatto tra telaio e fusoliera non siano coperti dalla vernice, dato che il fitting del modello è così preciso da essere influenzato anche solo da un piccolo spessore.

Stessa cosa vale per la parte bassa del serbatoio dove si incastrano le semi ali inferiori attraverso gli scassi predisposti sulla fusoliera.

A questo punto ho unito le due semi fusoliere. Il propulsore può essere inserito in qualsiasi momento, avendo però la accortezza di non incollare prima il serbatoio dell’olio posto sulla parte destra del castello (in caso contrario esso ne impedisce un corretto posizionamento).

Motore:

Il Daimler Mercedes D.III da 160 cavalli incluso nella scatola è davvero un gioiello e nasconderlo sotto la cofanatura è un vero peccato. Proprio per questo ho deciso di realizzarlo a vista completandolo, però, di alcuni dettagli. Ad esempio mancano le candele che ho riprodotto tagliando a fette del Plasticard con sezione esagonale in modo da ottenere tanti piccoli dadi su cui ho inserito, successivamente, una sezione da 1,5 mm di tubicino di alluminio di 0,6 mm di diametro. Al suo interno ho incollato un pezzo di filo di rame da 0,2 mm di spessore.

Ad occhio nudo tale espediente simula abbastanza le 12 candele che ho fissato su ogni cilindro (due su ciascuno).

I relativi cavi sono stati ottenuti con filo di rame da 0,1 mm. Le estremità che andavano inserite sulle candele stesse sono state avvolte sulle stesse per simulare i contatti ad anello come nella realtà.

Un’altra piccola (microscopica viste le dimensioni…) aggiunta sono state le valvole che il kit raffigura appena accennate. Ho preferito rifarle da zero inserendo al loro posto dei perni di ottone da 0,6 mm intorno ai quali ho incollato delle piccole molle; queste le ho ottenute avvolgendo del filo di stagno da 0,1 mm intorno ad una punta di stuzzicadenti. Avendo lo stecchino una forma appuntita il risultato sono molle dalla caratteristica forma conica. La parte superiore della valvola è stata ottenuta con un punzonatore e Plasticard. I piccoli dischetti sono incollati direttamente ai meccanismi delle leve.

Il corpo del motore è stato verniciato con White Aluminium Alclad spruzzato cercando un poco di spessore in modo da ricreare l’originale aspetto ruvido del basamento; lavaggi abbondanti con olio terra Cassel lo hanno scurito il necessario.

Dopo aver fissato l’olio con del trasparente opaco, ho sporcato e invecchiato il tutto con l’Engine Grime della AK.

Sui tubi che vanno dal carburatore ai cilindri ho utilizzato vari pigmenti per dare l’idea di materiale cotto e usurato dal calore.

Elica:

I biplani spesso utilizzavano eliche di legno laminato, ovvero sandwich fatti con diversi strati che conferivano il tipico aspetto a due colori. Esistono in commercio eliche in vero legno che però sono molto costose, anche se bellissime. Un’alternativa economica è ricreare l’effetto sfruttando quanto offerto dalla scatola e utilizzando le matite acquerellabili, il cui pigmento inumidito si comporta come gli acquerelli.

Su una base acrilica di XF-59 Desert Yellow Tamiya ho riprodotto con una matita nera i vari strati, aiutandomi con striscioline di nastro per seguire il non facile profilo del pezzo.

Poi ho usato le matite colorate cercando di eseguire tratti che seguissero la venatura del legno.Per le parti scure ho usato l’Ombra bruciata mescolato con il Terra di Siena bruciata che aggiunge delle piacevoli gradazioni rossastre.

Per le parti chiare ho utilizzato invece il Terra di Siena naturale, ocra bruciata e giallo scuro. Su queste parti ho tracciato anche qualche segno con la matita bianca, che ho poi sfumato, per aumentare la texture del materiale dando più tridimensionalità e corpo.

Per finire una passata del solito Clear Orange Tamiya ha sigillato e accentuato le venature.

Mitragliatrice Spandau:

Il kit offre due possibilità per le mitragliatrici: in un unico pezzo in plastica oppure con la fotoincisione per realizzare il rivestimento a rete cilindrica e il mirino.

La seconda opzione è ottima ma, come detto anche all’inizio di questo articolo, ho optato per una terza alternativa acquistando le canne della Master in ottone.

Per invecchiarle le ho immerse nel brunitore della AK. La parte in plastica, da unire alle parti in ottone, l’ho verniciata con un mix di Jet Exhaust e Pale Burnt Metal Alclad. La Master fornisce anche il supporto delle armi in fotoincisione, ben realizzato ma anche molto delicato. Dovendolo inserire e incollare su un sostegno all’interno della fusoliera, ho preferito sostituirlo con un pezzo di Plasticard che mi garantiva una maggiore stabilità e resistenza.

Radiatore:

Anche se poco visibile, la differenza qualitativa tra le fotoincisioni e il pezzo originale in plastica è notevole.

Esso si compone di due parti: quella a lamelle va incollata sulla parte inferiore dell’ala mentre su quella superiore è prevista una retina foto incisa da posizionare dopo aver eliminato il dettaglio in plastica.

L’assemblaggio richiede molta pazienza e mano ferma.

Verniciatura:

Il rosso è un colore difficile da gestire e il pericolo dell’”effetto giocattolo” è sempre in agguato. Dopo lunga meditazione ho deciso di tentare un approccio diverso da quello che utilizzo solitamente. In alcune foto avevo notato che a volte sulla fusoliera, sotto il colore, si intravedeva il legno. Gli Albatros, infatti, uscivano dalla fabbrica in legno naturale lucido e dopo la consegna ogni squadriglia e ogni pilota era solito personalizzare gli aerei verniciandoli con diversi colori. In alcuni casi essi risultavano coprenti forse anche per una mano di fondo sotto la vernice, in altri si percepiva una certa disomogeneità nella superficie. Questo mi ha fatto pensare che dipendesse dal legno sottostante che in parte traspariva con la sua venatura.

Ho così inaugurato una mia tecnica che ho definito… “pre-wooding”, ovvero un pre-shading fatto con venature anziché seguendo le linee di pannellatura! Per ottenere l’effetto ho dapprima dato una mano di XF-55 Deck Tan Tamiya, poi ho utilizzato delle fotoincisioni della RB Production (esse non sono altro che delle maschere che riproducono la trama) spruzzando del Flat Brown XF-10 Tamiya. Il colore risultante è scuro ma in questo modo le venature sono molto marcate in vista della copertura successiva con il colore rosso. Non mi sono preoccupato di essere molto preciso, mi interessava maggiormente che si percepisse solo la texture del rivestimento ligneo. In ogni caso ho seguito la scomposizione della pannellatura spezzando così l’omogeneità dei tratti. Una leggera passata di Clear Yellow Tamiya prima, e Clear Orange dopo, hanno accentuato l’effetto.

La copertura con il rosso è stata graduale. Il colore è un mix di X-7 e XF-99 Hull Red (entrambi Tamiya) in proporzione 5 a 1, ed è stato diluito con Lacquer Thinner Tamiya (tappo giallo) in modo da farlo asciugare rapidamente e vedere in tempo reale l’effetto raggiunto.

Sebbene le decal fornite dalla Wingnut siano di buona qualità, di queste ho utilizzato solo i numeri sulla deriva. Le croci ho preferito realizzarle con maschere tagliate con il plotter; quella sulla deriva con il bordo bianco mi ha creato qualche difficoltà per il punto delicato in cui si trova (la superficie scomposta in due parti non aiuta) ma, in ogni caso, con un poco di pazienza tutto è andato bene. Terminata la fusoliera, dopo il lucido, ho effettuato dei lavaggi col Bruno Van Dyck ottenendo il risultato che vedete in foto.

Per la verniciatura delle ali ho seguito lo schema mimetico, con il quale i biplani uscivano dalla fabbrica, suggerito dalle istruzioni: il classico verde e lilla per le superfici superiori e azzurro chiaro per le inferiori. Ho iniziato stendendo il tono più chiaro (il lilla) che ho ricavato seguendo il mix di colori Tamiya suggerito dalla Wingnut: X-16 (1 goccia) + XF-52 (1 goccia) + XF-2 (2 gocce). Poi, come al solito, ho coperto le centine con il nastro da 1,5 mm e sui bordi ho passato il colore base scurito con molto grigio per dargli maggiore volume e risalto.

Una volta rimosse le mascherature ho ridotto il contrasto con il lilla molto diluito in modo da lasciare le ombre ai lati e schiarendo il centro delle stesse.

Per il verde ho scelto il Tamiya XF-76 e l’ho spruzzato delimitando l’andamento della mimetica col metodo del Patafix. Anche in questo caso ho messo ben in evidenza le centine con lo stesso procedimento sopra descritto, cercando di riprendere le sfumature già ottenuto sul primo tono.  


Per l’azzurro chiaro mi sono affidato il mix suggerito che riporta Tamiya XF-2 (10 gocce) + XF-18 (1 goccia). Anche in questo caso ho operato sulla centinatura come nella parte superiore.

Assemblaggio finale:

Dopo aver usato il Flat Clear H-20 Gunze con moderazione per lasciare la fusoliera leggermente satinata, è giunto il momento della verità: unire tutte le parti dell’aereo.

Le ali inferiori mi hanno dato un po’ di filo da torcere per via del fitting preciso al decimo di millimetro, a cui avevo già fatto cenno all’inizio di questo articolo, e hanno fatto un po’ di fatica ad inserirsi negli alloggiamenti attraverso la fusoliera. Per evitare anche il minimo spessore non necessario, le ho fissate con la colla Gunze Extra Thin Cement.

Prima di verniciare lo scarico ho eliminato la plastica che chiudeva il terminale con una punta da trapano sottile. Per ottenere il tipico colore del metallo ossidato dai fumi ho usato il Copper Alclad su cui, dopo il Flat Gunze, ho applicato i pigmenti della Mig nero, Track Rust (marrone rossiccio) e ruggine rossa. All’interno, per riprodurre i fumi incombusti, ho dato piccole quantità di polvere grigia.

Ho quindi posizionato il parabrezza, il motore e, sopra di esso, le due mitragliatrici Spandau.

Le canaline che alloggiavano i nastri di munizioni sono molto complicate da allineare agli otturatori sulle armi. Mentre per la mitragliatrice di sinistra è prevista una carenatura che copre il tutto, per quella di destra rimane un piccolo ma anti estetico spazio che ho dovuto nascondere utilizzando una fotoincisione avanzata e adattata allo scopo. 

Anche il serbatoio dell’olio sulla destra è stato incollato con i due tubicini di mandata e di ritorno, come sul componente reale.

Avevo poi una piccola fissazione: in una foto ho visto la chiavetta di accensione penzolare con una catenella fuori dalla fusoliera… perché non riprodurla all’interno del cockpit? Quasi non si vede ad occhio nudo ma a me basta sapere che c’è…!

Infine, sotto l’ala superiore ho fissato il radiatore e, sotto la carlinga, il relativo spurgo.

A proposito delle ali, è necessario prestare attenzione al loro allineamento perché quella inferiore aveva un particolare diedro positivo, mentre quella superiore aveva diedro nullo. Bisogna, quindi, forzare leggermente le semiali inferiori verso l’alto per evitare che, una volta incollate, trascinino verso il basso l’ala superiore piegandola e facendogli assumere una posizione del tutto errata.

Superato questo scoglio ho fissato l’ogiva e l’elica, dedicandomi poi ai tiranti.

Volevo utilizzare i tenditori della Gaspatch con estremità sferica tipici dell’aereo ma, alla fine, mi sono reso conto che sono leggermente fuori scala e bisogna affondarli un po’ nella plastica per renderli realistici. Per non effettuare operazioni rischiose a modello finito ho usato gli altri tipi che avevo già a disposizione, in combinazione con tondino di alluminio per assicurare il filo elastico EZ line.

Diorama:

Per riprodurre la base del diorama ho scelto il prodotto in resina della True Details n.32001 che raffigura, con un dettaglio notevole, una pista in assi di legno ai cui bordi è presente della vegetazione e alcune parti di biplani (radiatore, elica, una ruota).

A sua volta è stata innestata su una cornice in legno fatta in casa predisposta per essere coperta da una teca in plexiglas.
Per la colorazione sono partito dando ad aerografo una base in marrone cioccolato (Gunze H-406) su tutto il pezzo poi, sulle assi, mi sono divertito a stendere diversi layer con marroni sempre più chiari tendenti al giallo, sfumando e schiarendo il colore verso il centro.


Terminata il fondo ad acrilico è stata la volta dei lavaggi ad olio sulle assi usando del Siena Bruciata, Ombra Bruciata e lo Shadow Braun della Abteilung (un marrone scuro). Li ho applicati molto diluiti sfumandoli tra loro e cercando di ottenere le variazioni cromatiche tipiche del legno. Il lavoro ha richiesto diverse fasi, aspettando che l’olio asciugasse per valutare il risultato raggiunto.

Per quanto riguarda il terreno e le rocce, invece, dopo un lavaggio scuro per le ombre ho usato il dry brush per evidenziare le asperità con colori più chiari. Un poco di pigmenti hanno concluso il lavoro, amalgamando gli elementi tra loro.


I personaggi invece sono della Blackdog in scala 1/32. Non sono rimasto molto colpito dal loro dettaglio che in alcuni punti sembrava solo abbozzato. Per Manfred von Richthofen avevo deciso di utilizzare il figurino della Wingnut Wings compreso nel kit ma purtroppo risultava troppo basso in confronto al fotografo. Ho scelto, quindi, di usare solo la testa e di innestarla sul corpo della Blackdog avendo visto una foto d’epoca in cui il Barone indossava calzoni, stivali e un maglione (con binocolo annesso) esattamente come il figurino.


Per la divisa, visto che le foto ricolorate non sono attendibili, ho studiato dei dipinti dell’epoca e mi sono basato su un Green Grey tendente al verde.
Un vero e proprio gioiello è la cisterna in resina della Aviattic (codice ATTRES 011), è stato piacere montarla e invecchiarla. Per farlo, dopo un lavaggio per evidenziarne i particolari, ho utilizzato l’Engine Grime della Mig per la sporcizia e il Fresh oil per le colature.


Da ultimo ho arricchito la scena con qualche attrezzo e con la scala della Copper State Model. Gli elementi, come la tanica e l’imbuto sul lato anteriore, sono stati inseriti per dare l’idea di un lavoro ancora in corso da parte dei meccanici allontanatisi per permettere la foto.
Per la disposizione dei soggetti ho cambiato approccio rispetto al mio solito e non ho voluto realizzare una scena da osservare da un solo lato, come in un teatro.

Invece, prendendo come riferimento l’elemento centrale che è il biplano, ho ripartito la scena in tre diversi punti di vista. Da un lato abbiamo il momento della foto, da un altro la cisterna e infine il terzo punto con la scala che guida lo sguardo dell’osservatore verso il bel motore lasciato a vista.
In questo modo lo spettatore può girare intorno alla basetta e trovare scorci diversi ogni volta.

Per questa volta la star non sarà solo il pilota, l’intramontabile Barone Rosso, ma anche il favoloso Albatros.

Buon modellismo a tutti e ci leggiamo sul forum di Modeling Time! Andrea “nannolo” Nanni.

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3 Comments

  1. FANTASTICO, mi piacerebbe davvero tanto ammirarlo dal vivo per contemplarne ogni aspetto: complimenti!!!

  2. Caspita, un mostro di bravura e di pazienza! Io ho ripreso a modellare dopo tanti anni con il pensionamento, ma visto il livello che avevo da ragazzino è come se avessi iniziato adesso. Però so già che non arriverò mai a queste vette di modellismo. I miei più sentiti e fervidi complimenti!

  3. Complimenti, per me è un’opera d’arte! Io ho ricominciato a modellare con il pensionamento, e sono riuscito pure ad acquistare questo stesso modello poco prima che la Wingnut Wings chiudesse i battenti, quindi al suo prezzo di listino. Considerata la mia (scarsa) esperienza, però, non credo che proverò a cimentarmi nella costruzione di questo modello, mi ci vorrebbero anni per arrivare a questo livello di perfezione e mi dispiacerebbe rovinare un kit che considero un capolavoro, come tutti quelli della Wingnut Wings. Intanto sta insieme ad altri che attendono che ci metta mano, magari un giorno troverò il coraggio. Ancora complimenti per lo splendido lavoro!

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