giovedì, Marzo 28, 2024

Mig-17 F “Fresco-C” dal kit Hobby Boss in scala 1/48.

Il progetto del MiG-17 nacque nel 1949 da una richiesta da parte della V-VS per un velivolo con prestazioni superiori rispetto al MiG-15 e con caratteristiche multiruolo e ognitempo. Il nuovo caccia, designato I-330, pur essendo un diretto derivato del MiG-15bis, era in realtà una cellula completamente nuova con un’ala a freccia più elevata e di minor spessore, e apertura alare ridotta. Inoltre era dotato di impennaggi con superficie maggiorata e di un nuovo sedile eiettabile. Sia il MiG-15bis, sia le prime versioni del MiG-17, montavano il medesimo propulsore Klimov VK-1, una versione leggermente migliorata del RD-45, il quale era una copia del Rolls Royce Nene. A partire dalla versione F e per tutte le varianti successive si optò per il VK-1F dotato di postbruciatore. Designato ‘Fresco’ nel codice NATO, il MiG-17 ha avuto grandissimo successo con oltre 6.000 esemplari costruiti. Prodotto su licenza anche in Polonia (Lim-5) ed in Cina (Shenyang J-5), ha servito praticamente tutte le aeronautiche sotto la sfera di influenza dell’Unione Sovietica. I primi MiG-17 ad avere il battesimo del fuoco furono due esemplari sovietici che, il 29 luglio 1953, abbatterono un Boeing RB-50 penetrato nello spazio aereo russo in prossimità di Vladivostok. In seguito ebbe modo di mettersi in evidenza durante la guerra del Vietnam, dove la sua maneggevolezza pose in difficoltà i più sofisticati velivoli statunitensi, ma anche in medio oriente, in particolare nelle mani dei piloti egiziani e siriani contro le forze israeliane, e dagli iracheni nella guerra contro l’Iran.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte http://edokunscalemodelingpage.blogspot.com/

Il modello:

Al momento, volendo realizzare un Mig-17F nella scala del quarto di pollice, abbiamo tre possibilità. Il kit Hobbycraft, molto basico e in positivo. Il kit SMER, inscatolato anche da Airfix, Heller e Mistercraft, in un negativo piuttosto pesante ma che mi è tornato utile per prelevare alcuni pezzi, e infine il kit Hobby Boss, dal buon dettaglio di superficie e ottimi interni, compreso il motore.

Naturalmente la mia scelta è caduta su quest’ultimo che credevo mi avrebbe agevolato nelle fasi di montaggio rispetto ai più vetusti concorrenti; in realtà le cose sono andate diversamente da come avevo preventivato. Oltre alla scatola, mi sono dotato di una buona dose di aftermarket: abitacolo Aires, ventral fin corretta e pneumatici in resina Quickboost, tubo di pitot e vanne delle armi in ottone della Master e, infine, decalcomanie della Hi-Decal Line per riprodurre un esemplare egiziano in mimetica Nile Valley.

Questo schema fu così denominato perché doveva riprodurre, nei colori e nell’andamento, le anse del Nilo sopra il quale operavano molto spesso questi velivoli. A mio parere rappresenta uno degli “abiti” più belli vestiti dal MiG-17 nella sua carriera operativa ed è stato, alla fine, il motivo principale che mi ha spinto a realizzare questo soggetto.

Il montaggio è iniziato, naturalmente, dall’abitacolo. La vasca del kit è dettagliata e fedele all’originale (probabilmente la parte migliore insieme al Klimov), non discostandosi troppo dal pezzo aftermarket. Di contro, l’abitacolo Aires ha qualche dettaglio in più sotto forma di cablaggi ma, nel mio caso, lo stampo era piuttosto sporco e pieno di sbavature e questo mi ha costretto, fin da subito, a un lavoro di pulizia supplementare non preventivato. Alla fine la resina si è adattata bene e non ha necessitato di grossi aggiustamenti.

Occorre solo fare attenzione al posizionamento della paratia interna della presa d’aria perché, senza l’abitacolo originale, si perde ogni riferimento nel montaggio. Gli interni, dopo una mano di fondo nero, hanno ricevuto una base in Gunze H-308, un grigio molto vicino al riferimento fotografico. Il colore è già praticamente lucido da boccetta (se diluito correttamente, almeno al 70%) e si presta bene ai successivi lavaggi ad olio.

Questi li ho effettuati con un grigio molto scuro ottenuto mischiando del nero con una punta di bianco. Dopo il washing la vasca si presenta con tutti i dettagli bene in evidenza e la verniciatura dei particolari risulta facilitata. In questa fase ho adoperato i colori vinilici Vallejo, molto più gestibili a pennello, rispetto ai classici Gunze e Tamiya. Prendendo spunto dalle foto presenti nel volumetto della Kagero dedicato al Fresco, è possibile notare che gli interni presentano scrostature molto evidenti. In alcuni punti è visibile solo lo strato di primer, nei punti più usurati si arrivava a scoprire il nudo metallo. Per ricrearle ho iniziato picchettando le superfici con una spugnetta imbevuta nell’alluminio Vallejo Metal Color e scaricata di quasi tutto il colore su un foglio di carta assorbente.

Quindi ho ripetuto il procedimento utilizzando l’XF-4 Yellow Green della Tamiya Un soffice dry-brush con un grigio chiarissimo ad olio lungo gli spigoli è servito a dare tridimensionalità ai particolari. Il pannello strumenti è riprodotto con il classico sandwich acetato-fotoincisione di ottima resa.

Gli strumenti sulle consolle laterali sono realizzati fustellando delle veglie da delle decal di recupero e simulando il vetro con una goccia di cera Future. Il seggiolino presenta delle parti sottili e molto delicate, quindi va dipinto e messo da parte per essere installato solo alla fine del montaggio.

Il turboreattore Klimov risulta praticamente invisibile all’interno della fusoliera e quindi ho evitato di colorarlo se non nella parte interna del terminale di scarico. La fusoliera del kit è divisa in due tronconi, anteriore e posteriore. Seguendo le istruzioni dovrebbero essere montati separatamente e poi uniti ma, per esperienza, ho preferito prima incollare i due pezzi di ogni semi-fusoliera al fine di ridurre al minimo il lavoro di stuccatura lungo la giunzione trasversale. Per favorire l’allineamento, inoltre, ho posato i componenti su di una superficie perfettamente piana, ad esempio una lastra di vetro; nonostante quest’accortezza, essi presentano una curvatura diversa lungo la giunzione, e quindi occorre forzarli utilizzando delle strisce di Plasticard incollate all’interno della linea di raccordo, tenendo il tutto serrato con delle piccole morse.

Malgrado ciò la giunzione non è esente da difetti.

Superato questo primo ostacolo, dopo aver installato abitacolo, presa d’aria e motore, si può finalmente chiudere la carlinga. Anche la palpebra del cruscotto in plastica deve essere rimossa, per fare posto a quella in resina più dettagliata. Ogni vano disponibile della sezione anteriore deve essere riempito con pallini di piombo per evitare che il modello si sieda sulla coda; ne servano veramente tanti, non lesinate. A questo punto inizia la parte più noiosa e cioè quella della stuccatura e della carteggiatura.

Malgrado tutte le precauzioni prese nell’incollaggio e nell’aggiustamento preventivo dei pezzi, si formano parecchie fessure da riempire.

Per quelle più piccole ho utilizzato la colla cianoacrilica, per quelle più grandi sono ricorso alle classiche fette di Plasticard di spessore adeguato, inserite e incollate con la colla Tamiya Tappo Verde.  In alcuni punti, soprattutto nel raccordo tra ala e fusoliera, ho utilizzato dello sprue stirato ottenuto dagli stessi alberi di stampata del modello. Questo mi ha assicurato una miglior uniformità della plastica, molto utile quando occorre reincidere lungo le linee stuccate.

In questa fase è bene aggiungere anche i freni aerodinamici, che ho preferito rappresentare chiusi, e anche questi richiedono il loro bel lavoro di raccordo alla fusoliera.

Terminato il montaggio, sono passato all’aggiunta dei rivetti. Gli aerei sovietici di quel periodo sono famosi per le rivettature molto evidenti che li facevano somigliare a dei veri e propri carri armati volanti. Studiando i piani in scala e le foto, ho tracciato le linee dei rivetti con una matita morbida e le ho incise con lo strumento apposito della Rosie the Riveter. Generalmente eseguo questa operazione prima di unire i pezzi per poi ripassare solo lungo le linee di giunzione ma, vista la mole di stuccature e carteggiature effettuate, ho dovuto rimandare questa fase a dopo il montaggio complicandomi notevolmente la vita. Prima della verniciatura occorre incollare anche il blindo vetro che ha un fitting ottimo, basta un filo di Mr. Surfacer 500 per raccordarlo perfettamente al resto del modello. Nel mio caso, l’inserimento della palpebra in resina deve aver modificato leggermente le tolleranze tra i pezzi, quindi l’incollaggio ha richiesto qualche sforzo in più. La qualità della plastica trasparente è scadente e, malgrado l’utilizzo delle paste abrasive Tamiya e della cera Future, il risultato finale non mi ha entusiasmato. Al parabrezza occorre aggiungere il sistema di sbrinamento, che ho realizzato con del sottile filo di rame scaldato sulla fiamma di una candela per renderlo più malleabile. Per le piastre di bloccaggio ho utilizzato del nastro di alluminio adesivo.

Seguendo le foto presenti nel già citato volumetto Kagero, ho provveduto ad arricchire il mio Mig-17 degli altri particolari non riprodotti dalla Hobby Boss: in particolare ho aggiunto i canali di espulsione dei bossoli, realizzati con Plasticard sottilissimo, i cablaggi all’interno dei vani carrello sia anteriore che posteriore (anche se su quello anteriore, alla fine, non si vedrà quasi nulla), e una sonda presente nella parte superiore della fusoliera.

Caratteristica peculiare dei Fresco sono i due contrappesi posti quasi alle estremità delle ali con funzione anti-fluttering; Hobby Boss li ha completamente tralasciati ed ho provveduto ad aggiungerli utilizzando dei blocchetti di Plasticard sagomati.

Tocca, quindi, a quei particolari che caratterizzano la versione egiziana, non presente tra le opzioni del kit cinese. In particolare i MiG-17 egiziani montavano due piccoli piloni in fusoliera sui quali erano installate delle bombe FAB 100 o FAB 250 di produzione sovietica. Partendo dai piloni presenti nel kit SMER, ho provveduto ad assottigliarli nel bordo d’entrata e uscita e ho ottenute con Plasticard le piastre di rinforzo.

Le FAB 100 provengono dal kit Eduard del MiG-21. Inoltre, esternamente ai serbatoi sub-alari, venivano montati due rail per ala, armati ciascuno con due razzi non guidati SAKR di costruzione egiziana. Anche in questo caso mi sono avvalso dei pezzi presenti nel kit SMER, assottigliati e con qualche particolare aggiunto.

I razzi sono, viceversa, auto costruiti partendo da un tondino di Plasticard di adeguato diametro e utilizzando il Dremel, a basso numero di giri come se fosse un tornio, rucavando l’ogiva dell’ordigno (ulteriormente lavorata e affinata con la carta abrasiva). Le alette stabilizzatrici sono ricavate dal solito Plasticard sottilissimo.

Anche le alette laterali di raccordo dei serbatoi sub-alari sono state sostituite da sostegni in Plasticard, perché utilizzando quelli del kit sarebbe rimasto un vistoso gap molto difficile da colmare.

Verniciatura:

Finalmente si arriva alla fase per me più divertente, quella della colorazione. Ho subito steso una mano di Mr. Finishing Surface 1500 Grey al fine di verificare che non ci fossero difetti nel montaggio. Questo primer consente di ottenere una finitura liscia e vellutata senza bisogno di carteggiare. L’importante è diluirlo almeno al 70% col Levelling Thinner Gunze e applicarlo a bassa pressione, non più di 0,6-0,7 bar. Poi si passa ai colori…

Per le superfici inferiori, dopo un pre-shading in Field Blue Tamiya X-50 lungo le linee delle pannellature, ho utilizzato una miscela al 50% di Gunze H-25 e H-11, formula già impiegata da Valerio “Starfighter84” per il suo MiG-21 egiziano. Questo stesso mix, schiarito con qualche goccia di bianco, è servito per movimentare la colorazione e dare profondità ai pannelli. Il consiglio è quello di utilizzare sempre vernici molto diluite, bassa pressione, e tanta, tanta pazienza. Se per il colore di base partiamo da una diluizione del 70% e pressione del compressore a 0,6-0,7 bar, nel caso degli effetti di schiaritura dobbiamo diluire oltre l’80% e pressione settata a non più di 0,3-0,4 bar. Naturalmente un aerografo a gravità ci permette di eseguire più agevolmente queste operazioni, rispetto ad uno ad aspirazione che richiede pressioni di esercizio maggiori.

Dopo aver delimitato con dei salsicciotti di Patafix la separazione tra le superfici inferiori e superiori, mi sono dedicato alla mimetica vera e propria. Il Nile Valley è uno schema a tre toni con delle macchie piuttosto sinuose, composto da un color sabbia, un verde chiaro e un verde bruno scuro. Non esiste uno schema standard, dalle foto ogni aereo ha un andamento della mimetica diverso ma con una caratteristica particolare: salvo rare eccezioni, il sabbia ed il bruno sono sempre divisi dal verde più chiaro e non vengono mai a contatto.

Ho iniziato naturalmente dal colore più chiaro, il sabbia. Generalmente effettuo sempre un pre-shading, ma con una mimetica a tre toni così complessa la tecnica non è idonea a mio avviso. Per il giallo sabbia sono partito dal Tamiya XF-59 Desert Yellow schiarito con del bianco (ad occhio intorno al 25%) e con l’aggiunta di qualche goccia di H-413 Yellow Gunze. Con questa miscela ho spruzzato l’intera superficie del modello. A questo punto sono passato al secondo colore della mimetica, il verde più chiaro. Base in H-312 Green Gunze con aggiunta di qualche goccia di H-340 Field Green della stessa ditta. In questo caso sono andato ad occhio, fermandomi quando il colore mi è sembrato uguale al riferimento fotografico.

La separazione dei colori l’ho ottenuta sempre con Patafix, prelevato nuovo dalla bustina. A seguire sono passato al verde/bruno per il quale ho utilizzato l’H-421 Gunze. Tolte le mascherature, sono rimasto piacevolmente sorpreso dal risultato anche se la colorazione si presentava ancora piuttosto piatta. Per movimentarla ho effettuato un post-shading schiarendo e scurendo le tinte base e lavorando le superfici in modo random. In questa fase ho cercato di enfatizzare maggiormente i contrasti, certo che i passaggi successivi con i trasparenti avrebbero ammorbidito e uniformato gli effetti. Il sabbia l’ho scurito aumentando la percentuale di Desert Yellow, mentre per le schiariture ho utilizzato direttamente l’H21 Off White Gunze. Il verde chiaro è stato schiarito utilizzando il color sabbia base e scurito aumentando la percentuale di H-340. Per il verde scuro ho utilizzato sempre il sabbia base, poi ho aggiunto qualche goccia di Nato Black per scurirlo.

Dopo gli ultimi ritocchi, il modello è pronto per il trasparente lucido e per l’applicazione delle decal (altra fase che, in genere, mi diverte e rilassa). Questa volta, purtroppo, le insegne mi hanno dato parecchi grattacapi perché il bianco delle coccarde è davvero poco coprente e le bandierine sulla deriva sono affette da una strana retinatura. Nel primo caso ho risolto dando una base bianca sotto alle coccarde, nel secondo spruzzando il bianco sopra la decalcomania e applicando successivamente il fregio con l’aquila, prelevato da un altro foglio.

Weathering:

Per i lavaggi ho deciso per una volta di abbandonare i colori ad olio ed affidarmi ai Panel Liner della AK. Ho utilizzato due tinte: AK2073 “Sand and desert camouflage” sulle due tonalità più chiare della mimetica e sulle superfici inferiori, e AK2071 “paneliner for Brown and Green” sul verde/bruno. Rispetto agli oli ho notato subito una maggiore difficoltà a scorrere all’interno delle pannellature. Probabilmente questi prodotti avrebbero bisogno di una diluizione più spinta utilizzando del white spirit.

Dopo aver atteso le canoniche ventiquattr’ore, ho sigillato il tutto col trasparente opaco Gunze H-20 e iniziato il weathering sulle superfici inferiori. Basandomi sulle poche foto disponibili, ho realizzato trafilature e colature utilizzando i colori ad olio. Per ottenerle, ho piazzato una striscia di nastro lungo la pannellatura sulla quale volevo realizzare l’effetto, ho picchettato con il colore ad olio lungo il nastro (generalmente Bruno van Dyck o terra di Cassel), quindi ho tirato il pigmento con un pennello piatto e asciutto nella direzione dei flussi. Se non si riesce al primo tentativo, basta cancellare con essenza di petrolio e ripetere l’operazione. Allo stesso modo ho realizzato i residui di cordite in corrispondenza dei fori di espulsione dei bossoli, scurendo il bruno van Dyck con del nero. Dopo aver aggiunto qualche traccia di sporco in corrispondenza dei vani carrello ho archiviato le superfici inferiori con un paio di mani di trasparente opaco.

Sulle superfici superiori ciò che attrae l’occhio sono le scrostature della vernice in corrispondenza dei pannelli di servizio. Sul sabbia e il verde chiaro ho picchettato inizialmente con un grigio scuro acrilico, utilizzando un pennello a punta 00. Successivamente, all’interno del grigio scuro ho realizzato le scrostature con l’allumino Vallejo della serie Metal Color. Sul verde scuro ho utilizzato direttamente l’alluminio. Il grigio scuro serve per creare una sorta di ombreggiatura in modo tale da far risaltare il colore metallico che, altrimenti, sui toni chiari, sarebbe praticamente invisibile. Per i graffi e le scrostature più sottili generalmente utilizzo una matita acquerellabile argento. L’eccessiva lucentezza verrà smorzata in seguito dal trasparente opaco. Sempre utilizzando le matite acquerellabili e gli oli, ho applicato qualche effetto di sporco all’interno dei pannelli, picchettando e sfumando con acqua nel caso delle matite, con l’essenza di petrolio per quanto riguarda i colori ad olio. Anche in questo caso, è opportuno sigillare gli effetti con il trasparente opaco.

Ultimi tocchi e considerazioni finali:

Dopo il weathering non resta che incollare i carrelli, ai quali ho aggiunto le tubazioni idrauliche, i portelli dei vani con i relativi attuatori, i flaps, i carichi di caduta, pitot e canne della Master. Con l’aereo ormai sulle sue gambe resta da applicare solo il canopy scorrevole. Il pezzo della Hobby Boss è desolatamente vuoto per cui ho aggiunto la piastra di scorrimento, le leve di sbloccaggio e i cablaggi.

Dopo cinque mesi di lavoro il risultato finale non mi dispiace ma sono convinto che qualche punto avrei dovuto fare di più. I lavaggi, in particolare, dopo il trasparente opaco, si sono scuriti eccessivamente e, soprattutto sul sabbia, risultano un po’ più scuri di quanto avrei voluto.

Altro punto dolente sono i trasparenti, spessi e opachi, che ho cercato di recuperare con paste abrasive e Future seguendo questo TUTORIAL. Sebbene siano migliorati, anche in questo caso, il risultato non è del tutto convincente. Un ringraziamento doveroso ai ragazzi e allo staff di Modelingtime.com per il supporto e la possibilità di veder pubblicato questo articolo in home page.

Un abbraccio virtuale e alla prossima.

Fabio Cannova.

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