sabato, Aprile 20, 2024

Kiwi Ventura – PV-1 in Royal New Zealand Air Force Service, dal kit Revell in scala 1/48.

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Diciamoci la verità… noi modellisti siamo, prima di tutto, dei collezionisti di scatole di montaggio! Non vorrei generalizzare troppo, per cui vi parlo in prima persona dicendovi che rientro a pieno titolo nella categoria degli “accumulatori seriali di kit”! La “malattia” spesso, ti porta ad acquistare modelli in scala a cui, con molta probabilità, non metterai mai mano… ma che bella soddisfazione vederli tutti lì, belli allineati sugli scaffali; già alla sola vista il corpo rilascia benefiche endorfine che provocano mistiche sensazioni!

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Battute a parte, la scatola oggetto di questo articolo l’avevo comprata qualche anno fa senza molta convinzione. Il prezzo competitivo dei prodotti Revell è sempre un buon motivo per aprire il portafogli, e proprio per questo motivo mi sono ritrovato con l’ingombrante confezione sotto braccio in direzione di casa.   Come al solito, il mio Ventura è rimasto nella pila per molto tempo: poca ispirazione nel metterlo sul banco anche a causa delle sue dimensioni “generose”. Fino a che, un bel giorno, sul nostro forum parte l’annuale Mini Group Build invernale con tema “Battaglie del Pacifico”. Quale migliore occasione per scegliere un soggetto particolare, poco conosciuto e poco visto?

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Il kit e gli aftermarket:

Durante la fase di studio, necessaria prima di procedere al montaggio, ho letto molte recensioni su questo stampo; così, sin da subito, sono venuto a conoscenza di alcuni difetti che, effettivamente, ho poi riscontrato anche visivamente.

Prima di tutto la forma delle pale dell’eliche proposte dalla Revell è completamente errata. I PV-1 erano derivati dai Ventura Mk.I forniti alla Royal Air Force equipaggiati con motori radiali Pratt & Whitney Double Wasp S1A4-G da 1850 HP. La versione americana introdusse alcuni sostanziali differenze tra cui l’installazione di due nuovi Pratt & Whitney R-2800-31 da 2000HP. Propulsori più grandi richiedevano eliche maggiorate ma, data la configurazione della cellula, non fu possibile spostare le nache più verso l’esterno. Per aggirare il problema gli ingegneri della Lockheed progettarono delle pale di uguale lunghezza ma con corda notevolmente maggiorata. Queste, in gergo, furono chiamate “Paddle Blade”. Purtroppo i tecnici della ditta modellistica tedesca hanno preso come riferimento un esemplare di PV-1 conservato in Canada a cui, erroneamente, hanno montato due eliche di tipo più vecchio. Ecco, quindi, spiegato l’inesattezza di fondo.

Oltre a questo, più di qualche appassionato in rete ha confermato una forma non proprio corretta delle nache motori e della parte inferiore della fusoliera in corrispondenza, soprattutto, della stiva bombe. Mentre quest’ultimo difetto ho deciso di non correggerlo poiché non inficia affatto le forme del modello, per il complesso dei propulsori mi sono dotato di due set in resina prodotti dalla Vector. Quello contraddistinto dal codice 48055 contiene nuove pale, nuove ogive molto dettagliate e due scatole ingranaggi corrette per riprodurre gli R-2800 della serie 31. Il set codice 48056, invece, fornisce le nache con flabelli già montati in posizione aperta al contrario di quelli originali previsti chiusi. Il loro montaggio non è semplice e, anche se le parti sono molto precise e ben dimensionate, occorre molta attenzione e pazienza. Ma di questo parlerò più nello specifico più avanti nel testo.

  Ovviamente la lista della spesa non si è chiusa qui ed ho aggiunto anche i seguenti accessori:

  • Eduard 48721, 48734 e 48736: questi tre set di fotoincisioni permettono di dettagliare rispettivamente l’esterno del velivolo (da cui ho prelevato solamente poche parti), i vani carrello e quello bombe. Mentre il n°721 potrebbe anche essere tralasciato, i restanti due li definirei indispensabili per la buona riuscita del kit!
  • Eduard Xpress Mask EX352: queste mascherine pretagliate in nastro Kabuki fanno risparmiare moltissimo tempo; del resto le vetrature presenti sono molto estese.
  • Eduard Brassin 648068 – Resin Wheels: belle, molto dettagliate e, soprattutto, corrette per un esemplare della Royal New Zealand Air Force poiché, all’interno della confezione, la Eduard fornisce anche le borchie che coprivano cerchioni e mozzi (normalmente montati sui “Kiwy Ventura”).
  • Quickboost 48570 – PV-1 Engines: ben fatti per ciò che riguarda la forma e i dettagli dei cilindri, i motori non sono però corretti per un Ventura. Li ho, comunque, utilizzati perché molto migliori di quelli in plastica, ma andranno adattati e corretti (maggiori informazioni nel corso dell’articolo).
  • True Details 48500 – Cockpit: anche se il PV-1 non aveva un abitacolo “aperto”, le grandi superfici vetrate lasciano intravedere molto dell’interno. Per questo non è una cattiva idea dotarsi del set True Detail – economico, facile da montare, e dall’ottima resa finale.
  • Master 48001 – Brassed Guns: perfette e dal costo irrisorio, queste canne tornite in ottone servono a sostituire quelle da scatola, decisamente non all’altezza, montate sul muso e sulla torretta dorsale.
  • Ultracast 48234 – Exhaust: copia migliorata degli scarichi forniti dalla Revell. Li consiglio vivamente.
  • Ventura Production 4882 – Decal: avendo tra le mani un soggetto poco noto, volevo trovare un esemplare ancor più particolare. Tra i pochi fogli decal in commercio, quello della Ventura dedicato ai velivoli della RNZAF era quello che mi attirava maggiormente. La qualità del prodotto è discutibile… più avanti ne elencherò pregi e difetti.

 

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A chiudere l’elenco c’è un interessante volume, edito dalla Ventura Publishing (stessa casa delle decalcomanie), dal titolo “Pacific Twins”. Data la carenza di documentazione e foto sui bimotori neozelandesi, il libricino di sessantaquattro pagine assume una valenza maggiore grazie alle tante immagini e informazioni che esso racchiude.

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Ali e gondole motori:

Per il Work In Progress completo sul nostro forum, cliccate QUI!

Per convenzione, solitamente i lavori su di un modello hanno inizio dall’abitacolo. Questa volta, però, date le tante modifiche ho preferito dedicarmi subito alle ali. Come anticipato qualche capoverso più sopra, le gondole motori sono state quelle maggiormente interessate dalle modifiche per potersi adattare al set della Vector. Per far posto alle parti in resina, già abbastanza precise per ciò che riguarda le dimensioni, ho dovuto asportare delle porzioni della plastica del kit seguendo le linee delle pannellature già presenti: Ventura005

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La separazione è avvenuta mediante lo scriber della Trumpeter passato più volte all’interno dell’incisione; in questo modo il taglio è stato netto e preciso, risparmiandomi parte delle successive carteggiature e ritocchi. In questa fase l’operazione più delicata ha riguardato l’eliminazione delle materozze di stampa dalle nache e dai flabelli della ditta russa:

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Sono molto ingombranti e poste in punti particolari, per cui bisogna fresarle con attenzione e molta delicatezza. Personalmente ho usato una punta tronco-conica montata su un trapanino elettrico, con mano molto ferma.

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Prima di procedere oltre ho iniziato a migliorare i pozzetti del carrello principale. Il dettaglio da scatola non è male, ma è carente la varietà di particolari, leveraggi e meccanismi che gli alloggiamenti avevano al loro interno; per fortuna a colmare le lacune ci pensa l’ottimo set fotoinciso della Eduard di cui avevo parlato ad inizio articolo. Un po’ complesso da montare per via dei tanti pezzi di cui è composto, è un vero toccasana per completare a dovere le grandi wheel bay. Per far posto ai correntini di rinforzo PE (PhotoEtched) ho subito eliminato quelli in plastica con il solito trapanino elettrico e punta diamantata, e stuccato alcuni segni degli estrattori che sarebbero rimasti visibili a modello ultimato.

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Successivamente ho applicato, senza troppi patemi, le parti che raffigurano i fondi rivettati. Tutti gli incollaggi li ho eseguiti, rigorosamente, con colla cianacrilica.

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Rispettivamente sotto ad ogni semi-ala era sistemato un faro d’atterraggio; quelli forniti dal kit sono troppo semplificati e poco realistici, per cui ho deciso di ricostruirli con lo stesso procedimento usato sul mio P-47 RAF. Cliccate QUI per avere tutte le informazioni. Ventura014

L’unione delle semi ali non presenta particolari problemi e si è reso necessario solo poco stucco per riempirne le fessure. Le due strisce di nastro Kabuki che vedete in foto sono atte a simulare le due piattine di rinforzo che corrono da sopra a sotto. Carteggiando il bordo d’attacco avevano perso lo spessore e, di conseguenza, il loro realismo. Ho preferito, quindi, eliminare tutto e rifarle da capo.

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Come già anticipato, il set Vector si monta con relativa semplicità ed è, da subito, in squadro rispetto al resto della struttura. Ho preferito stuccarlo con la ciano acrilica poiché lungo le giunzioni dovranno essere ripristinate le pannellature perse (è questa una delle lavorazioni più complicate a causa delle forme tondeggianti della zona).

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Passo, ora, ai motori radiali: quelli forniti dalla Revell non stonano più di tanto una volta inseriti nelle cofanature ma, sinceramente, dopo tutto il lavoro di dettaglio e di adattamento degli aftermarket non mi sono accontentato. Per questo motivo ho acquistato i propulsori della Quickboost e li ho modificati eliminandone la scatola ingranaggi e sostituendola con quella compresa nel set della Vector che è più fedele e realistica. A seguire una comparazione tra le parti a mia disposizione:

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I due Pratt & Whitney R-2800 sono stati completati con le aste dei bilancieri (realizzate con delle sezioni di Plastirod da 0,5 mm tagliate a misura) e con tutti i cavetti delle candele (quest’ultimi provengono dal set Eduard dedicato all’esterno del modello). Ventura047I colori usati per verniciarli sono i seguenti:

  • Steel Alclad per i cilindri.
  • Ocean Grey XF-82 Tamiya per le “crank case” (scatole ingranaggi).

Per mettere meglio in risalto i dettagli (come le lamelle di raffreddamento), i motori sono stati sottoposti ad un lavaggio con colore ad olio Bruno Van Dyck e alla tecnica del Dry Brush con un alluminio smalto della Testors.

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Cockpit, fusoliera a vano bombe:

Completate, o quasi, le superfici alari, ho proseguito con il montaggio della fusoliera. Il primo intervento ha riguardato l’adattamento del cockpit True Details che, per mia fortuna, è molto preciso e s’incastra bene nella sua sede. L’unica accortezza è stata quella di eliminare tutto il dettaglio originale interno alle paratie laterali per far posto a quello in resina di fattura decisamente migliore.

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Non è stato facile capire quale fosse l’esatto colore utilizzato per verniciare gli interni dei Ventura. Le poche informazioni che ho reperito in rete indicano l’Interior Green per l’intera carlinga, i pozzetti carrello e per la stiva dell’armamento. Dare conferma a questa notizia non è semplice anche perché, purtroppo, tutte le foto che si reperiscono in rete sono in bianco/nero o, peggio, riferite a velivoli restaurati (in alcuni casi vengono spacciate come inerenti al PV-1 quando, invece, si riferiscono al PV-2 Harpoon). Incrociando anche le informazioni contenute negli interessanti articoli dell’IPMS Stoccolma sono giunto alla conclusione che il colore più conforme fosse proprio l’Interior Green, per questo ho scelto l’H-58 della Gunze come base di partenza. Così come la si preleva dal barattolo la tinta non convince a pieno e si discosta un po’ troppo dal Federal Standard di riferimento che è il 34151: per renderla più rispondente al vero ne ho prelevati circa 3 ml con una pipetta e vi ho aggiunto quindici gocce di Flat Black e dieci di Yellow XF-8, entrambi Tamiya.

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Steso il nuovo mix ad aerografo, ho dipinto e completato i seggiolini riproducendo l’imbottitura in pelle con il Linoleum Deck Tan XF-79 Tamiya, mentre per le cinture ho preferito il Radome Tan Gunze H-318. Un washing con il Bruno Van Dyck ad olio scurito al 50% con del nero ha dato maggiore volume al cinghiaggio completando l’opera.

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Per quanto riguarda il cruscotto e la consolle centrale, il colore scelto è il Flat Black; la strumentazione l’ho riprodotta fustellando le decalcomanie della Mike Grant’s Decal e applicandole all’interno di ogni veglia avendo cura di spennellarle con abbondante Mr.Mark Softer per farle aderire e conformare al meglio nei rispettivi alloggiamenti.

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Ventura036Vari particolari in rosso e in giallo, come i pomelli del gruppo manette, hanno dato un tocco di colore in più ad una zona che, purtroppo, a modello finito rimarrà parzialmente in ombra.

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Ventura037La bomb bay da scatola è alquanto spoglia ma, fortunatamente, il set fotoinciso della Eduard fornisce molti dettagli per eseguire un up-grade totale dell’intero vano. I pezzi sono molti e le istruzioni allegate non facilitano granché il compito del modellista, per questo suggerisco di impiegare molta attenzione durante la loro consultazione.

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Alcune parti ho preferito ricostruirle usando altri materiali: le condutture idrauliche, ad esempio, sono dei Rod circolari diametro 1,5 mm piegati ad hoc con delle pinze a testa piatta; le centraline, invece, dei pezzi opportunamente sagomati provenienti da vecchie carte di credito scadute (nel modellismo non si butta via niente!). Degne di nota, negativa purtroppo, sono le rastrelliere per gli ordigni che la ditta ceca ha inserito nel set: devono essere costruite e incollate tra di loro per formare il castelletto che alloggiava le bombe ma è praticamente impossibile dare un solidità e una rigidità accettabile ai pezzi (numero 28 e 30) senza rinforzarli con un anima di Plasticard incollato all’interno della struttura.

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Un altro appunto che bisogna muovere, questa volta alla Revell, riguarda il musetto trasparente. La ditta tedesca, nell’ottica di riutilizzare lo stampo anche per le varianti in uso nella RAF (che ne utilizzavano uno trasparente in luogo di quello in vetroresina verniciato tipico dei velivoli americani e neo zelandesi), lo fornisce separato e demanda a noi il suo assemblaggio. Questa operazione sarebbe relativamente semplice se non fosse che il pezzo è sprovvisto di perni di riscontro e può essere incollato, indistintamente, in un verso o nell’altro. I PV-1 avevano l’ogiva del muso con l’apice leggermente spostato verso il basso ma, data la scarsa ingegnerizzazione dello stampo in questa zona, l’errore è dietro l’angolo. Ventura040

Purtroppo in questo fastidioso inconveniente sono incappato anch’io e per risolvere ho dovuto, mio malgrado, reperire un altro muso e clonarlo per ottenerne una copia in resina. Devo dire, però, che non tutti i mali vengono per nuocere: osservando meglio la documentazione in mio possesso ho notato che le forme del terminale fornito nel kit non sono del tutto fedeli. Quello reale è molto più schiacciato ai lati e ha la parte inferiore quasi piatta per raccordarsi al resto della fusoliera; quello in scala, al contrario, è troppo panciuto. Ventura046

Grazie al fatto che la resina è piena al suo interno, ho potuto modellare a colpi di lima il cupolino e renderlo, senza dubbio, più realistico.   Un rischio simile a quello sopra descritto l’ho corso anche nel montaggio della torretta binata posta sul dorso. Anche in questo caso la totale assenza di riferimenti può indurre in errore, quindi fate attenzione! La postazione del mitragliere non è stampata al centro del pezzo bensì, se osservate con attenzione, è leggermente disassata in avanti. Ebbene, il lato più corto è quello che deve essere incollato verso il muso del modello; personalmente, mi sono “salvato” solo grazie ad un più approfondito studio della documentazione.

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I trasparenti forniti nel kit sono abbastanza precisi e non necessitano di interventi di carteggiatura troppo estesi per essere adattati (ovviamente, prima di essere incollati sono stati “bagnati” nella cera Future). La finestratura inferiore, però, è stata modificata per corrispondere a quelle in uso sui velivoli della RNZAF; questi, infatti, non usavano l’altra arma binata in posizione ventrale, e la relativa apertura era chiusa con del lamierino. Controllando le foto si intravede anche una specie di supporto metallico che, ad essere onesto, non ho capito quale funzione potesse svolgere. Ad ogni modo l’ho riprodotto con un pezzo di avanzo dalle fotoincisioni.

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Prima di dichiarare conclusa la lunga fase dell’assemblaggio, ho aggiunto gli scarichi in resina della Ultracast e, finalmente, le nache Vector. Quest’ultime sono quasi perfette e non hanno richiesto il benché minimo uso di stucco!

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Sfruttando l’inerzia finale, ho messo anche mano ai carichi di caduta (una bomba da 500 Libbre e tre da 250), ai serbatoi (che in moltissime immagini si vedono sempre montati sotto alle ali dei bombardieri) e ai portelloni dei pozzetti carrello; tutti i pezzi sono stati completati e migliorati utilizzando i provvidenziali set fotoincisi Eduard.

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Verniciatura:

Mai come in questo caso, la verniciatura è stata la fase più delicata. Non tanto per la complessità della mimetica, che è semplice da rappresentare, bensì per le generose dimensioni del modello che lo fanno assomigliare più ad un “giocattolo” piuttosto che ad una realistica riproduzione in scala. Per tale motivo ho deciso di insistere molto con l’invecchiamento e le tecniche di lumeggiatura per rendere il mio Ventura quanto più operativo possibile. Per iniziare, ho steso sui bordi di attacco di cofanature motore e ali (oltre che sul relativo raccordo con la fusoliera), una mano di White Alluminium Alclad per simulare la superficie metallica sottostante. A seguire ho prelevato, con un pezzo di spugnetta che si trova all’interno dei set in resina (ad esempio in quelli della Aires), piccole quantità di Mr.Masking Sol della Gunze.

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Il prodotto è stato picchiettato sulla plastica in maniera randomica in modo da ricreare, alla fine del processo, delle piccole scrostature della vernice. Ma non mi sono limitato solo a questo… più avanti vi spiegherò come ho completato l’effetto.  

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Sovvertendo una mia abitudine, questa volta ho deciso di applicare il Pre Shading su tutto il modello, utilizzando tre differenti tonalità:

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  • German Grey XF-63 Tamiya sulle superfici inferiori.

 

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  • Midnight Blue H-55 Gunze per quelle laterali.

 

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  • Flat Black per quelle superiori.

In particolare, sul dorso delle ali e della fusoliera, ho deciso di riempire i pannelli anche con una mano leggera di Yellow Green XF-4 Tamiya allo scopo di schiarire e movimentare, da subito, il Navy Blu – il tono più scuro e più difficile da sottoporre ad un’usura convincente a mio avviso. I colori utilizzati per lo schema mimetico, invece, sono i classici utilizzati anche dalla U.S. Navy:

  • Flat White Tamiya per la pancia.

 

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  • Intermediate Blu Gunze H-56 per superfici laterali delle nache e della fusoliera.

 

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  • Navy Blue Gunze H-54 per tutto il resto.

 

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Per il musetto ho utilizzato un mix di 60% di Intermediate Blue Gunze H-56, 30% di Sky Blue Gunze H-25 e 10% di Flat Yellow. In molte foto del velivolo reale si nota chiaramente che l’ogiva era stata dipinta con un colore fresco a pennello e che i segni delle setole debordavano anche sul resto del camouflage creando un contrasto ben visibile.

Ho preferito non verniciare a mano libera questa zona poiché il risultato finale sarebbe risultato fuori scala. Ho, quindi, preferito spruzzare il colore ad aerografo fino alla prima pannellatura di stacco e, solo dopo, aggiungere i già citati segni con un pennellino doppio-zero.

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Prima di procedere oltre ho preferito eliminare il Masking Sol; è sempre meglio non lasciarlo troppo a contatto con le superfici perché, a lungo andare, perde le sue caratteristiche di elasticità ed è più ostico da rimuovere. Con l’ausilio di un cotton fioc inumidito di acqua, ho asportato il mascherante pelabile scoprendo il fondo in alluminio che ha perfettamente simulato il chipping della vernice. In alcuni punti, come il dorso dell’ala in corrispondenza dei propulsori e i bordi di attacco, sono intervenuto con della carta abrasiva grana 2500 bagnata consumando lo strato di colore superficiale e riproducendo il classico aspetto consunto dovuto al calpestio degli specialisti e dall’impatto della polvere sabbiosa.

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A questo punto, per movimentare un po’ la mimetica ed integrare meglio le scrostature, ho applicato su tutto il modello una prima sessione di Post Shading. Più in particolare ho utilizzato le seguenti tonalità:

  • ŸSui due toni delle superfici superiori ho steso l’Intermediate Blue Gunze schiarito al 30% con del bianco opaco.
  • ŸSulle superfici inferiori ho applicato la tecnica al contrario, ovvero ho aerografato il German Grey e un po’ di Olive Drab, entrambi della Tamiya, estremamente diluiti (al 90% con alcool isopropilico) all’interno delle pannellature (insistendo maggiormente attorno ai motori e alla stiva bombe) per ottenere un fondo leggermente più scuro; subito dopo ho di nuovo riempito le zone interessate con degli spot molto ravvicinati di Flat White Tamiya diluito come sopra. Questo modus operandi trasmette all’occhio dell’osservatore una sensazione generale di sporcizia che spezza bene la monotonia del bianco.

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Dalle foto potete notare che questo primo processo d’invecchiamento è rimasto volutamente molto visibile sulle superfici del modello, in previsione di un’altra tecnica di cui vi parlerò fra qualche capoverso.

Lavaggi e decalcomanie: Solitamente preferisco lucidare abbondantemente i miei modelli per impedire la creazione di “filtri” e patine causati dai colori ad olio impiegati nei lavaggi delle pannellature. Questa volta, al contrario, non ho insistito con il Clear X-22 della Tamiya per lasciare la finitura intermedia leggermente satinata. Di fatto i “washing” hanno creato delle interessanti variazioni sui toni che, in seguito ho sfruttato per aumentare l’effetto del weathering. Per completezza d’informazione, le tinte utilizzate per enfatizzare le incisioni sono le seguenti:

  • Ÿ   Navy Blu: Grigio di Payne puro.
  • Ÿ   Intermediate Blue: Grigio di Payne schiarito circa al 40% con del grigio chiaro (mix di Bianco di Marte e Nero Avorio).
  • Ÿ   Bianco: Grigio chiaro sopra citato.

 

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Anche i fumi di scarico sono stati realizzati con colori ad olio ad aerografo. Contrariamente a quanto si possa pensare, questo tipo di pigmenti si aggrappano senza problemi anche sulle superfici lucide e, se diluiti come comuni acrilici e stesi a bassa pressione, permettono di ottenere delle interessanti sfumature. Nel mio caso devo ammettere di essermi davvero divertito nel riprodurli: in tutte le immagini da me visionate i Ventura della RNZAF avevano, lungo le gondole motore, delle vistose scie scure!

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Per ricrearli ho utilizzato un mix di Bruno Van Dyck, Nero Avorio e Terra di Siena stesi con passate leggere e veloci. All’interno, poi, ho simulato i residui dei gas più pesanti ed incombusti (che solitamente assumono una tonalità più chiara) col solito grigio usato per i lavaggi. L’unica accortezza quando si usano questi prodotti da artista, è quella di non toccare assolutamente le zone interessate e prima di maneggiare il modello in sicurezza, sigillare il tutto con un ulteriore strato di trasparente. Nella foto di cui sopra una freccia azzurrina mette in risalto un rattoppo di vernice che le istruzioni delle decalcomanie segnalano ma di cui, purtroppo, non c’è evidenza fotografica. Ma dato che il prodotto è ben fatto dal punto di vista storico (meno da quello modellistico… ma ne parlerò fra poco), mi sono fidato e l’ho riprodotto con l’Intermediate Gunze leggermente schiarito per simulare una vernice applicata da poco.

A questo punto è doveroso spendere qualche parola circa le decal della Ventura Production. A vederle sul foglio sembrano di buona fattura ma, purtroppo, quando si utilizzano praticamente l’impressione cambia. Nel mio caso specifico sono stato anche sfortunato perché una delle coccarde della fusoliera aveva il bordo giallo macchiato dal blu del disco centrale…. in definitiva, inutilizzabile!

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Nel set non ve ne sono altre provviste di bande laterali per cui, giocoforza, ho dovuto tagliare via la porzione tonda con un taglierino circolare della OLFA e “montarle” su una nuova insegna. Un lavoro snervante che ha richiesto molta attenzione… e di cui avrei fatto volentieri a meno. Sempre a proposito delle bande, i colori che le riempiono sono fuori registro e fanno intravedere delle bruttissime striscioline bianche intorno al blu che delimita il rettangolo. Personalmente mi sono reso conto del problema solo dopo aver aggiunto le decalcomanie al modello e, non potendo tagliare via le porzioni in eccesso perché troppo rischioso, ho preferito mascherare i distintivi di nazionalità e sovra verniciare il blu con un mix che più assomigliasse al colore di fondo; purtroppo il match non è del tutto preciso ma nel complesso l’occhio non percepisce grosse differenze.

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Carichi di caduta ed ultimi dettagli:

Giunto a questa fase ho steso su tutto il modello tre generose mani di Flat Clear Gunze H-20; l’intento era quello di simulare la “cottura” delle tinte dovute al sole e agli agenti atmosferici che caratterizzavano il teatro operativo del Pacifico. Ricordate di aver letto, qualche riga più in alto, che l’invecchiamento del mio bimotore non era ancora giunto al termine?

Bene, sfruttando ancora una volta i colori ad olio ho nuovamente “giocato” con i filtri sfruttando la finitura opaca del Ventura: dapprima ho preparato una miscela al 50% di Grigio Payne e Nero Avorio diluita all’80% con thinner Humbrol poi, con la solita spugnetta prelevata dai set Aires, ho “picchiettato” il composto sul dorso delle ali e della fusoliera.

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Ovviamente la superficie porosa ha subito assorbito il colore creando delle macchie con bordi troppo definiti. Per amalgamarle meglio ho imbevuto un cotton fioc nel sopracitato diluente Humbrol e, con delicatezza, le ho sfumate “tirandole”, in alcuni casi, nel senso di scorrimento dell’aria per ricreare le classiche striature che spesso si vedono sui velivoli reali. Nei punti dove il filtro era ancora troppo visibile ho ripassato il colore di base (Navy Blue Gunze) molto diluito e a bassissima pressione. Una nuova mano finale di opaco ha, poi, concluso l’opera. Un mirato utilizzo delle polveri Tamiya (weathering set B e D) ha integrato meglio i vari “layer” del weathering e, nel contempo, mi ha permesso di ricreare alcune colature di carburante, di liquidi idraulici e di desaturare insegne e nose art.

Nei tempi morti ho terminato anche le bombe verniciandole in Dark Green Gunze H-330 e completandole con le solite bande in Flat Yellow Tamiya e le decal fornite nella scatola.

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Il montaggio finale ha previsto l’aggiunta dei vari portelloni del vano carrelli e bombe, quest’ultimi abbastanza complicati da incollare a causa della complessa geometria del cinematismo di chiusura… armatevi di tanta pazienza!

Sulle pale dell’elica ho voluto ricreare l’usura da sfregamento del pulviscolo e della sabbia che costituivano le piste semi-preparate nel Pacifico: come per il bordo di attacco delle ali ho steso una base di White Alluminium Alclad a cui sono seguiti il Flat Black e il Flat Yellow per le tip. A seguire, con un cotton fioc intriso di pasta abrasiva Tamiya (grana Coarse) ho sfregato i bordi di attacco con delicatezza fino a far riaffiorare il metallo naturale sottostante.

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L’ultimo sforzo ha riguardato il complesso sistema di antenne a filo dei Ventura neo zelandesi: allo scopo ho usato il filo elastico “Fine” della Uschi Van Der Rosten che, devo dire, è un prodotto è davvero buono. Riesce a sopportare una notevole trazione, si incolla con facilità utilizzando la cianacrilica (ne basta veramente poca! Non esagerate altrimenti otterrete l’effetto contrario!) e, soprattutto, è già di colore nero.

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L’aggiunta delle luci di posizione in resina provenienti dal set CMK n°4060, delle mitragliatrici calibro 50, e di un piccolo Venturi posto sotto il lato anteriore sinistro della fusoliera (rifatto con un tondino di Evergreen sagomato) ha definitivamente messo la parola fine al mio lungo lavoro!

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Conclusioni:

Questo modello è stata la mia prima avventura nel mondo dei grandi bimotori della WWII. Il kit, nel complesso, è piacevole e diverte nell’affrontarlo; alcune soluzioni pensate per questo stampo sono troppo semplicistiche e i modellisti più smaliziati non si accontenteranno facilmente del solo contenuto della scatola: del resto, io stesso, ho voluto mettere mano a molti dettagli allungando parecchio i tempi di lavorazione.

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In ogni caso, se affrontato da scatola, il Ventura della Revell è un kit veloce, facile da montare e che permette di aggiungere alla nostra collezione un soggetto insolito e poco noto.

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L’unico vero problema? Lo spazio che esso occupa in vetrina non è trascurabile!

Buon modellismo a tutti.

Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

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1 Comment

  1. Sei anagraficamente un Jettarolo…ma sotto sotto batte un’anima elicara! Bellissimo!!!

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