venerdì, Marzo 29, 2024

Il “Macchino” della Sperimentale – MB.326K dal kit ESCI in scala 1/48.

Io credo che nella vita di ogni modellista un tema principe, un filo da seguire ,durante la costruzione dei vari modelli sia una cosa essenziale ed innata in ognuno di noi. C’è chi predilige i velivoli dell’U.S Navy o degli “Yankees” in generale,c’è chi preferisce gli aerei della Israeli Air Force, e cosi via; e c’è chi come me ha un debole per i velivoli della nostra cara Aeronautica Militare Italiana. Proprio per questo, modello dopo modello, scatola dopo scatola, in me è nata l’idea di rappresentare tutti i maggiori aeromobili appartenenti ed appartenuti alla nostra A.M.I. Progetto ambizioso, lo so, ma anche piacevole da fare, considerando che, un appassionato del volo militare come me, si sente profondamente onorato a rappresentare i velivoli che portano in corpo il fregio tricolore. Ovviamente non tutti i modelli sono molto facili da reperire specialmente perchè, essendo aerei appartenuti ad una singola nazione (come l’Italia ad esempio), sono kit che di rado vengono tenuti in considerazione dalle case modellistiche,  oppure sono kit così vecchi da esser poco reperibili sul mercato.
Quindi allargare la mia collezione di velivoli italiani con un MB-326K era abbastanza difficile dato che l’unica rappresentazione nel quarto di pollice la offriva l’ESCI con una scatola datata 1982. Le ricerche sono durate veramente tanto ma, grazie alla complicità di un amico, dopo un bel po’ di tempo sono riuscito ad avere il kit sotto mano.

Detto ciò è giusto specificare che a livello storico l’MB 326K non fu un aereo “attivo” nella nostra forza aerea (si preferì utilizzare altri candidati per ricoprire il suo ruolo), ma riscontrò un grande successo all’esteronin paesi come Brasile, Australia, Sud Africa  divenendo, insieme al suo fratello addestratore (l’MB-326 E), il velivolo italiano più venduto dal dopoguerra ad oggi con totale di 800 esemplari distribuiti tra circa 12 nazioni.

Il kit:

Come detto precedentemente l’unico kit presente sul mercato per rappresentare la versione monoposto del “Macchino” è l’ESCI (intitolato Aermacchi MB-326K Impala). Lo stampo non è affatto male per gli anni che ha sulle spalle; esso si presenta suddiviso in quattro stampate di colore grigio, con dettaglio in fine negativo e una scomposizione che dà luogo ad un montaggio semplice e lineare. Anche se è sostanzialmente ben fatto, il modello soffre di un leggero problema di incastri nelle giunzioni ali/fusoliera e nell’allineamento delle due piccole prese d’aria.Inoltre, con disegni quotati alla mano ,la fusoliera risulta essere circa 2 mm più corta rispetto all’originale e necessiterebbe di essere allungata. Questo, però, è un lavoro che andrebbe affrontato ancor prima di iniziare il montaggio vero e proprio dei pezzi.

Costruzione:

Premesso ciò iniziamo a parlare di modellismo “pratico”. Vista la rarità del kit era mia intenzione rappresentarlo al massimo delle mie potenzialità e proprio per questo  il mio occhio non tollerava del tutto il cockpit (totalmente privo di dettagli); poichè era, sin dall’inizio, mia intenzione rappresentare il modello con il canopy aperto, l’unica opzione a cui potevo ricorrere era quella di un auto-costruzione integrale dello stesso. Premetto di non essere uno “scratchbuilder” incallito anzi, quando posso, ricorro il più possibile ai tanti aftermarket oggi in circolazione. Vista l’anzianità e la poca popolarità della scatola di montaggio, però, sono dovuto ricorrere all’autocostruzione. Dopo aver raccolto quanto più materiale documentativo possibile, armato di santa pazienza ho cominciato a lavorare sul cockpit del K. Inizialmente ho ricreato i vari tubicini posti dietro il sedile del pilota, avvalendomi di fili di rame e sprue sagomati, arrivando a questo risultato:

Ovviamente anche la vasca necessitava di una “aggiustatina” considerando che per la strumentazione delle consolles laterali venivano fornite delle semplici decal. Documentazione alla mano, e con tutto il supporto del forum di Modeling Time, il lavoro di autocostruzione è andato avanti riproducendo con del plasticard e della lenza da pesca tagliata a fettine, tutto il pilot’s office.


I materiali sono stati i più disparati: partendo dai classici fili di rame per creare le levette, arrivando ad utilizzare vecchie corde di chitarra per fare il tubo dell’erogazione dell’ossigeno per il pilota. Altro problema da me affrontato riguardava il dettaglio del cruscotto: per realizzare i quadranti avevo, inizialmente, scelto di sagomare dei quadratini di Plasticard di opportuna misura ma, purtroppo, esso risultava troppo spesso. Alla fine ho deciso di ripiegare su delle vecchie fotoincisioni che, tagliate e forate in modo opportuno, hanno dato il giusto dettaglio al pannello frontale.

Perfetto, tutto era pronto! Non vi nego che una certa soddisfazione scorreva dentro di me, per la prima volta ero riuscito a crearmi qualcosa da solo senza ricorrere ad aftermarket o quant’altro… ma si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio! Anche grazie al suggerimento dell’amministratore di Modeling Time – Valerio (che più di me ne è un cultore) – ho pensato: “perché non utilizzare la vasca rielaborata e ricavarne una copia in resina?”.
Sfruttando come master il “Pit” auto costruito e grazie all’ utilizzo di gomma siliconica e resina, ho tirato fuori il mio primo accessorio aftermaket!  esso è stato, poi, corredato di  seggiolino in resina della OzzMods (rifinito con maniglie di espulsione e cinture di sicurezza) che ha completato il tutto.

Ovviamente essendo il mio cockpit un pezzo derivato da quello da scatola non ho avuto il benchè  minimo problema di adattamento negli scassi delle due semi fusoliere.

Come resto, il montaggio generale  non è stato particolarmente difficoltoso; basta avere un po’ di cura ed il modello, davvero ben fatto come incastri, fila via che è una meraviglia. Ovviamente quando credi che tutto il lavoro che stai facendo vada per il verso giusto ti accorgi di altri dettagli che proprio non riesci a mandare giù. Nel mio caso si è trattato dei due cannoni presenti in la fusoliera che, nella scatola, sono rappresentati più che altro da due “sporgenze” senza forma! anche lo scarico è davvero corto ed irreale. Per quanto riguarda i primi c’è da fare una piccola premessa: il velivolo da me rappresentato, l’RS-24(I-AMKK), montava due cannoni da 30mm ADEN le cue canne, a differenza dei DEFA adottati successivamente, sporgevano solo un un paio di centimetri dalle carenature che li contenevano. In definitiva i pezzi forniti da scatola risultano essere tremendamente inadeguati a riprodurre il sistema d’armamento del K.


Per eliminare questo errore ho deciso di prelevare i cannoncini contenuti nella scatola Frems dedicata all’MB.339 (fortuna che io sono uno di quei tipi che non butta mai niente) e, ricavando l’alloggiamento nelle carenature in plastica del mio 326, vi ho inserito i due profilati in ottone.


Per ciò che riguarda lo scarico, ecco è stato ricostruito praticamente da zero utilizzando il corpo di una penna per il condotto interno. Il pezzo originale, invece, è stato usato come dima per il corretto inserimento del nuovo “tubo” all’ interno della fusoliera.


Detto ciò, avendo colmato le lacune più significative del modello, la costruzione è proceduta senza particolari intoppi. Mi sono semplicemente soffermato a ricostruire alcuni dettagli come il pozzetto anteriore, i flap, il collimatore di puntamento sul cruscotto ed altre piccolezze, quindi dopo aver effettuato alcune doverose reincisioni ed aver passato una buona mano di primer, mi sono sentito pronto per la verniciatura.

Verniciatura:
L’MB 326K presentava, ai tempi della dimostrazione all’Air Show di Farnborough, una mimetica a tre toni di colore (2 tipi di verde ed un colore sabbia) su tutta la sua parte superiore. Le superfici inferiori erano di un colore grigio riconducibile all’FS 36222 (Gunze H-311). Quest’ultimo riferimento non è frutto di note reperite nella documentazione (che, per altro, non dà suggerimenti a tal proposito), bensì una mia interpretazione basata su esperienza e accostamento cromatico di varie tonalità di grigio rispetto alle foto in mio possesso. Partendo da questo presupposto ho iniziato a stendere i primi colori sul mio modello partendo, proprio, dal 36222 della “pancia”.

Successivamente, ho inziato ad applicare la mimetica a tre toni utilizzando, a tale scopo, la validissima tecnica del Patafix. Ho prestato attenzi0ne nel realizzare i bordi, che delineano un colore dall’altro,  più netti possibile. Per far ciò ho schiacciato i salsicciotti di Patafix il più possibile, curandomi di spruzzare le vernici quanto più perpendicolarmente alle mascherature, quindi dopo una lunga serie di mascherature ritocchi ecc ecc ,creandomi vari mix di colore che mi soddisfacessero, ho ultimato la verniciatura. Questi i colori utilizzati:

  • Verde chiaro: 50% di Gunze H-303 e 50% di H-309. Per rendere la tinta più simile alla realtà vi ho spruzzato sopra una leggera velatura di Olive Drab Tamiya.
  • Verde scuro: 8 gocce di H-309 con 2 di nero opaco.
  • Marrone: base di Gunze H310 schiarito con 10 gocce di H-310,5 gocce di H-318 e 5 gocce di XF-4 Tamiya.
  • Bordi di attacco dell’ala, della deriva e musetto: Gunze H-308 con una goccia di blu e 2 di bianco.

Il cono di scarico è stato colorato internamernte con il Burnt Metal della Model Master, ed esternamente con il White Alluminium Alclad (imbrunito con leggerezza con dello smoke Tamiya). L’interno dei vani carrello, dei flaps e dell’aerofreno sono stati vernciati in Zinch Chromate Green Model Master; le  gambe di forza e l’interno dei  portelloni con l’Alluminio 11 della Humbrol.

Washing e Decals:
Un aspetto fondamentale, che sin dall’inizio ho tenuto in considerazione per realizzare il mio K, è stato il grado di usura da riprodurre. Realizzare un velivolo dimostratore che, sostanzialmente, non è granchè soggetto all’usura delle itemperie può risultare abbastanza complicato perchè si tente sempre a “calcare” troppo la mano con l’invecchiamento. Quindi, esclusa  in partenza la possibilità di un postshading, ho preferito adottare un semplice lavaggio con colori ad olio utile, nel mio caso, a delineare solo i pannelli. Per il washing ho utilizzato un grigio abbastanza chiaro passato su una superfice più lucida del solito così da non incappare in alcun tipo di “effetto filtro” (il filtro appare quando la superficie del modello è opaca o satinata per cui l’olio viene assorbito dalla vernice di fondo sporcandola).

Dopo i lavaggi ho sigillato il tutto con ulteriori due mani di lucido.

Decal:
Il kit in mio possesso era stato riposto in un umido garage per molti anni. Pur datato 1982, l’unico componente che ha subito un deterioramento irrimediabile è stato il foglio decals. Purtroppo, nel già ristretto panorama degli aftermarket dedicati ai velivoli italiani, non è mai esistito un foglio decal accessorio per il 326K; quindi l’unica via per ottenere delle “nuove” decalcomanie era la stampa “home made”, ovvero fare tutto in casa. Grazie alla complicità di un amico molto bravo nell’utilizzo di Photoshop, armati di una  buona dose di pazienza e di un buon Mac abbiamo iniziato a riprodurre graficamente tutte le insegne che all’epoca erano applicate all’RS-24.

Se il lavoro al PC è stato relativamente facile (il mio ruolo si è limitato a quello di supervisore) la stampa, e specialmente l’applicazione delle decal custom non è stata per niente facile. Quando si tratta di questo tipo di lavorazione, l’ideale sarebbe disporre di una stampante ALPS (che è in grado di stampare anche il colore bianco); non possedendo questo particolare tipo di periferica, mi soono dovuto limitare all’uso di una ink jet fotografica con una buona risoluzione.

Altro problema principale delle decalcamonie “casalinghe” è lo scarso potere adesivo del foglio e dello spessore dello stesso (personalmente ho usato i fogli trasparenti dell’americana Expert Choice) , oltre all’obbligo di scontornare al massimo ogni singola insegna poichè esse sono stampate su un unico supporto di film. Ho cercato di limitare al massimo il rischio di silvering derivato utilizzando i prodotti della Microscale (Micro Set) come fissativo, ed il Mr. Mark Softer della Gunze (prodotto molto più aggressivo del Micro Sol) come ammorbidente; oltre a questo, necessariamente la superficie del modello deve essere più che lucida.


Una volta applicate tutte le decalcomanie è stata mia cura passare più di  due abbondanti mani di lucido per ridurre lo spessore che l’adesivo creava con la superfice, oltre che  rifinire delicatamente la superficie del modello con della carta abrasiva finissima (grana 10.000 in pratica) per appianare ulteriore i dislivelli.

Montaggio finale:
Perfetto, adesso tutto è al proprio posto e manca solo l’opaco finale .


Che dire? è stato un progetto tanto difficile quanto piacevole da realizzare. Ho cercato, nel mio piccolo, di dettagliare il modello al massimo delle mie potenzialità. Ricapitolando, i lavori di miglioramento per questa scatola di montaggio sono stati:

  •  Autocostruzione completa del cockpit e clonazione in resina dello stesso (l’intervento più evidente).

  • Modifica delle carene dei cannoni con l’aggiunta delle canne in ottone.
  • Autocostruzione del collimatore di puntamento posto sulla palpebra frontale.
  • Lavoro di dettaglio sulle gambe dei carrelli (tubi,tubicini ecc.).
  • Ricostruzione  di tutto l’interno del pozzetto del carrello anteriore.
  • Miglioramento e modifica dei piloni subalari.
  • Lavoro di dettaglio nell’interno del canopy.
  • Aumento della profondità del condotto di scarico.
  • Posizionamento corretto della NAV Light inferiore con ricostruzione delle due scatolette inferiori.
  • Separazione dei flap dalle ali ed aggiunta delle superfici mobili in resina della OzzMods.
  • Riproduzione delle decal “custom”.

E’ stato veramente bello riuscire a portare a compimento questo stampo “anzianotto” ,specialmente perché a quest’ora sarebbe rimasto a marcire in un’umida cantina senza mai riuscire a vedere la luce. Se la riuscita del kit è avvenuta in maniera discreta è stato grazie al supporto ed all’aiuto che il nostro bellissimo Modeling Time è stato in grado di darmi.
Happy modelling a tutti!

Un saluto.
Giuseppe “Snake88” Virgitto.

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