La United States Navy esercita, da sempre un fascino particolare sui modellisti… non si può, di certo, negare! A mio avviso, gli “ingredienti” segreti di questo successo sono pochi ma importantissimi: araldiche accattivanti, velivoli bellissimi ma…. soprattutto… sporchi, logori e mal conciati! Sfido chiunque stia leggendo quest’articolo a smentire che, almeno una volta nella vita, non si sia soffermato qualche minuto pensando a come ricreare gli effetti con cui salsedine e condizioni climatiche avverse massacrano, letteralmente, le livree degli aerei imbarcati.
Chi vi sta scrivendo rientra a pieno titolo nella categoria di modellisti sopra descritta… ed è per questo che sono qui a presentarvi il mio ultimo lavoro: un F/A-18C del VFA-87 in scala 1/48.
La scelta del kit e degli accessori:
Pensando a una scatola di montaggio dedicata all’Hornet, la scelta non può non ricadere sul modello dell’Hasegawa. Anche se lo stampo ha, oramai, parecchi anni sulle spalle, esso mantiene quasi inalterato il suo valore grazie a delle bellissime pannellature in fine negativo e un’alta fedeltà delle forme e delle linee generali. Attualmente in commercio si può trovare anche l’Hobby Boss che, in ultima analisi, è una copia più povera di dettaglio del kit giapponese. Dalla sua, il prodotto cinese ha un prezzo d’acquisto vantaggioso e una più semplice reperibilità sul mercato.
Come mia consuetudine, ho corredato il modello con una serie di accessori che elenco di seguito:
- Aires 4211 – Cockpit Set: giacché rimarrà molto in vista a modello finito, non poteva mancare il set della ditta ceca per il super dettaglio dell’abitacolo.
- Aires 4235 – Wheel Bays: ricchi di particolari ma non esenti da difetti di cui parlerò più avanti.
- Aires 4267 – Exhaust: acquisto obbligato per rimpiazzare gli scarichi in plastica sicuramente non all’altezza della scala del quarto di pollice.
- Rhino Model 48006 – Seamless Intake: le prese d’aria seamless (senza giunzioni) di questa “garage factory” americana sono bellissime! Profonde come quelle reali, stampate in resina bianca (accortezza che mi ha evitato una non agevole verniciatura dell’interno dei condotti) e, soprattutto, già pronte per l’uso.
- Legend Production 4039 – Fuel Tanks: i serbatoi forniti nella scatola hanno una forma troppo affusolata e non fedele alla realtà. Per questo ho inserito in lista anche questo set che fornisce tre fuel tanks in resina di dimensioni corrette.
- Eduard 49223 – Photoeteched Set: non saranno molte le parti da prelevare da quest’aftermarket, ma ne varrà la pena già solo per la bellissima scaletta di accesso all’abitacolo.
- Afterburner Decal 48018: la ditta statunitense ha, purtroppo, cessato l’attività già da qualche tempo ma queste decalcomanie sono ancora abbastanza diffuse. Un “must” per tutti coloro, come il sottoscritto, che vogliono riprodurre un Hornet del VFA-87 “Golden Warriors”.
- Wolfpack Design 48026 – F/A-18 Update Set: tra I tanti esemplari proposti nel foglio decal Afterburner ho scelto il Bu.No 164647, uno tra quelli sottoposti ad upgrade avionico. L’aggiornamento comprendeva l’installazione di nuove antenne IFF (Identification Friend or Foe) sul muso davanti al parabrezza e del sistema di navigazione satellitare GPS (con il relativo “dome” montato sulla gobba). Oltre a queste modifiche, c’è stata l’aggiunta di due antenne a lama del Data Link dell’apparato IFF (una davanti al GPS sul dorso, l’altra in prossimità del pozzetto carrello anteriore) e di un’antenna carenata per la ricezione dei segnali Radar Warning sul portellone della wheel bay anteriore. Tutte queste parti, in scala, sono incluse nel prodotto della Wolfpack che, purtroppo, non è esente da gravi difetti. Ne parlerò nel prosieguo dell’articolo.
- Quickboost 48287 – SJU-17 NACES Ejection Seat: anche se riferito all’F-14D, il seggiolino in oggetto può essere montato anche sull’esemplare da me scelto apportando piccole modifiche. Ricordo che l’Upgrade di cui parlavo nelle righe sopra ha riguardato anche la sostituzione del vecchio sedile eiettabile SJU-5 (da scartare, quindi, quello fornito nel set Aires relativo all’abitacolo) con il nuovo SJU-17.
- JF Models 4804 – Wings Fold Set: incuriosito da questa ditta che non conoscevo, ho deciso di acquistare anche il succitato aftermarket in resina per ripiegare le estremità alari del mio modello e dargli un po’ di “movimento”. Devo dire che la qualità è molto buona, come del resto anche la precisione dei pezzi. Consigliato!
- Royale Resin R031 – Corrected Wheels: i cerchioni delle ruote posteriori originali Hasegawa non sono corretti e, per questo, ho aggiunto alla lista anche questo accessorio della Royale Resin.
- Leading Edge 48001 – Masking Set: nel sostanzioso set della canadese Leading Edge si possono trovare mascherine per il canopy, per le walkway e, addirittura, dei pezzi di spugna sagomati per coprire i pozzetti carrello. Purtroppo devo dire che la qualità delle “masks” adesive non è il massimo a causa del materiale con cui sono fatte: il vinile. Esso, purtroppo, rimane molto rigido e non permette alla maschera di aderire bene alle superfici. Meglio preferire le classiche Eduard in nastro Kabuki.
Conclusa la lunga “lista della spesa”, tutto è pronto per procedere con il montaggio del kit.
MONTAGGIO.
Pozzetti carrello:
Contrariamente da quello che la consuetudine vuole, i lavori non hanno avuto inizio dal cockpit bensì dai pozzetti carrello. La prima operazione ha riguardato la totale asportazione degli originali in plastica per far posto alle copie, più dettagliate, in resina.
Le Wheel Bays posteriori Aires sono leggermente sotto dimensionate in lunghezza e, per allinearle al meglio, ho ricreato dei riscontri in Plasticard che ho incollato all’interno della fusoliera. Tutte le fessure sono state, poi, riempite con del Mr. Surfacer grana 500.
Il kit prevede due inserti che chiudono la carlinga ai lati. A questi due pezzi andrà asportato tutto l’ingombro evidenziato in giallo, e assottigliata la plastica per permettergli un corretto allineamento rispetto alla resina.
Il pozzetto anteriore è quello che crea maggiori problemi anche a causa della forma stretta della fusoliera che rende poco agevole l’eliminazione del dettaglio originale. Inoltre, anche in questo caso l’alloggiamento non è molto preciso in lunghezza e, per evitare fastidiosi “gap”, va posizionato con cura e solo dopo numerose prove a secco.
Cockpit:
L’adattamento del cockpit Aires non presenta difficoltà insormontabili; andrà, però, ridotto lo spessore della parte inferiore della vasca per limitarne il volume e non interferire con il pozzetto carrello anteriore. Inoltre sarà necessario asportare un po’ di materiale dalle zone evidenziate in giallo onde evitare che l’abitacolo faccia troppa pressione sulle pareti laterali del kit.
Per ciò che riguarda la fusoliera, invece, gli interventi da eseguire sono i seguenti:
Eliminazione della palpebra del cruscotto…
… riduzione della plastica nei punti contrassegnati…
… apertura di questi “scassi” per permettere il corretto allineamento dell’abitacolo.
La trasformazione dei pezzi in plastica per far posto a quelli in resina non è ancora conclusa. Un’altra lavorazione da eseguire riguarda la zona alle spalle del seggiolino che comprende, tra le tante cose, anche il vano avionico (in gergo chiamato “Hell’s Hole”). Il pezzo in plastica numero G4 Deve essere modificato eliminando tutta la zona indicata in giallo per far posto al pianale in resina alle spalle dell’abitacolo.
Lo stesso pianale soffre dei medesimi problemi di sottodimensionamento cui ho accennato prima e, per risolverli, ho inserito un listello di Plasticard che ha funzionato da appoggio:
Identico materiale è stato utilizzato (sempre in listelli sottili) per riempire le fessure ai lati:
In conclusione, il “Pilot’s Office” è stato verniciato in Light Grey F.S. 36375 (Gunze H-308), ad eccezione delle consolle laterali e delle cornici degli strumenti in Nero Opaco. I dettagli sono stati evidenziati con il solito lavaggio il grigio medio ad olio e utilizzando la tecnica del “Dry Brush”.
Come già anticipato nella presentazione, il seggiolino SJU-5 incluso nel set della Aires è stato sostituito con un SJU-17 della Quickboost. Poiché il sedile è dedicato ai kit degli F-14D, dovrà essere leggermente rielaborato eliminando i due piccoli rostri sul poggiatesta e aggiungendo una cinghia di ritenzione delle cinture (simulata con un pezzo di nastro Tamiya). Il mio “ejection seat” è stato verniciato in Nero Opaco (la struttura), in Olive Drab Vallejo (i cuscini) e in Luftwaffe Camo Green, sempre Vallejo, le cinture di sicurezza. Altri piccoli particolari, come ad esempio delle targhette prelevate dal set di decalcomanie della Mike Grant’s Decal e la leva di espulsione, hanno completato il tutto.
Ali e prese d’aria:
A mio avviso gli aerei imbarcati con le estremità alari ripiegate hanno una marcia in più! Del resto, è una delle caratteristiche che li distinguono dai velivoli “terrestri”…
Approfittando del bel set della JF Models, mi sono messo all’opera per adattarlo alle superfici alari originali del kit. Prendendo come riferimento le pannellature, e misurando i pezzi in resina, ho tagliato la plastica nel punto specifico utilizzando uno scriber passato ripetutamente lungo l’incisione fino al completo distacco del materiale. Con questo metodo si ottengono delle separazioni molto nette e pulite, basterà solo rifinire la sezione con della carta abrasiva.
La fase più delicata del lavoro è conclusa ed ora non resta che incollare il troncone “fisso” dell’ala mediante colla ciano-acrilica. La resina è abbastanza precisa in quanto a forme e dimensioni e, fortunatamente, l’uso dello stucco per pareggiare dislivelli o fessure è ridotto al minimo.
Passo ora alle prese d’aria: come detto, quelle della Rhino sono delle “seamless” e già pronte per l’uso. A causa del loro maggiore “ingombro” è necessario modificare anche la zona più interna delle ali, sagomando la plastica come indicato in foto:
Inoltre, alla base dei pozzetti carrello posteriori ho dato una forma “concava” in modo da creare più spazio per i condotti e di fornire loro una base:
Prima di procedere con l’unione della parte superiore e inferiore della fusoliera, ho approfittato sostituendo le griglie originali per lo sfiato dello strato limite con altre in fotoincisione prelevate dal set Eduard; inutile dire che fanno tutt’altra figura!
Montaggio della fusoliera e del muso Wolfpack:
Dopo parecchie ore di lavoro spese nell’adattare i vari aftermarket, è giunto il momento di assemblare la fusoliera. La resina, inevitabilmente, ha apportato delle piccole modifiche alle geometrie del kit e si sono resi necessari degli aggiustamenti per far quadrare di nuovo le sagome. Parte delle colpe possono essere “addossate” ai condotti d’ingestione dello strato limite che interferiscono con l’incastro delle semi-ali. Per questo ne ho ridotto lo spessore limando la loro superficie da ambo i lati.
Con questo intervento l’unione della fusoliera migliora ma, in ogni caso, ho proceduto con incollaggi multipli dalla coda fino al muso per allineare tutto al meglio.
Vengo ora alla fase che mi ha creato più problemi durante tutto l’arco della costruzione, il montaggio del musetto in resina della Wolfpack Design. Come triste consuetudine della ditta coreana, i suoi pezzi sono normalmente sotto dimensionati e anche di molto. In particolare il set a mia disposizione era in deficit di almeno un millimetro per parte, davvero troppo.
Fortunatamente, un “difetto” ha giocato a mio vantaggio… e vi spiego il perché. Come detto in precedenza, il pozzetto anteriore della Aires è leggermente più piccolo rispetto alla sua sede e, una volta incollato in posizione, tra la parte interna della fusoliera e il pezzo in resina si forma un’intercapedine.
Proprio grazie a questo interstizio ho potuto comprimere la plastica riportando le dimensioni del troncone anteriore alle stesse (o quasi) proporzioni del musetto.
Per incollare il radome al resto della fusoliera ho preferito l’epossidica della Z-Poxy. Questa colla bicomponente “tira” in meno di cinque minuti e mi ha permesso di eseguire dei piccoli (e preziosi) aggiustamenti fino a pochi secondi prima della sua completa catalizzazione.
Quella che vedete era la situazione iniziale con delle importanti fessure da riempire con Plasticard:
Di seguito, invece, la lavorazione pressoché ultimata. La step più tedioso è stato, senza dubbio, la reincisione delle tante pannellature andate perse a causa delle carteggiature invasive cui ho dovuto ricorrere (per eliminare gli “scalini” ho utilizzato perfino carte con grana 320). Oltretutto la resina Wolfpack non ha una qualità eccelsa e, sotto allo scriber, si sgretola facilmente rendendo i bordi dei pannelli poco precisi e puliti.
Con il momento più critico del montaggio oramai alle spalle, le mie attenzioni si sono rivolte alla cura di alcuni dettagli. Per iniziare, ho ricreato con nastro adesivo di alluminio due piastre di rinforzo (una per lato) in coda, all’altezza delle luci di formazione.
Con lo stesso materiale, e in accordo con l’ottima documentazione fornita dal volume “Uncovering the F/A-18 Hornet” della DACO, ho aggiunto altre due strisce di rinforzo anche nella zona delle prese d’aria.
Inoltre ho chiuso il vano aerofreno con la relativa parte mobile poiché, a terra, nessuna foto lo ritrae aperto.
Flaperons:
Il “flaperon” è una superficie di controllo di un velivolo posta sul bordo di uscita delle ali che può assumere contemporaneamente le funzioni di flap e alettone. Tutti gli Hornet ne sono equipaggiati, come del resto anche la quasi totalità dei velivoli militari moderni. Il loro meccanismo è molto complesso nella realtà, figuriamoci se volessimo riprodurlo, in modo più accurato possibile, in scala!
Quando i citati flaperons sono estesi, assieme alle superfici di governo si abbassa anche una flangia che copre tutti i servo meccanismi interni all’ala. Inutile dire che l’Hasegawa, scegliendo una soluzione troppo semplicistica per la scala del quarto di pollice, ha fornito questa flangia di copertura in un unico pezzo da incollare al resto dell’ala.
Dopo qualche prova a secco ho constatato che l’unione tra i due pezzi lasciava delle fessure inaccettabili e, inoltre, l’effetto finale dell’insieme non mi soddisfaceva per nulla. Quindi, per iniziare, ho deciso di ricostruire la copertura in Plasticard (come dima ho usato il pezzo fornito nella scatola) anche per ottenere uno spessore della plastica in scala:
Dall’originale ho prelevato solamente la porzione più a ridosso dell’ala che, anche nella realtà, è sagomata sul lato che si ritrae all’interno dell’ala stessa.
Il sistema d’incastri progettato dai tecnici giapponesi è veramente fragile e non permette alla flangia di incollarsi saldamente; per questo motivo ho rinforzato la struttura aggiungendo dei “braccetti” ricreati dalla cornice di una vecchia fotoincisione. Pensandoci bene, quello che ho usato è un po’ lo stesso meccanismo del velivolo reale.
Ovviamente sarà necessario eliminare i perni di riscontro in plastica che sono più adatti quando si vogliono rappresentare le superfici di governo in posizione “neutra” (rarissima ipotesi nella realtà).
Quello che vedete più in basso è il risultato finale. Nonostante tutte le attenzioni, le stuccature lungo la linea di giunzione sono inevitabili. A tale scopo ho utilizzato la solita colla ciano-acrilica che mi ha permesso di ricreare le pannellature su una superficie più dura e compatta.
Ultimi dettagli:
Con il montaggio quasi concluso, il tempo che mi separa dalla verniciatura è stato impiegato nella cura degli ultimi dettagli. Prima di incollare le derive in posizione, ho ricreato la zona di rotazione dei timoni (forniti già separati) scavando all’interno dell’impennaggio mediante una lima a sezione tonda. Successivamente ho asportato la plastica fino a ottenere la forma semi-circolare che vedete qui sotto in foto:
I piloni sono stati prelevati dal set Wolfpack e, fondamentalmente, hanno come base di partenza quelli della scatola con l’aggiunta di qualche particolare. Non aderiscono bene alla superficie inferiore, per questo ho deciso di montarli e stuccarli prima di mettere mano all’aerografo.
A causa del musetto in resina la palpebra del cruscotto è troppo corta e, di conseguenza, ho dovuto allungarla e sagomarla nuovamente usando del Milliput “fine”.
Il canopy presenta la solita riga centrale di stampo che ho eliminato con una limetta da unghie a quattro gradazioni. Successivamente ho dato nuova brillantezza e trasparenza al vetrino con il solito “bagno” nella cera Future. Il set della Aires dedicato al cockpit fornisce delle fotoincisioni (belle quanto complicate da montare) per dettagliare i frames interni:
Anche l’abitacolo è stato definitivamente completato con l’aggiunta dell’Head Up Display, e ulteriormente “impreziosito” con un Dry-Brush, eseguito con un colore ad olio in grigio non troppo chiaro, su tutti i dettagli:
Per ultimo, ho aggiunto le belle cornici foto incise delle formations light (sul muso, sulle derive e sui fianchi della fusoliera), la griglia del sistema APU (freccia blu – prelevata dal set Eduard), i Chaff & Flare Dispenser (frecce rosse – già forniti nel kit) e ho eliminato le due bugne del vecchio sistema Radar Warning AN/ALR-67 impiegato sugli Hornet A/B (sulle versioni C/D le antenne RWR sono state spostate sulla gobba dietro al canopy).
Verniciatura:
La fase della verniciatura è quella che necessita di molto studio ma che, alla fine del lavoro, porterà maggiori soddisfazioni. Prima di caricare l’aerografo con le tinte del TPS (Tactical Paint Scheme – la mimetica utilizzata da tutti i velivoli U.S. Navy moderni), ho passato ore nel ricercare foto di Hornet imbarcati soggetti all’usura della salsedine e del clima marino. Particolare attenzione l’ho posta a tutti i ritocchi che gli specialisti realizzano sulle cellule usando delle bombolette spray. Per simulare un invecchiamento realistico ho preso spunto anche dai DVD di Simone Fiorito, alias F12AAA. Troverete una recensione cliccando QUI. Le tecniche illustrate nei video sono utilissime ma, personalmente, le ho adattate al mio stile di verniciatura. Per questo motivo, di fatto, ho ottenuto un procedimento differente che andrò ad illustrarvi passo per passo.
Prima Fase – Pre Shading: dopo aver steso su tutto il modello una mano di Mr. Surfacer 1000, ho applicato il Pre Shading su tutto il modello. Colore scelto Nero Opaco Tamiya, diluizione all’80%, pressione 0,7 bar.
Seconda Fase – Mimetica: dopo il Pre Shading ho steso il TPS, prima sulle superfici inferiori (36375 – Gunze H-307 schiarito al 50%), poi su quelle superiori (36320 – Gunze H-308 schiarito al 50%). I colori sono stati diluiti al 90% con l’aggiunta di qualche goccia di Paint Retarder Tamiya. Importantissimo, in questa fase, avere la mano molto leggera e pressioni di esercizio basse (0,6 bar); in pratica si devono stendere dei veli di vernice in strati sottili e sovrapposti gli uni sugli altri a distanza di pochi minuti per permettere una parziale asciugatura tra i livelli.
Terza Fase – Differenziazione Iniziale: dopo i colori di base è necessario dare la prima variazione cromatica al TPS e, a tale scopo, ho iniziato stendendo su tutto il modello uno strato delicato di German Grey Tamiya (un grigio molto scuro quindi) estremamente diluito. L’importante è ricreare un effetto randomico per simulare la prima patina di sporco sul modello. Successivamente ho ricreato una seconda variazione cromatica aggiungendo degli spot (anche questi molto casuali) in grigio più chiaro. A tale scopo ho utilizzato, sia per le superfici inferiori, sia per quelle superiori, il 36320 schiarito del 70% (pressione 0,6/0,7 bar).
Quarta Fase – Secondo Pre Shading: dopo la prima differenziazione dei toni ho applicato un secondo Pre Shading. Questa volta non è stato esteso a tutto il modello, bensì sono lungo i pannelli dove, dalle foto dei velivoli reali, sono più evidenti le riverniciature e gli effetti del weathering. In particolare mi sono concentrato sulle pannellature delle “avionic bay” in fusoliera poiché sono continuo oggetto di attenzioni da parte degli specialisti.
Quinta Fase – Copertura Pre – Shading: successivamente ho velato il Pre Shading “fase 2” con i colori di base PURI e molto diluiti (90%). L’importante è non coprire totalmente il colore scuro di fondo, bensì lasciare intravedere un pò del nero sotto ai bordi. Con una seconda mano molto veloce, ancora più diluita e schiarita con del bianco, ho ripassato ancora le linee creando un’ulteriore variazione.
Sesta Fase – Tecnica Del Sale: per applicare il sale ho bagnato la superficie del modello con acqua e un pennello a setole morbide; successivamente l’ho steso cercando di non creare una “salatura” uniforme, bensì sempre molto casuale (come fatto anche per tutti gli altri effetti applicati finora). Dopo aver atteso circa trenta minuti per permettere alle superfici di asciugarsi e ai chicchi di “aggrapparsi” a dovere, ho iniziato a stendere i colori: per prima una miscela marroncina/giallastra che ho ricreato partendo dal Gunze H-310 schiarito con del bianco e “tagliato” con qualche goccia di giallo opaco; a seguire, su tutte le superfici in 36320, il colore di base schiarito del 30%.
Stesso procedimento anche per parte delle superfici inferiori più esposte agli agenti atmosferici per le fiancate della fusoliera e le derive in 36375. Anche in questo caso è importante diluire moltissimo i colori e stendere delle velature veloci ed irregolari su tutte le suddette superfici. Il sale è stato applicato anche ai piani di coda e ai serbatoi. Dopo aver atteso l’asciugatura delle vernici (almeno ventiquattro ore), ho iniziato a rimuovere i chicchi di con un vecchio spazzolino da denti. Successivamente ho lavato il modello sotto acqua corrente… OPERAZIONE, QUESTA, FONDAMENTALE! non bisogna lasciare residui sul modello altrimenti, con il tempo, questi riaffioreranno provocando il distacco degli strati di colore. Dopo il lavaggio asciugate bene il kit e provvedete ad eliminare l’umidità residua con un colpo di asciuga capelli. Mi raccomando, intensità del calore molto bassa!
Settima Fase – Fading: come potete vedere dalle immagini, dopo il “salt weathering” l’effetto rimane molto “grezzo”. Per questo è necessario uniformare bene il tutto con nuove passate di colore di base schiarito. Ho, quindi, aerografato sulle superfici il Gunze H-307 e 308 diluitissimi e schiariti al 50% coprendo i contrasti ma lasciandone traccia al di sotto delle velature; successivamente ho spruzzato degli spot abbastanza vasti di Dark Grey e di Olive Drab Tamiya… sì, avete letto bene, Olive Drab! incredibilmente il verde lascia delle sfumature molto belle e molto realistiche, provare per credere. Ancora una volta sono intervenuto con i colori di base (questa volta ho ri-utilizzato quelli schiariti al 30%) coprendo a spot le velature in verde e grigio scuro; l’effetto finale deve assomigliare ad un puzzle irregolare di tonalità chiare e scure. Fatto ciò, ho ripassato tutte le zone dove precedentemente avevo creato dei rattoppi di vernice fresca usando, nuovamente, i colori di fondo schiariti al 50%.
Ottava Fase – ritocchi: l’ultima fase di questo lungo processo ha riguardato i ritocchi e la colorazione dei particolari. L’ogiva del radome è stata verniciata con l’apposito colore della Gunze: Radome H-318. Le antenne RWR sul muso, sul dorso e sulle derive, invece, sono in 36375 schiarito al 70% con del bianco.
Quelli che vedete sotto sono gli scarichi parzialmente completi. Come base ho steso lo Steel della Alclad senza primer (stesso discorso per gli anelli sulla fusoliera e la volata del cannone sul muso). Successivamente ho passato delle velature molto diluite di Pale Burnt Metal per ricreare dei leggeri riflessi dorati. Quest’ultima procedura, però, è stata eseguita solamente sui petali.
Lavaggi e decalcomanie:
Come al solito, prima di stendere i colori ad olio per la tecnica dei “lavaggi” ho preparato il modello con tre mani leggere di trasparente lucido X-22 Tamiya. Non ho volutamente esagerato con il clear per evitare che esso coprisse tutti gli effetti conseguiti nella fase di verniciatura; inoltre volevo ottenere un delicato “filtro” che scurisse nuovamente i toni.
Ho scelto il solito colore tono su tono per enfatizzare le pannellature, quindi un grigio un pò più scuro di quello della mimetica. Nella zona delle gondole motore, nella parte inferiore, ho optato per il Bruno Van Dyck scurito allo scopo di riprodurre sporcizia e colature dei liquidi idraulici (in molte foto dei velivoli reali si nota una patina marroncina che ricopre gran parte delle superfici). Fatto ciò, ho passato altre tre mani di X-22 e atteso la completa asciugatura (anche in questo caso, almeno ventiquattro ore).
E’ giunto il tanto atteso momento della posa decal. Nulla da eccepire sulla qualità del prodotto Afterburner; le insegne aderiscono bene e, con un minimo utilizzo dei liquidi emollienti Microscale, si conformano bene ai pannelli sottostanti.
L’unica nota negativa riguarda le istruzioni: come da me sperimentato, le indicazioni sul posizionamento delle coccarde alari non sono corrette. Infatti, viene indicato di applicarle entrambe sulla semi ala ripiegabile sinistra, nello stile dei Super Hornet, ma in realtà è un’informazione errata. Ricontrollando le foto e la documentazione ho avuto conferma che gli Hornet Legacy (come sono definiti i velivoli prima dell’avvento dei Super Hornet), anche dopo le ultime riverniciature, presentano le Stelle sulla parte fissa delle ali – rispettivamente a sinistra sopra e a destra sotto.
Carichi esterni e di caduta:
L’Hornet è una piattaforma di lancio estremamente versatile, per questo c’è l’imbarazzo nella scelta dei carichi esterni e di caduta. Personalmente amo le configurazioni particolari, ed è per questo che ne ho scelta una totalmente asimmetrica.
In particolare ho optato per una bomba a guida satellitare JDAM da 1000 libbre, una GBU-12 da 500 libbre (ad entrambi gli ordigni ho aggiunto la texture del rivestimento ignifugo picchiettando con un pennello a setole dure sul Mr. Surfacer 500 ancora fresco), un solo AIM-9X da autodifesa, un pod FLIR AN/AAS-38A, e due serbatoi supplementari (uno sul pilone centrale ed uno sul pilone interno destro). Tutti gli armamenti provengono dai Weapons Set dell’Hasegawa (set #E e #D) ad eccezione dei fuel tanks (in resina della Legend) e del FLIR (già incluso nella scatola di montaggio).
Montaggio finale:
A questo punto, tutto è pronto per il montaggio finale. Al modello è stata applicata un’ulteriore leggera sessione di Fading per aumentare i contrasti e per desaturare le decalcomanie. Fatto questo, un’abbondante mano di trasparente opaco Gunze H-20 ha dato la finitura finale al modello.
I carrelli, rifiniti a parte, sono stati completati con filamenti di stagno atti a simulare le tubazioni idrauliche che corrono lungo le gambe di forza. Le fascette di ritenuta dei condotti, invece, le ho rappresentate con delle striscioline sottili di nastro Tamiya verniciate in color Acciaio.
La sonda di rifornimento in resina è stata colorata in Flat Red XF-7 e, una volta in posizione, contribuisce a dare un tocco di colore ad un camouflage molto “Low Visibility”!
La scaletta di accesso all’abitacolo in fotoincisione della Eduard è davvero molto bella e fa un’ottima figura una volta montata. Da parte mia ho ricostruito il pistone che la fa calare dal relativo alloggiamento utilizzando una sezione di ago da siringa cui, all’interno, ho infilato un pezzo di sprue stirato a caldo.
Il tocco finale l’ho dato riproducendo le tante colature di grasso e liquido idraulico disseminate un po’ su tutto il modello, ma in particolare nella zona delle gondole motori. Per far ciò mi sono avvalso del Weathering Set D della Tamiya prelevando i gessetti Oil Stain e Burnt Red.
In conclusione, indubbiamente il kit Hasegawa dedicato all’Hornet non è un “semplice affare”. E’ ancora il migliore in commercio ma gli anni iniziano a pesare sulla qualità dei dettagli. Inevitabile, per chi come me ama il super dettaglio, rivolgersi agli aftermarket e complicarsi un po’ la vita.
Senza dubbio, però, la soddisfazione di poter sfoggiare un F/A-18 nella propria vetrina ripaga tutte le fatiche spese!
Per il Work In Progress completo, clicca QUI
Buon modellismo a tutti!
Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.
Bello lungo questo articolo/manuale…ma si lascia leggere tutto d’un fiato.
Complimenti Valerio
Grande Valerio! Mi ha colpito molto la tecnica del sale, complimenti!!
Bravissimo Valerio. Il tuo articolo mi sarà utilissimo quando metterò mano al mio F/A18 in 1/32. Scusa ma quanto tempo ci hai messo per fare questo capolavoro?!
Più di 5 mesi Filippo….!
Ciao Valerio, ottimo articolo, si apprezza maggiormente il tuo lavoro grazie alla sequenza di fotografie molto serrata e precisa. La fase di verniciatura è senz’altro esaltante, da manuale!
Non ti dico sempre, ma una volta ogni tanto fallo un brutto modello!AH AH AH AH AH
Mi piace davvero questo Hornet. Finitura molto equilibrata!
Grande lavoro veramente mpeccabile.Posso chiederti dove hai comprato tutti i kit che hai utilizzato?Grazie ciao.
Ciao Pietro!
I set della Aires,della Eduard e le decalcomanie li ho acquistati da Hannants.co.uk. Quelli della Wolfpack direttamente dal produttore (wolpack-d.com).
Il set della Leading Edge, che sconsiglio, da spruebrothers.com. Ruote e pneumatici dalla royaleresin.net.
Serbatoi da Luckymodel.com e le prese d’aria della Rhino direttamente da Ebay.
Spero di esserti stato utile… ciao!