venerdì, Marzo 29, 2024

L’ultimo della sua “specie”: F-104 G Starfighter dal kit Hasegawa in scala 1/48.

Le belle storie, così come le fiabe in cui si parla di miti e di eroi, solitamente iniziano con “c’era una volta”. Parlando dell’F-104 si nomina, appunto, un vero mito… un velivolo che nessuno di noi appassionati italiani dimenticherà mai.

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Parlando di eroi, invece, narriamo le gesta degli uomini che lo hanno pilotato, consapevoli che una volta in sella avrebbero dovuto montare un selvaggio purosangue che tutto avrebbe voluto tranne che farsi domare.

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Quindi, c’era una volta un aeroplano dalle prestazioni mozzafiato e dal carattere terribile. Sì, “c’era una volta” …. Perché, da ormai dodici anni, questa magnifica macchina non solca più i nostri cieli. Ora sta a noi modellisti rendergli l’onore che merita per tutto ciò che ha rappresentato per l’A.M.I. e per chi da ragazzo, col naso all’insù, seguiva la sagoma dello Spillone per quei pochi secondi che ci concedeva per poi sparire dal nostro campo visivo a tutta velocità.

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Per i dati tecnici e il suo sviluppo vi rimando alle tonnellate di libri scritti in merito, perché parlare di numeri, e non di emozioni, è veramente riduttivo quando si cita il “centoquattro”.

I miei ricordi…

Lo Starfighter è il primo aereo che ho imparato a riconoscere dall’inconfondibile suono del motore; il primo ed unico che più di una volta fece tremare i vetri con un boom sonico sulla verticale di casa mia! Negli anni ottanta l’F-104 era un visitatore abituale dei luoghi in cui ancora oggi vivo, ed ho tantissimi ricordi della mia infanzia legati ad un suo passaggio sopra la mia città.

Dapprima l’ho visto passare sopra la mia testa con la classica mimetica in grigio/verde poi, più in là negli anni, nel più moderno schema a bassa visibilità “overall grey”. Per tanto tempo, fino ai suoi ultimi anni di servizio, appena avvertivo il rombo di un turbogetto militare mi affacciavo al mio balcone con la speranza che fosse lui e non un AMX, o un Tornado.

Tra gli ultimi episodi, che ho ben impressi nella mia mente, ce ne sono alcuni di quando ero ancora uno studente: frequentavo le superiori e durante le lezioni correvo alla finestra (tra gli improperi dei professori) per veder sfrecciare i ‘104 di Rimini in formazione stretta! la mia scuola era situata nella parte alta della città sopra una collina, e loro ci passavano sotto, in mezzo alla vallata con il mare sullo sfondo… che tempi!!

Il modello:

Il soggetto che ho scelto di rappresentare è un F-104 G, ma non ne volevo costruire uno qualsiasi… no, questo mai! Ne volevo uno che potesse rendere il giusto omaggio alla versione che per prima ha equipaggiato la nostra Aeronautica Militare.

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Fonte: www.airliners.net

Sono stato indeciso fino all’ultimo se optare per l’M.M.6501, il primo esemplare giunto in Italia direttamente da Palmdale, California, e tuttora conservato presso il Museo Storico dell’Aeronautica di Vigna di Valle.  Alla fine, sfogliando un numero della rivista Aerei del giugno 1995 (giusto a venti anni dalla sua pubblicazione), mentre cercavo materiale per il modello sono venuto a conoscenza che l’ultimo F-104 G ad essere operativo fu il 4-49 (M.M.6589) che effettuò l’ultimo volo il 5 giugno del 1994 con ai comandi il Ten. Col. Fabio Landi nel corso di una cerimonia tenutasi a Grosseto. Insomma, ho voluto rendere merito all’ultimo della sua “specie”!

La scelta del kit, nella scala del quarto di pollice, è quasi obbligata; la scatola è quella della giapponese Hasegawa. La casa del sol levante produce e commercializza da anni questo bellissimo stampo che ha una scomposizione non proprio lineare, ma delle forme perfettamente catturate.Il dettaglio di superficie è, come al solito ben definito ed inciso, il cockpit già sufficientemente particolareggiato e i dettagli generali ricchi e all’altezza dello standard attuale.

Montaggio:

Per il cockpit non mi sono accontentato ed ho scelto il set della Cutting Edge. In ogni caso ho preferito utilizzare il pannello strumenti originale, integrato con delle fotoincisioni Eduard, poiché quello in resina era danneggiato.

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La costruzione è partita proprio da questa zona: l’abitacolo della scomparsa ditta americana si inserisce un pò a fatica nella fusoliera e occorre qualche colpo di lima per assottigliare la plastica e adattarlo a dovere. Il “pilot’s office” è stato verniciato con il grigio F.S.36118, poi schiarito e lumeggiato con del dry-brush in grigio chiaro. Ho cercato di simulare le aree più consumate dallo sfregamento del calpestio aggiungendo dei tocchi di vernice Zinc Chromate Yellow (Tamiya XF-4) in particolare nei pressi della pedaliera.

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Questi dettagli, purtroppo, scompariranno una volta chiuse le due semi fusoliere… ma un occhio attento li andrà sicuramente a scrutare! Per questo ho calcato abbastanza la mano, in modo da poterli vedere nel poco spazio che rimane.

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Il montaggio scorre più o meno bene anche se la scomposizione dello stampo, come detto, è un pò “caotica”. Il radome, per esempio, è diviso in due pezzi; i serbatoi alle estremità alari sono un vero puzzle ed ho scelto anche di ricostruire le relative alette con del Plasticard da 0,5 mm per rendere il loro spessore più verosimile rispetto alla scala.

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Il modello è stato interamente assemblato e stuccato con colla ciano acrilica che, una volta carteggiata, assume lo stesso aspetto e consistenza della plastica. Dopo il montaggio della fusoliera, filata via liscia e senza particolari intoppi, sono passato alle ali con slat e flap separati. La già citata scomposizione non proprio lineare mi ha costretto ad intervenire su molte giunzioni con conseguente perdita del dettaglio (ripristinato a seguito di un’attenta re-incisione delle pannellature e ricostruzione dei tanti rivetti che costellano il kit).

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Ho dettagliato le gambe di forza del carrello principale con dei fili di rame e aggiunto altri particolari all’interno dei pozzetti (un ringraziamento va a Jacopo, nostro compagno di squadra molto bravo e sempre attento, che mi ha spedito un carrello nuovo di zecca che non avrebbe usato, dato che il mio era andato perso in un “incidente di volo”).

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Verniciatura:

Il ‘104 è uno di quei soggetti che ti attirano verso il banco di lavoro: più si va avanti nella costruzione e più non riesci a staccarti!

Prima di applicare il classico schema Standard NATO, ho steso un grigio 36440 semilucido per controllare la bontà delle stuccature e avere una base idonea per l’alluminata delle superfici inferiori (Per cui ho scelto il Tamiya X-11 Chrome Silver).

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Sulle superfici superiori ho eseguito un pesante e pre-shading con del nero opaco; successivamente ho steso il primo tono della mimetica, il Grigio Mare Scuro Opaco, per il quale ho usato il Dark Sea Grey della Gunze (codice H-331).

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A questo punto ho mascherato il modello con il Patafix e nastro in carta gommata per spruzzare il secondo colore, il Verde Scuro Opaco (Dark Green H-330 Gunze). Il radome, invece, è in bianco opaco mentre il pannello anti riflesso è in un verde molto scuro (ho preferito il Black Green Gunze H-65).

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Terminata la prima fase della verniciatura, ho “caramellato” il mio Spillone con il lucido Gunze (H-30) diluito al 70% con il thinner della stessa ditta e steso con diverse mani veloci e mai troppo “bagnate”. Attesa l’asciugatura di almeno ventiquattro ore, ho effettuato i lavaggi con colori ad olio: nero e Bruno Van Dyck in percentuali, rispettivamente, del 70 e 30 allungati con acqua ragia. Per la prima volta ho usato un composto piuttosto denso e mi sono trovato benissimo sia nello stendere gli oli con un pennello sottile, sia nel toglierli con uno straccio morbido di cotone.

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Dopo il Washing, i lavori sono andati avanti con gli “effetti speciali”! il post shading, la fase che più mi diverte, mi ha permesso di giocare con luci ed ombre creando un invecchiamento volutamente marcato anche in previsione dell’opaco finale (che, notoriamente, bilancia molto il tutto). Per “sbiadire” le tinte di base ho utilizzato dapprima il grigio di fondo puro (che risulta già più chiaro a causa dal filtro lasciato dai colori ad olio), poi la stessa vernice tagliata con qualche goccia di bianco e passata in modo molto selettivo su alcuni pannelli. Così facendo sono riuscito ad ottenere tantissime variazioni per lo stesso tono.

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A questo punto ho passato un’ulteriore mano di Clear propedeutica alla posa delle decal: quest’ultime sono della Sky Model e sono state posate e ammorbidite con il Gunze Mr. Mark Softer. A seguire, un altro strato di trasparente ha livellato gli spessori e le ha protette per i lavaggi ad olio che hanno messo ben in evidenza le pannellature sottostanti per un bell’effetto “painted on”!

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Ora il modello è pronto per l’assemblaggio degli ultimi pezzi… carrelli, carichi esterni… antenne e luci di posizione. I dettagli interni del canopy sono fotoincisioni della Eduard. Infine, una generosa quantità di Flat Clear Gunze (H-30) ha donato al mio modello la giusta finitura… opaca e gessosa, come ben si addice ad un aeroplano da guerra!

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Conclusioni:

Lo Starfighter è un aereo al quale sono molto legato; ha solcato i cieli della mia città per decenni e mi sembrava un gesto dovuto rendergli omaggio attraverso il mio hobby. La nostalgia spesso si fa sentire… qualche volta spero ancora di scorgere la sua sottile sagoma che, in lontananza, si confonde con la linea dell’orizzonte sopra il mare Adriatico. Il ‘104 non c’è più, ma il mito non muore perché vive e vivrà per sempre nei ricordi di noi appassionati!

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Buon modellismo a tutti!

Mauro “CoB” Balboni.

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